Un Saul tormentato dalla solitudine e dall'amore


Alberto Pellegrino

2 Set 2007 - Commenti classica

Il gioco dei potenti si è concluso al Teatro Lauro Rossi con la prima nazionale assoluta dell'opera Saul di Flavio Testi, musicologo noto per l'ampia sezione curata nella Storia della musica italiana, ma anche compositore di opere liriche che hanno tutte un'ascendenza teatrale o letteraria (La Celestina, La brocca rotta, L'albero dei poveri, Il sosia, Riccardo III). Per il libretto dell'opera in cartellone a Macerata, Testi non ha attinto all'Antico Testamento, ma a un autore contemporaneo come Andre Gide che per il suo teatro drammatico ha spesso tratto ispirazione dal mondo greco (Filoctete, Edipo, Teseo, Persefone) o al mondo biblico (Saul, Betsabea) sempre guardati secondo un'ottica particolare.
Con questa tragedia del 1903 Gide non intende scrivere un dramma storico, ma un'opera di escavazione psicologica da cui emerga sia l'umanità dei personaggi, tutti tormentati da un profondo senso di solitudine e inquietudine, sia il forte contrasto tra il bene e il male. La figura di Re Saul è al centro di un groviglio di emozioni e sentimenti che non riescono a trovare uno sbocco e che diventano sempre più roventi chiuso nel cerchio della sua solitudine. La sua inquietudine cresce nella consapevolezza che la sua stirpe finirà probabilmente con lui ed egli guarda con sospetto e attrazione verso il giovane pastore David, arrivato a corte come suonatore d'arpa, ma già coperto di gloria per l'uccisione di Golia. Ma il re è anche tormentato da una inconfessata gelosia verso il figlio, il debole e malaticcio Jonathan che è irresistibilmente attratto dalla forza e dalla sensualità del giovane pastore eletto da Dio. Si scopre allora che il Saul è un'opera dominata dall'amore omosessuale, che il re non vuole confessare nemmeno a se stesso, fino a quando la Regina, dominata da un gretto desiderio di potere, esalta il valore di David e getta in faccia al re il suo segreto amore per il giovane eroe, scatenando l'ira del sovrano che la uccide, continuando a lasciare dietro di sè quella scia di sangue provocata dall'uccisione tutti i profeti e indovini di Israele.
Da questo momento inizia la parabola discendente del sovrano sempre più in preda alla pazzia: si umilia ad origliare dietro gli angoli alla ricerca di suoi nemici; insegue un sogno di giovinezza facendosi tagliare la barba per strappare al figlio l'amore di David, che ormai vorrebbe vedere re al suo posto. Cerca di sciogliere l'intricato nodo della sua angoscia, cercando rifugio nell'antro della Pitonessa (colei che parla con i morti), l'ultima indovina d'Israele che comprende il tormento del re diviso tra la consapevolezza della fine della sua stirpe e un amore inconfessato verso colui che compirà questo cambio generazionale. Lo spirito del profeta Samuel, evocato dalla maga, predice al re la sua imminente sconfitta per mano dei Filistei, l'avvento del futuro re Saul e soprattutto la fine della sua vita che si trascina senza pietà e senza virtù ( nel profumo dell'amore non trovi più il tuo cuore tutto ciò che ti è dolce, ti è ostile ). Ritornato alla reggia, Saul chiede a David di suonare l'arpa per lui e, in un momento di ritrovata e struggente umanità , trova il coraggio di confessargli il suo amore, ma il giovane
lo respinge inorridito, fedele a quel rapporto di sana tenerezza di sentimento che lo unisce a Jonathan. Saul precipita ancora più nel baratro della follia e parla ormai soltanto con gli spettri che irridono e tormentano la sua solitudine disperata. Di fronte a una impossibile felicità , il re è consapevole che per lui non vi è più scampo: è giunto il tempo di agire, di pentirsi, di morire e Saul muore solo e disperato come è vissuto per mano di un sicario, così come è morto suo figlio Jonathan. Sarà il giovane David a salire trionfante sul trono d'Israele, ricordando che per il vecchio sovrano non provava odio, ma solo compassione.
Flavio Testi è stato attratto da questa tragedia di un re privato di ogni accento eroico, e vittima della propria distruzione interiore, poichè abbandonato a tutti gli istinti e piaceri . Per Testi questo Saul è una forma di teatro allo stato puro e ha i cinque atti del capolavoro di Gide, riducendo il numero dei personaggi e tagliando numerosi dialoghi secondari, riuscendo tuttavia a mantenere il nucleo centrale di combattimenti e delitti, passioni e follie che scorrono attraverso dodici scene, che assicurano pienamente l'effetto drammatico dell'insieme: le meditazioni solitarie del sovrano, il suo osceno origliare, la sua follia omicida, il confronto con i terribili fantasmi partoriti dalla sua mente, il ritorno alla momentanea calma e l'illusione di un possibile ritorno alla giovinezza, l'incontro-assassinio con la maga e l'impatto terrificante con il fantasma di Samuel, l'attrazione per la giovinezza eroica ed efebica di David, il silenzio di Dio inutilmente invocato ( Ho voluto interrogarmi e, da quel momento, Dio ha taciuto ) e il desiderio così violento che solo il sacrificio di sè potrà soddisfare ( Nessuno oltre a me deve conoscere questo segreto ).
Nell'opera sono rimasti tutti i risvolti autobiografici gidiani, configurati nei sogni e nelle ossessioni, nel dolore e nelle inconfessabili passioni che sconvolgono l'animo di ogni personaggio. Testi, che non ha voluto fare una opera dell'impegno pur sentendosi vicino alla musica contemporanea, rifiuta il modernismo a tutti i costi ed esprime in questo Saul il suo bisogno di non attualità e di non modernizzare , senza nessuna voglia di provocare il pubblico, ma cercando di ricreare la poesia e la commozione che nascono dal testo di Gide. Il compositore rifiuta, nello stesso tempo, la tentazione di un eccessivo lirismo e di un melodismo di maniera, affidando la parte del protagonista a un baritono-basso ed eliminando nell'orchestra i violini ( Il violino conferirebbe all'insieme un tono troppo lirico ), per dare spazio a strumenti da musica da camera come i violoncelli e i contrabbassi, fino alla scena fra Saul e David dominata dalla linea melodica dell'arpa ( Questo canto dell'arpa scorre sui miei pensieri ), che crolla quando il giovane si rifiuta di diventare l'oggetto dei desideri del re, per riprendere quella linea drammatica che sottolinea lo strazio di un'anima chiusa nella sua eterna solitudine.
Guillaume Tourniere ha diretto con energia ed equilibrio questa difficile partitura, assecondato da tutti gli interpreti, fra i quali meritano una particolare citazione il mezzosoprano Elena Zilio nella doppia parte della Regina e della Strega d'Endor, il baritono-basso Vincent Le Texier che è stato uno straordinario Saul, violento e appassionato, tragico e disperato, efficace sia nel canto che nella recitazione.
Pier Luigi Pizzi ha dato un'ulteriore prova della sua maestria e della sua originalità interpretativa firmando regia, scene e costumi dello spettacolo, pur tenendo conto delle indicazioni dell'autore che voleva uno spettacolo senza soluzione di continuità , privo di aperture sinfoniche e di interludi musicali, senza radicali cambiamenti di scena, ma con uno uso parsimonioso di simboli. Pizzi in questo particolare gioco del potere ha capovolto la logica seguita allo Sferisterio, ponendo su un piano superiore il luogo del dolore, della solitudine e delle inconfessate passioni, con un rostro su cui si protende la disperazione del protagonista; in basso il luogo dell'intrigo, dell'assassinio, del possesso del trono, il tutto avvolto in un contesto azzurro-blu (con gli spazi tagliati , disegnati, sottolineati dalle luci di Sergio Rossi) che avvolge i personaggi nel chiuso della reggia, che si apre all'oscuro terrore della notte, in piena assonanza con i tragici cromatismi degli abiti, il ferreo baluginare delle maglie di guerra, la luminosità dei giovani corpi, riuscendo a dare nello stesso tempo una lettura profonda e suggestiva, raffinata e coinvolgente dell'intera opera.
(Alberto Pellegrino)


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