Valeria Moriconi. A dieci anni dalla sua scomparsa


di Alberto Pellegrino

16 Giu 2015 - Commenti teatro

30530264[1] MusiculturaonlineCara Valeria,
facciamo che sei qui e io ti parlo.
Il mondo oggi è ancora uguale a ieri e ieri l’altro. Ovunque c’è tempesta sotto questo cielo grigio.
L’Italia è al buio e io aspetto sorniona e incredula che ritorni la luce.
Eppure sembrerebbe che la vita necessiti prima di tutto del buio. Il buio crea, non il sole.
Le tartarughe nascondono le uova sotto la sabbia e i fiori sbocciano di notte, o almeno credo, nella maggioranza dei casi. I minerali preziosi si creano nelle profondità rocciose della terra.
La fotografia si compone al buio. All’oscuro sono pure il teatro e il cinema.
Eventi di ogni genere fanno pensare che il sole c’entri poco con la vita, se non in seconda battuta.
Come quando si spengono le luci della sala e scende il silenzio e tutti restano con il fiato sospeso.
Comincia così il teatro. Nel buio.
Ho avuto la fortuna, quasi dieci anni fa, di starti accanto in quell’oscurità, prima che tu, altera e sanguigna, calcassi la scena che si riempiva di luce.
Mi accovacciavo dietro le quinte e immobile ti aspettavo.
Ti sentivo respirare e insieme agli altri, ancora senza un posto, galleggiavo sul palco.
Il grande mondo vuoto, inerte, stava lì, nel buio, davanti a te. E aspettavo il primo impulso.
Al tuo “Vai!”, il sipario si apriva e la festa cominciava.
Il tuo ordine segnava il cammino, le azioni. E noi ti guardavamo negli occhi come cani fedeli, tremanti. Mi chiamavi la tua bambina.
Ancora oggi, a distanza di anni, ricordo perfettamente i tuoi occhi veloci, la tua ironia, il modo sfottente e gagliardo con cui trattavi il mondo.
Non dimenticherò mai la tua arte. Non dimenticherò mai la tua avanguardia.
Ho studiato in quei due anni di tournée il tuo passo deciso, il movimento agile del tuo corpo, la forza e la voce ostinata e ferma nel generare sempre un’emozione nuova.
Mi ricordo che una sera, nel secondo tempo de La rosa tatuata, ti si ruppe un bicchiere tra le mani.
E siccome non avevi le scarpe, i cocci ti ferirono i piedi. Ti guardavo come sempre da dietro le quinte. In un minuto, che mi sembrò un secolo, il legno si tinse di rosso.
“ Si fermerà ” pensai “non può continuare, il sangue scorre, lascia impronte e scie. Tutti lo vedono che il suo sangue scorre, la perdoneranno”.
Ma tu, scarmigliata e feroce, in carne e ossa portasti a termine il tuo dialogo con le ombre, separandole dal colore e dalla forma e liberandole dalla materia.
Sei stata una grande attrice, straordinaria e spietata.
E senza sosta, in un via vai frenetico da una città all’altra, ci hai raccontato il mondo. Chiamando a te le tue eroine e tendendo loro il tuo corpo, ci hai offerto la miseria delle loro vite, la meraviglia e il miracolo delle loro storie.
E ingannandoci con grande maestria tu le hai incarnate, lasciandole per sempre tra le nostre braccia.
Trattengo il fiato e provo anch’io nel buio a dare il primo impulso.
Che il sipario si apra e cominci la festa!
Ti abbraccio Valeria.
Tu, unica, viva, sopravvissuta.
Emma Dante

30530301[1] MusiculturaonlineValeria Moriconi è stata e rimane una delle più grandi artiste del teatro di prosa e del cinema italiano per il quale ha interpretato 37 film. Aveva esordito giovanissima nel 1953 con Un turco napoletano di Mario Mattòli e Terza Liceo di Luciano Emmer, ma è nel 1954 che ha la sua consacrazione con il successo di due film, La spiaggia di Alberto Lattuada e Miseria e nobiltà di Mario Mattòli. Da quel momento seguirono molti altri film tra cui vanno ricordati Gli Innamorati di Mauro Bolognini (1955), I giorni più belli di Mario Mattòli (1956), Un giorno da leoni di Nanni Loy (1961), Le soldatesse di Valerio Zurlini (1965), Che notte quella notte! di Ghigo De Chiara (1976), La fine è nota di Cristina Comencini (1993).
Ben presto il suo impegno principale diventa il teatro di prosa, dove ha modo di affinare la sua tecnica e il suo temperamento ora veemente ora sentimentale fino a diventare nel 1961 primattrice nella Compagnia dei Quattro con Glauco Mauri e con il regista e compagno di vita Franco Enriquez. Successivamente passa a far parte del Teatro Stabile di Torino e nel 1972 del Teatro Stabile di Roma. Sue prime memorabili interpretazioni sono state Vita di Edoardo II d’Inghilterra di Bertolt Brecht e La locandiera di Goldoni. Nel 1957 Edoardo De Filippo la chiama a ricoprire il ruolo di protagonista in De Pretore Vincenzo. Da quel momento inizia una catena ininterrotta di successi teatrali che durerà per tutta la sua vita, fra i quali si possono ricordare Medea di Euripide per la regia di Enriquez (1972), Turandot di Carlo Gozzi per la regia di Giancarlo Cobelli (1981), Le due commedie in commedia di Giovan Battista Andreini per la regia di Luca Ronconi e La Venexiana per la regia di Maurizio Scaparro (1984), Filumena Marturano di Eduardo Di Filippo (1986), Antonio e Cleopatra di Shakespeare per la regia di Cobelli (1988), Madama Sans-Gène di Sardou per la regia di Aldo Trionfo (1990), La nostra anima di Alberto Savinio (1991), Emma B. vedova Giocasta ancora di Savinio e Trovarsi di Luigi Pirandello per la regia Giuseppe Patroni Griffi (1992), Vetri rotti di Arthur Miller (1995), La rosa tatuata di Tennessee Williams (1996),  Medea di Euripide per la regia di Mario Missiroli (1996), Gin Game di Donald Lee Coburn (2002), Questa sera si recita a soggetto di Luigi Pirandello per la regia di Mario Missiroli (2003).
In televisione ha esordito nel 1958 con la commedia Romeo Bar di Guglielmo Giannini, seguita da Pigmalione di Shaw (1962), Chi è cchiù felice ‘e me! di De Filippo (1964), La locandiera di Goldoni (1966), La Presidentessa di Maurice Hennequie e Pierre Veber (1968), La miliardaria di Shaw (1972), Così è se vi pare di Pirandello (1974), Macbeth di Shakespeare (1975). Ha poi partecipato ad alcuni importanti sceneggiati: I grandi camaleonti di Edmo Fenoglio (1964), Resurrezione di Franco Enriquez (1964), Il Mulino del Po di Sandro Bolchi (1971), Viaggio a Goldonia di Ugo Gregoretti (1982)

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