Una interminabile… ma stupenda attesa
di Elena Bartolucci
15 Ott 2015 - Commenti cinema
Del primo lungometraggio di Piero Messina, L’attesa, ne hanno parlato in tanti (e bene) all’ultima mostra cinematografica di Venezia, ma non è certamente un film adatto a un pubblico generalista, direi più per un pubblico dai gusti raffinati e molto attento all’uso sapiente che viene fatto della macchina da presa. Ogni dettaglio non è mai lasciato al caso, come non lo sono l’ambientazione o l’attenta fotografia capace di trasportare lo spettatore nella splendida campagna siciliana, aspra e rigogliosa allo stesso tempo.
Non stupisce, infatti, scoprire che Messina sia cresciuto professionalmente come assistente alla regia di Paolo Sorrentino (collaborando sia in This Must Be The Place che La Grande Bellezza), da cui sicuramente ereditato un occhio particolare per i titoli iniziali.
Liberamente ispirato a “La vita che ti diedi” di Luigi Pirandello, non servono parole per far capire che si è di fronte a una storia tragica. Il tutto ha inizio con un funerale e il profondo dolore di Anna, una madre (Juliette Binoche) che, votata a trascorrere le sue giornate in completa solitudine e al buio, non riesce ad accettare la prematura perdita del figlio Giuseppe.
All’improvviso, però, arriva nella sua vita Jeanne (Lou de Laage), la bella fidanzata francese del figlio, ignara di che fine abbia fatto, dopo che è stata invitata a trascorrere qualche giorno di vacanza nella sua casa in Sicilia.
Anna non trova il coraggio di dirle che l’uomo con cui ha voglia di parlare e fare l’amore, è morto. Quella verità, così dura da accettare e impossibile da confessare, finisce egoisticamente per innescare una serie di risposte vaghe ed equivoche.
I giorni passano inesorabili e le due iniziano a conoscersi meglio, ma l’attesa dell’arrivo di Giuseppe nel giorno di Pasqua diventa quasi surreale, sciogliendosi in un finale pieno di commozione.
L’attesa è un film complesso dal punto di vista narrativo, dal grande impatto visivo, ma perfettamente bilanciato che non osa mai troppo: sin dall’inizio si percepisce che Messina preferisce togliere piuttosto che aggiungere inutili dettagli a un’elaborazione di un lutto davvero sui generis.
Non è eccessivamente lento come molti potrebbero obiettare, ma ogni pausa, coadiuvata da una stupenda colonna sonora (stupendo l’inserimento della canzone Waiting for the miracle di Leonard Cohen), è pensata al momento giusto, caricando ogni momento di grande tensione e poeticità.
I volti dei personaggi dicono molto di più di qualsiasi monologo o dialogo e da questo punto di vista la Binoche è semplicemente superlativa: ogni sua movenza o i suoi primi piani carichi di espressività regalano un colpo al cuore, sapendo emozionare come pochi grandi attori riescono ancora a fare.