In viaggio con Ezio Bosso


di Elena Bartolucci

22 Ago 2016 - Commenti classica, Musica classica

eziobosso_macerataoperafestival_musiculturaonlineMacerata – Domenica 14 agosto il pubblico di un gremito Sferisterio ha mostrato tutto il suo calore e affetto per l’arrivo sul palco di Ezio Bosso, che ha incantato tutti i presenti, accompagnandoli in un interessante e davvero emozionante viaggio attraverso le varie stanze che rappresentano metaforicamente le fasi che attraversiamo nella vita.
Lo stesso tour prende il nome dal suo primo disco d’esordio come solista The 12th Room (Egea Music), un doppio cd registrato quasi interamente live l’anno scorso, durante i concerti al Teatro Sociale di Gualtieri (Reggio Emilia).
Ironico e sempre con il sorriso stampato in volto, ha iniziato il concerto spiegando che avrebbe accompagnato gli spettatori attraverso le stanze che lui stesso ha avuto modo di esplorare grazie alla sua curiosità.
Stanza vuol dire decidere di fermarsi e impossessarsi di uno spazio, ma la stanza ha anche una doppia natura: può essere condivisa e allo stesso tempo protegge la propria intimità.concertoBosso_8 Musiculturaonline Eppure è di fondamentale importanza andare al di là di ogni stanza, ovvero la volontà di perdersi: perdere l’ego, la frustrazione, il pregiudizio e persino il dolore.
Il primo brano che ha eseguito si intitola “Following a bird” (è il brano con cui inizia ogni suo concerto perché lo calma e lo fa stare bene) e fa rivivere quella sua stessa emozione di seguire con gli occhi un uccellino volare via e perdersi nel cielo. Perdersi acquisisce una connotazione positiva quando si associa al concetto di farlo perché amiamo o ci fidiamo totalmente di qualcuno e regala così una sensazione di “infinitivo” e non più definitivo.
L’altra stanza in cui Bosso guida il suo pubblico è quella legata ai due compositori che più hanno rivoluzionato la tecnica e la composizione per pianoforte e che ama frequentare ogni giorno in compagnia del suo “fratellone” (è così che ama definire il suo piano Steinway) ovvero Bach e Chopin; di quest’ultimo ha riproposto brevemente diversi episodi sfortunati della sua vita e di come in un momento di profondo scoramento sia riuscito a comporre i 24 preludi per pianoforte, riprendendo quelli composti da Bach per clavicembalo. Un viaggio in un crescendo di emozioni attraverso i preludi 4, 8 e 24 che si è concluso con una suite intitolata “Bach was in another room”.
Un’altra stanza che ha significato molto nel percorso come artista di Ezio Bosso è stata proprio l’aula del conservatorio dove per anni ha sopportato la severità del suo insegnante di pianoforte ma che un giorno lo ha portato a incontrare il grande artista e compositore John Cage, che nel corso degli anni tornerà a frequentare e di cui ha riproposto il brano lirico e concertoBosso_9 Musiculturaonlinesognante composto nel 1941 dal titolo “In the landscape”, che Cage scrisse immaginando un paesaggio meraviglioso per evadere dalla stanza in cui era in attesa e che non gli piaceva affatto.
Riallacciandosi a questo concetto Bosso gli ha dedicato una piccola sonata di grande profondità espressiva e dal ritmo seducente e potente allo stesso tempo dal titolo “The waiting room”, ovvero la sala di attesa, perché aspettare una risposta, aspettare l’arrivo di un giorno, aspettare una persona o la propria amata significa un’altra porta della stanza, o meglio un nuovo orizzonte, che si apre.
Siccome stanza è anche etimo di poesia, Bosso ha voluto rendere omaggio a Emily Dickinson, la sua poetessa preferita, la quale amava definire le poesie come “le sue piccole stanze”. Spesso nei momenti più cupi della nostra vita ci chiudiamo in una stanza per estraniarci dal mondo che ci circonda e dai problemi e, visto che la famosa poetessa trascorse quasi tutta la sua vita chiusa in una stanza ma riuscì comunque attraverso la poesia a descrivere perfettamente la vita quotidiana, l’amore, la morte e altri temi sociali, è a lei che ha dedicato il componimento davvero dolce ed emozionante “Emily’s Room” (Sweet and Bitter).
Dopo una breve pausa Bosso è pronto per presentare l’ultima stanza, ovvero la dodicesima stanza, “The 12th room”. Un concetto ripreso dalla teoria della teosofa Helena Blavatsky, secondo cui la vita è composta da ben 12 stanze (il 12 è un numero altamente simbolico, il numero della modernità, del tempo scandito dalle ore, dei pianeti, degli apostoli, delle note, ecc.), in cui lasceremo qualcosa di noi e che percorreremo e ricorderemo, ma anche se non si è in grado di ricordare la prima ovvero il grembo materno, sembra che ciò accada una volta arrivati all’ultima. Si è pronti quindi a ricominciare dall’inizio, ad accettarsi e ad affermarsi, prendendo coscienza di sé, perché se ci si riesce ad accettare si è pronti anche ad accettare gli altri e a condividere le proprie stanze ed essere finalmente liberi.
L’ultima sonata per pianoforte (Sonata No. 1 in Sol Minore) nasce dall’esigenza di farsi piacere a tutti i costi, una stanza davvero antipatica che è quella della malattia e che diventa però simbolo della stanza dove è possibile costruire ciò che ci appartiene. Un brano lunghissimo ma davvero di forte impatto, carico di poesia, il cui ritmo trascinante parte lentamente e si trasforma piano piano, raggiungendo un’intensità notevole grazie al virtuosismo musicale dimostrato ma anche dall’uso totale dello strumento (usato come batteria con il battere delle mani sulle pareti e come strumento a corda pizzicando appunto le corde interne), sprigionando così ogni possibile suono. Si ha davvero l’impressione di passare in un’altra stanza verso un volo liberatorio; come Bosso stesso ha ricordato “i problemi in musica non esistono, ma anzi si trasformano in meravigliose opportunità, quindi non bisogna mai dare niente per scontato”.
Con l’augurio conclusivo di poter trovare la libertà di sapersi accettare, Bosso ha guadagnato una doppia standing ovation, ricambiando l’affetto del pubblico concludendo questo percorso narrativo in musica concedendo un bellissimo bis, “Smile for life”, perché, come lo stesso Bosso ha dichiarato di aver dovuto reimparare a sorridere, più si sorride più si contagiano gli concertoBosso_10 Musiculturaonlinealtri: “quando sorridiamo a qualcuno non gli cambiamo la vita, ma possiamo cambiargli una giornata. E una giornata può cambiare una vita.”
La musica rappresenta la società ideale e ogni Paese ha bisogno di musica, ma soprattutto di buona musica come quella che il musicista torinese ha dimostrato di saper creare, regalando una serata piena di emozioni e magia, grazie anche all’uso essenziale di colori monocromatici e un disegno luci davvero molto efficace e capace di regalare grandi suggestioni.

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