Una “Carmen” intramontabile a Verona
di Chiara Gamurrini
27 Giu 2023 - Commenti classica
All’Arena di Verona, nel centenario del festival lirico, è stata riproposta, con successo, la Carmen di Bizet ideata da Franzo Zeffirelli nel 1995. Eravamo alla prima (23 giugno) e ve la raccontiamo.
(EnneviFoto)
La storica regia della Carmen di Bizet ideata da Franco Zeffirelli nel 1995 è stata riproposta come ormai di consueto nella centesima edizione del Festival lirico all’Arena di Verona. Un successo già sancito da pubblico e critica ai tempi del suo debutto e che si è protratto nel tempo grazie alla ricchezza dell’allestimento, caratterizzato allo stesso tempo da eleganza e opulenza.
Il forte impatto della visione d’insieme, distintivo dell’estetica di Zeffirelli, regala stupore a chi osserva, invitando lo sguardo a soffermarsi sui dettagli nascosti delle piccole scene di contorno che si verificano a lato dell’azione principale. Il risultato è uno spaccato particolarmente realistico della città di Siviglia e dei suoi dintorni, reso possibile anche grazie alle scenografie complesse e al consistente numero di persone sul palco, che si sposano perfettamente con gli ampi spazi e con la struttura irregolare dell’Arena. Non è mancata la presenza di animali sul palcoscenico a rendere più credibile la farsa.
Carmen è impersonata dal mezzosoprano Clémentine Margaine, che si rivela una buona interprete dal punto di vista vocale, con una pronuncia impeccabile, timbrica calda e voce piena. Le movenze poco sensuali non esaltano l’erotismo che ci si aspetta dal personaggio, lato particolarmente evidente nella danza di persuasione nei confronti del brigadiere. Risulta tuttavia convincente per il pubblico.
Il tenore Freddie De Tommaso è un Don Josè dotato di buona tecnica, che gli consente di affrontare la parte senza particolari difficoltà. La voce è salda e il suono è pulito grazie ad una corretta emissione, aspetti rilevanti tenuta in considerazione anche la sua giovane età.
Non è una sorpresa la voce raffinata e delicata del soprano Mariangela Sicilia nei panni di Micaela. Con una impeccabile messa di voce dosa correttamente il fiato per enfatizzare le dinamiche nell’aria “Je dis que rien ne m’épouvante”. Il timore e allo stesso tempo la risolutezza del personaggio traspaiono nitidamente dal colore chiaro della sua voce.
Erwin Schrott nelle vesti di Escamillo appare sul palco sicuro di sé e padrone della scena. Senza dubbio quella del toreador è una parte che gli si addice sia per il carisma del gesto che per la rotondità del timbro e la sua intensità rapisce il pubblico in diverse occasioni.
Linee precise e suono squillante quelli delle due comprimarie Cristin Arsenova (Frasquita) e Sofia Koberidze (Mercédès) affiancate dalle voci duttili ma non particolarmente potenti di Jan Antem (Dancairo) e Didier Pieri (Remendado). Bravi anche Giorgi Manoshvili (Zuniga) e Christian Federici (Morales).
Anna Anni è responsabile dei colorati costumi, mentre le luci di Paolo Mazzon danno rilievo ai personaggi e all’azione impreziosendo la scenografia come accade per le montagne sul fondale che riflettono i toni del blu durante il terzo atto.
L’orchestra areniana è un’impeccabile esecutrice, guidata dalla bacchetta esperta del direttore Daniel Oren. Le dinamiche cesellate, che vedono l’alternanza di momenti di elevato fervore e di sequenze più rilassate, sono frutto di un attento studio e danno vita a gradevoli sonorità.
Il coro della Fondazione Arena di Verona guidato dal maestro Roberto Gabbiani ha contribuito in modo significativo alla resa positiva della rappresentazione, creando un amalgama di voci armoniosa e possente ma mai sopra le righe. Piacevole anche l’intervento dei piccoli cantori del coro di voci bianche A.LI.VE. diretto da Paolo Facincani.
Instancabili e sempre presenti sul palco i ballerini della Fondazione Arena di Verona (coordinati da Gaetano Petrosino) affiancati dai colleghi della Compañia Antonio Gades (direttore artistico Stella Arauzo) che hanno eseguito in modo molto coinvolgente le coreografie di El Camborio. Con tacchi e nacchere tipiche del flamenco scandiscono a tratti il ritmo della musica, ma il loro intervento più rilevante è stato certamente rappresentato dalla “sfida” tra gruppi prima del quarto atto.
L’arena rappresenta da sempre un punto di riferimento nel panorama d’opera per i melomani di tutto il mondo, come testimoniato dalla grande affluenza di italiani e stranieri che hanno riempito le gradinate dell’anfiteatro nella serata della prima. Non impeccabile forse dal punto di vista dell’acustica, ma certamente da annoverare tra le location più suggestive.
Sicuramente il pubblico si è sentito trasportato per una notte a Siviglia, immerso nelle vicende dei personaggi con cui è portato ad entrare in empatia e di cui condivide passioni e tormenti. Complici il ricco allestimento e l’atmosfera dell’Arena, l’apprezzamento del pubblico è stato sottolineato più volte con vigorosi applausi.