Walking in the Sibillini
di Giorgio Buratti
5 Set 2014 - Libri
Quando mi è stato chiesto di recensire il libro di Tamara J. Griffiths: “A spasso per i Sibillini, Storia e ricette di una caratteristica cultura di montagna”, ho avuto subito pensieri di rifiuto quasi ancestrale, nati da alcune considerazioni che, lo confesso, erano errate. La solita pretesa di autoreferenzialità, che il territorio in cui sono nato è solo nostro e solo noi nativi ne deteniamo la storia, la cultura. Mi domandavo come potesse una straniera, pur se trapiantata da diversi anni in Amandola, raccontare la vita degli abitanti dei Sibillini; come potesse calarsi nelle rughe del vissuto dei nostri anziani, per capire un territorio sempre schivo a raccontarsi, pur se bisognoso di essere scoperto, in un gioco di rivelamento e disvelamento ereditato forse dalla bellezza immanente del paesaggio. Tutto questo mi chiedevo, accettando l’incarico più per amicizia e per stima del richiedente che per convinzione. Così, pieno di perplessità e pregiudizi, mi sono addentrato nella lettura. Man mano che leggevo ripensavo alla Storia d’Italia e alla sua storia dell’Arte che va di pari passo… L’Italia è stata sempre aperta al confronto con il diverso, anche per la sua posizione geografica disposta come un grande molo al centro del Mediterraneo, che ne ha permesso la sua crescita morale artistica e culturale. Subito mi è tornato alla mente il genio di Federico II che per la sua corte palermitana affollata da personaggi polivalenti e di provenienza più varia fu appellato Stupor Mundi e Speculor Mundi. È la riprova che per conoscere se stessi bisogna confrontarsi con l’altro. Mi tornava in mente l’esperienza della pittura quattrocentesca che, dopo la lezione di Giotto e la scoperta del punto di fuga di Masaccio, stava scadendo nel solito manierismo di scuola, senza più inventiva, senza più novità. Grazie al confronto con i fiamminghi, che avevano appreso la pittura da noi italiani, sono nati i geni del rinascimento che tutto il mondo ancora ammira: Leonardo, Raffaello e Michelangelo. Non bastava ancora. Questa recensione è per “MusiCulturA on line”, direi gloriosa testata prodotta dall’Associazione La Fenice (www.fenice.org) dopo tanti anni di attività nelle colline prospicienti il magico versante orientale dei Sibillini, e la Storia della Musica mi ha tolto definitivamente ogni dubbio. La Lirica è nata in Italia nel 1600, e dopo circa 150 anni di grandi compositori (Monteverdi su tutti), si era arrivati ad una situazione insostenibile di sterilità compositiva e di caos rappresentativo in cui i cantanti facevano… “quello che gli pare” sulle scene portando il melodramma alla morte sicura. Fu grazie al genio e alla tenacia del tedesco Gluck, che aveva imparato bene dall’Italia a comporre musica, che si arrivò ad una riforma provvidenziale del genere. Grazie a lui oggi possiamo vantarci del secolo XIX della Lirica: Rossini, Donizetti, Bellini e Verdi non ci sarebbero stati senza di lui.
Tanta premessa per dire che mi sento di ringraziare l’autrice per il tentativo titanico di voler restituire alla coscienza pubblica la nostra storia e le nostre tradizioni, colpevolmente gettate alle ortiche.
In tre anni di lavoro e di ricerche fatte nelle biblioteche storiche e in quelle altre biblioteche vive che sono la memoria dei nostri anziani, l’autrice ha prodotto un bel libro, alquanto piacevole e scorrevole nella lettura, in cui parla di nove luoghi dislocati sulle pendici del versante orientale dei Sibillini. Garulla, Bolognola, Acquacanina, Altino, Cornaloni di Propezzano, Piobbico di Sarnano, Capovalle, Eremo di S. Leonardo, S. Maria delle Grazie in Amandola sono descritti partendo da un approccio turistico, viene riportata una escursione con cartina topografica dettagliata, a cui si aggiungono diverse notazioni storiche (dal III millennio a. C.) fino alle esperienze personali degli abitanti, chiudendo con una bella ricetta tipica. È un vero piacere scoprire pietanze inusuali ma di una semplicità unica.
Il testo, scritto in Inglese, riporta una pregiata traduzione italiana a fronte del linguista Marco Rotunno. È un modo nuovo di presentare un libro, che risente della presenza di tanti turisti stranieri che affollano sempre più le nostre contrade.
Come ribadito dall’autrice, non vuole essere una semplice guida turistica, se ne trovano già tante in commercio, ma un compagno di viaggio per tutti quei turisti che intendano approfondire la conoscenza di questi luoghi, quasi un corso per progrediti. Di sicuro trapela dalle pagine un forte amore, una forte vicinanza dell’autrice a questo mondo che a causa della globalizzazione sta perdendo tutte le sue prerogative, svendute ad una cultura di massa che non dice più nulla. Forse nella parte storica si danno troppe notizie, a volte un po’ scollegate, ma il pregio sta nel fatto che si voglia inserire la storia di questi particolari luoghi nella storia più grande e più nota al pubblico.
A volte l’autrice si lascia prendere da nostalgie arcadiche, di un mondo idealizzato, da sogno, della vita dei pastori di montagna: piccola pecca derivata anche da una tradizione culturale antica ormai di parecchi secoli: da Petrarca a Leopardi questo filone non è venuto mai meno! Resta il pregio di aver messo in luce il valore di una civiltà montana basata sulla solidarietà e sulla comunità, ormai del tutto persa. È uno stimolo, in questo nostro tempo in cui l’autonomia e la libertà sembrano messe in pericolo, a riscoprire valori fondamentali per l’Uomo. Parla molto spesso di libertà e di uguaglianza di un sistema solidale tipico delle comunanze agrarie: che non sia un sistema da riscoprire!?
Se devo ringraziare Tamara per una cosa, scelgo fra le tante il fatto di aver parlato con gli anziani e aver chiesto loro della vita passata.
Uno: attesta che noi montanari non siamo affatto chiusi al dialogo con l’altro: è solo un’antica leggenda priva di ogni fondamento.
Due: gli anziani sono archivi viventi che trasmettono i loro ricordi, il loro vissuto oralmente: ogni anziano che si spegne è un archivio storico che va perso!
Fino a pochi anni fa i nonni passavano le loro tradizioni ai nipoti attraverso i racconti in famiglia. Oggi questo filo di memoria e di cultura è stato reciso da altri interessi: non c’è più tempo per ascoltare ed apprendere la saggezza degli avi. Che orrore! I nipoti non ascoltano e i nonni non raccontano più: la nostra tradizione si è interrotta scavando una voragine che non sappiamo chi verrà a riempire: la Tv, Internet o altro? Abbiamo reciso le radici dell’albero della nostra civiltà e non conosciamo la natura dei polloni che lo rimpiazzeranno: potrebbe essere una pianta selvatica o dai frutti nocivi, stiamo correndo un forte pericolo!
Ringrazio la Signora Tamara per averci ricordato, lei di origini canadesi, che persa la propria identità è persa anche la propria libertà, e nel libro lo riporta bene in diversi racconti…
Oltre a tutto il resto, invito a leggere questo testo anche solo per questo, perché possiamo ritornare ad essere noi stessi, orgogliosi dei nostri natali e della nostra storia. Abbiamo ancora tanto da ricordare e da imparare per essere cittadini consapevoli ed uomini migliori.
È possibile acquistare il libro nei negozi di Amandola (FM), nelle Case del Parco Nazionale dei Monti Sibillini o contattando l’editore (Andrea Livi Editore, www.andrealivieditore.it). Euro 15.Buona lettura a tutti.