Tutto il Teatro nelle Marche a marzo 2010
Redazione
26 Feb 2010 - News teatro
FANO | martedì 2 marzo, mercoledì 3 e giovedì 4 marzo 2010
Teatro della Fortuna
ASCOLI PICENO | venerdì 5 e sabato 6 marzo 2010
Teatro Ventidio Basso
Teatro di Roma – Elledieffe
Compagnia di Teatro di Luca De Filippo
FILUMENA MARTURANO
di Eduardo De Filippo
con Lina Sastri, Luca De Filippo
regia Francesco Rosi
Dare l’impressione allo spettatore che in scena o davanti ad una macchina da presa i personaggi stiano inventando le battute nella maniera più spontanea e vera possibile, è l’obiettivo di registi e attori che desiderano riprodurre la realtà al di là di ogni mestiere e finzione. Per riuscire in questo risultato occorre la complessità e la verità umana dei personaggi rappresentati. Tra le commedie di Eduardo De Filippo, Filumena Maturano è quella più rappresentata nel mondo in tante lingue diverse. In ognuna lo spettatore ha riconosciuto la verità delle ragioni umane dei personaggi.
Filumena Maturano, ex-prostituta, tolta dal postribolo da un napoletano borghese e benestante, Domenico Soriano, tenuta per venticinque anni nella casa di lui come amante, pur se in condizioni d’inferiorità , autrice di uno stratagemma per farsi sposare “in extremis” da Soriano, il quale vuole porre invece fine al legame perchè si è innamorato di una giovane che vuole sposare.
“Filumena Maturano è una commedia sociale – ha dichiarato Eduardo – vuole essere la riabilitazione di una categoria di donne, vuole essere un grido di ribellione in questo mondo sconvolto e turbinoso che ci ha lasciato la guerra.”
Filumena, figlia del popolo, conduce il filo del dramma con l’aggressività di un personaggio tragico, segnato dalla sofferenza della vita di miseria dei vicoli di Napoli. Nel basso dove viveva tutta in un solo letto la famiglia “una folla… sempre in urto l’uno con l’altro ci coricavamo senza dirci buonanotte, ci svegliavamo senza dirci buongiorno una parola buona me la disse mio padre: “Ti stai facendo grande e qua non c’è da mangiare, lo sai?… la famiglia mia non so che fine ha fatto. Non lo voglio sapere. Non me lo ricordo!”
Lo stratagemma pensato per farsi sposare e riconoscere i figli è una rivendicazione del suo sentimento di maternità . Filumena ha tre figli, avuti da tre uomini diversi, di cui due rimasti ignoti. Li ha voluti, li ha cresciuti, li ha assistiti, rimanendo nell’ombra senza mai rivelarsi come madre.
La commedia di Eduardo porta al pubblico il problema dei diritti dei figli illegittimi, mentre nello stesso tempo l’Assemblea costituente svolgeva un dibattito sulla famiglia e sui figli nati fuori dal matrimonio. La tematica affrontata da Eduardo trova riscontro nell’impegno dell’Assemblea Costituente e offre materia di riflessione per affrontare il drammatico problema. Il 23 Aprile 1947 1’Assemblea Costituente approva l’articolo che stabilisce il diritto-dovere dei genitori di mantenere, istruire e educare anche i figli nati fuori dal matrimonio. Nel febbraio del 1955 verrà approvata la legge che abolirà l’uso dell’espressione figlio di N.N. . Francesco Rosi
FERMO | martedì 2 e mercoledì 3 marzo 2010
Teatro dell’Aquila
FANO | martedì 16, mercoledì 17 e giovedì 18 marzo 2010
Teatro della Fortuna
Teatro Stabile di Napoli
Emilia Romagna Teatro Fondazione
Teatro Eliseo
LA TEMPESTA
di William Shakespeare
con Umberto Orsini
regia Andrea De Rosa
“La tempesta” è tradizionalmente ritenuta la penultima opera di William Shakespeare e dovrebbe essere quella che segnò l’addio alle scene del celebre drammaturgo (almeno come attore). Fu rappresentata per la prima volta il 1 novembre 1611 al Whitehall Palace di Londra; probabilmente, in seguito fu messa in scena anche al Globe Theatre e al Blackfriars Theatre.
I temi della vendetta e del perdono, morte e rinascita, colpe dei padri espiate dai figli, schiavitù e ricerca della libertà sono affrontati alla teatralissima luce dell’illusione e del sogno. Sulla scena un attore d’eccezione, Umberto Orsini, voce e corpo del personaggio di Prospero.
La tempesta somiglia a un labirinto. Come in una casa di specchi, ogni volta che intravedi una via d’uscita, questa uscita si rivela essere dalla parte opposta a quella che avevi immaginato. Come in un miraggio o in un sogno, quando provi ad afferrare qualcosa, l’oggetto su cui credi di aver messo le mani si dilegua. Finchè capisci che ciò che conta non è l’uscita e che non c’è nulla da afferrare. Stare ad ascoltare le domande che il testo ti pone e restarci dentro (restare dentro alle domande, al labirinto) è l’unica via. Andrea De Rosa
MORROVALLE | martedì 2 marzo 2010
Teatro Municipale
GIOBBE COVATTA
TRENTA
di e con Giobbe Covatta
Lo spettacolo ha ottenuto lo speciale patrocinio di Amnesty International
Giobbe Covatta si lascia ispirare alla carta dei diritti dell’uomo per la sua ultima affabulazione. Trenta sono gli articoli di cui si compone la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani adottata dall’ONU il 10 dicembre 1948; trenta articoli che sanciscono i diritti individuali, civili, politici, economici, sociali, culturali di ogni persona.
Vi si proclama che nessuno può essere fatto schiavo o sottoposto a torture, che nessuno dovrà essere arbitrariamente arrestato, incarcerato o esiliato.
Vi si sancisce anche che tutti hanno diritto ad avere una nazionalità , a contrarre matrimonio, a possedere dei beni, a prendere parte al governo del proprio paese, a lavorare, a ricevere un giusto compenso per il lavoro prestato, a godere del riposo, a fruire di tempo libero e a ricevere un’istruzione.
In chiave ironica (ma non troppo), come nel suo stile, Giobbe prosegue la sua riflessione sui diritti fondamentali dell’uomo, raccontando con sarcasmo di chi questi diritti li ha solo sulla carta…
POLLENZA | martedì 2 marzo 2010
Teatro G. Verdi
LORETO | mercoledì 3 marzo 2010
Palacongressi
Lux Teatro
CENA A SORPRESA
di Neil Simon
con Giuseppe Pambieri, Giancarlo Zanetti
regia Giovanni Lombardo Radice
Tre coppie di ex si ritrovano ad una cena organizzata, a loro insaputa, dall’avvocato che ne ha curato i divorzi. Ci sarà una nuova evoluzione in queste tre coppie ritrovate ma l’epilogo non è mai scontato: quando tutto sembra far presupporre un lieto fine c’è sempre un colpo di scena dal quale ricominciare. Meccanismi imbarazzanti e comici si alternano a momenti di riflessione sulla vita di coppia, sull’amore e sulle scelte che hanno portato alla rottura. Il testo è tenero ,intelligente e sapientemente dosato, mai scontato e prevedibile.
Commedia inedita per l’Italia, The Dinner Party è stato uno dei maggiori successi degli ultimi anni a New York. Una tessitura drammaturgica che si snocciola come un meccanismo ad orologeria in cui la fine non è mai quella che si presume possa essere. Neil Simon ha in questa commedia un gusto diverso sia nella scrittura che nell’evoluzione della storia. Si ride, di quel modo intelligente ed elegante che lui conosce bene ma, allo stesso tempo, si hanno spunti interessanti di riflessione che fioriscono proprio in quei momenti in cui l’autore sembra spingere alla facile conclusione. La virata porta proprio la commedia verso quei piccoli drammi quotidiani che tutti conosciamo molto bene. Neil Simon, certamente uno degli autori più amati e rappresentati, costruisce in questo testo la risata e il dramma con la medesima intensità abituando il pubblico ad una gamma molto vasta di sentimenti che si susseguono.
Il cast americano si pregiava di attori di altissimo livello ed anche per l’allestimento italiano abbiamo messo insieme un gruppo di attori di grande esperienza di palcoscenico guidati da una regia curiosa e sapiente.
URBINO | martedì 2 e mercoledì 3 marzo 2010
Teatro Sanzio
RECANATI | giovedì 4 marzo 2010
Teatro Persiani
SAN GINESIO | venerdì 5 marzo 2010
Teatro Leopardi
LA NOTTE POCO PRIMA DELLA FORESTA
di Bernard-Marie Koltès
con Claudio Santamaria
regia di Juan Diego Puerta Lopez
Un monologo senza respiro, un’unica frase, un fiume dirompente di parole, un insieme di attimi che non lasciano scampo.
Cade la pioggia, un uomo, che viene dalla periferia di tutte le metropoli, cerca di riconoscersi in un mondo notturno, visionario, parla una lingua fatta di ripetizioni, di parafrasi, e le sue parole arrivano forti, come desiderio di fuga senza limiti.
Essere stranieri, sentirsi estranei, cercare una camera per la notte, per una parte della notte almeno, abbordare un amico, una ragazza, vedere una puttana dall’aria stonata, combattere tra la difficoltà di essere e la smania di vivere, mentre il ricordo, la nostalgia e la rabbia emergono, insieme alla pioggia che ritorna sempre come elemento simbolico.
La foresta, quella del lontano Nicaragua, idilliaco territorio in cui non ci siano eserciti, nè controllo, nel racconto di una corsa sfrenata alla ricerca di un sogno.
CIVITANOVA MARCHE | giovedì 4 marzo 2010
Teatro Rossini
Roma Spettacoli Fondazione La Versiliana Ercole Palmieri
DANTE LEGGE ALBERTAZZI
con Giorgio Albertazzi
e con Ilaria Genatiempo, Federica Michisanti [contrabbasso]
Cristiana Polegri [sax, flauto, voce], Armando Sciommeri [percussioni]
Immagino, o forse più esattamente ricordo, l’incontro con il Poeta, anche lui fiorentino, dalle parti di Piazza della Signoria. In quell’occasione mi ha svelato una serie di segreti soprattutto riguardo al suo rapporto con l’eros e con la donna angelicata.
Parte della confidenza sono alcuni canti della Divina Commedia , dall‘ Inferno al Paradiso .
Giorgio Albertazzi
Albertazzi “canta” la Divina Commedia, raccontandoci di Dante, un Dante nuovo, familiare, uomo. Ci racconta di Francesca da Rimini, secondo Albertazzi, il vero amore del Poeta fiorentino, del suo rapporto complicato con Beatrice, della passione per l’ardore alla conoscenza di Ulisse, senza mancare di citare aneddoti divertenti su Dante di Flaiano e altri. E attraverso Dante Albertazzi ci racconta di sè, dei suoi amori, dei suoi incontri, di quella professoressa del liceo, che forse è stata la sirena che lo ha ammaliato d’amore per la poesia. E poi i versi di Eliot e ancora tutto quanto è necessario per conoscere fino in fondo il suo rapporto con Dante e, magari, un po’ di Dante stesso.
Lo spettacolo ha raccolto ovunque consensi profondi e entusiasti, per la sua vivacità e intensità . L’attore fiorentino non si risparmia, come sempre, per la gioia del pubblico e, sicuramente, la sua.
Da ricordare tra le ultime Lecturae Dantis la cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Torino 2006, l’incontro alla Società Dante Alighieri di Ginevra e la lettura-evento dalla Torre degli Asinelli di Bologna, di fronte ad un pubblico di oltre ventimila persone.
TOLENTINO | venerdì 5 marzo 2010
Cine teatro Don Bosco
RAOUL CREMONA
HOCUS MOLTO POCUS
di e con Raoul Cremona
regia di Raffaele De Ritis
Applaudito protagonista di tutte le edizioni di Zelig, Raul Cremona torna in teatro con uno show che ha il sapore e il fascino di uno spettacolo d’altri tempi. Magia, prestigiazione, gag, musica, macchiette, sono le dominanti di questo lavoro che vede accanto a Raul Cremona il pianista Lele Micò e l’attore comico Felipe.
Protagonisti sulla scena sono i personaggi che ritornano dai ricordi di un’infanzia spesa fra una partita di calcio e una serata al cinema dell’oratorio, dove venivano proiettati quei film che hanno influenzato fortemente Raul Cremona. Da queste passioni infantili nascono Jacopo Ortis, l’attore di gassmaniana memoria, ma anche Silvano il Mago di Milano, immagine distorta di quella figura di illusionista tanto amato, specchio della prima vera passione adolescenziale, fino alle ultime caricature estreme e divertenti che hanno caratterizzato le ultime più importanti stagioni televisive
MACERATA | sabato 6 e domenica 7marzo 2010
Teatro Lauro Rossi
Teatro Stabile d’Abruzzo Società per Attori
ROMAN E IL SUO CUCCIOLO
di Reinaldo Povod
traduzione e adattamento di Edoardo Erba
interpretato e diretto da Alessandro Gassman
Sono già passati quattro anni dal mio debutto nella regia con La forza dell’abitudine di Thomas Bernard, cui hanno seguito due stagioni ricche di successi e riconoscimenti con La parola ai giurati di Reginald Rose.
Mi accingo ora a mettere in scena un altro testo contemporaneo che negli anni 80 ottenne un grande successo a New York e che ebbe come protagonista Robert De Niro. Si tratta di Cuba & His Teddy Bear di Reinaldo Povod, un testo che mi ha coinvolto fin dalla prima lettura per l’umanità dei suoi personaggi, per uno stile di scrittura tagliente, crudo, profondo, che mai indulge al sentimentalismo. Con Edoardo Erba, traduttore e adattatore del testo, abbiamo deciso di ambientare la vicenda in una periferia urbana del nostro paese, all’interno di una comunità rumena, dove confluiscono personaggi di altra radice etnica. Operazione che non tradisce il testo originale americano che fa appunto coesistere personaggi di diverse razze, culture, religioni.
à un dramma familiare e al tempo stesso sociale, un attualissimo sguardo sul presente che è anche un preciso richiamo a uno dei fenomeni che negli ultimi tempi più ci coinvolgono: la presenza degli immigrati nella nostra vita, presenza che ha cambiato la fisionomia delle nostre città e il tessuto delle nostre relazioni. Uno sguardo neutrale, non ideologico, fuori dagli schemi del razzismo o della solidarietà di maniera. La prorompente forza drammatica dell’opera si basa sul rapporto irrisolto fra un padre semianalfabeta, spacciatore di droga, nevrotico, che alterna momenti di dolcezza a esplosioni di rabbia e un adolescente apparentemente schiacciato dall’autorità paterna, che vuole emanciparsi attraverso lo studio ma che nasconde al padre le sue illusorie prospettive di vita e la sua progressiva dipendenza dall’eroina. Un maldestro socio in affari del padre, un intellettuale tossicodipendente, un’altro spacciatore e la sua giovane prostituta sono gli altri personaggi che ruotano intorno alla drammatica vicenda umana di un uomo disposto a tutto pur di guadagnare denaro e garantire al figlio un futuro diverso dal suo e di un ragazzo consapevole del fatto che il padre potrà , a suo modo, amarlo ma non riuscirà mai a capirlo. Un rapporto toccante, crudo, a tratti sconvolgente, che troverà compimento solo attraverso un fatale, catartico epilogo. Ma è anche una storia di disperazione e di degrado che, attraverso il drammatico destino di un’umanità condannata all’emarginazione, rimanda a problematiche sociali di grande attualità . Una delle sfide più difficili del terzo millennio sarà quella di imparare a vivere in una società unita nella pluralità , ponendo come base quanto ci è comune: la nostra umanità . Alessandro Gassman
JESI | domenica 7 marzo 2010
Teatro G.B.Pergolesi
GIULIO CASALE
LA CANZONE DI NANDA
dai Diari 1917-1973 di Fernanda Pivano
di e con Giulio Casale
regia di Gabriele Vacis
ingresso gratuito
Giulio Casale è scrittore, autore e cantattore di grande talento che negli ultimi anni ha saputo farsi apprezzare dal pubblico portando in teatro due spettacoli che si collocano a pieno merito nel genere del teatro canzone : Polli d’allevamento di Giorgio Gaber e Formidabili quegli anni liberamente ispirato al libro di Mario Capanna.
Il nuovo spettacolo, che debutterà in prima nazionale al Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa, sarà dedicato a una delle figure principali del panorama culturale italiano: la scrittrice e traduttrice Fernanda Pivano, amica dello stesso Giulio Casale e grande estimatrice del suo lavoro.
Lo spettacolo ripercorrerà le tappe di un’avventura lunga quasi un secolo attraverso i Diari 1917-1973 e i racconti originali che la Pivano ha fatto a Casale negli anni della loro frequentazione, dando vita ad un affresco poetico ricco di immagini e melodie.
La narrazione sarà accompagnata da immagini inedite e sottolineata da momenti musicali che attraverseranno le tappe più importanti degli artisti legati alla Beat Generation e dei loro più significativi eredi evocati attraverso le parole di Fernanda Pivano, la Nanda.
La regia dello spettacolo è affidata all’elegante arte di Gabriele Vacis, considerato uno dei più importanti registi italiani.
PEDASO | domenica 7 marzo 2010
Cine teatro Valdaso
GIORGIO FELICETTI
MATTEI
di e con Giorgio Felicetti
Il progetto si inserisce nell’ambito della ricerca che Giorgio Felicetti sta portando avanti da alcuni anni su un teatro del lavoro . Mattei racconta il lavoro con gli occhi di un capitano d’industria, di un protagonista assoluto della Storia italiana, di un marchigiano che rappresenta ancora oggi la figura dell’innovatore assoluto, dell’inventore della politica energetica italiana, mirata a fare dell’Italia un paese produttore di energia e non solo acquirente. La stessa parola Energia, fa pensare a Mattei.
Lo spettacolo che vede la partecipazione di Francesca Luciani – è il frutto di una lunga ricerca fatta di testimonianze dirette, interviste a persone che hanno conosciuto Mattei, e di consultazione di libri, foto, film, documentari e soprattutto dei materiali prodotti dal tribunale di Pavia, sulla ricostruzione degli ultimi giorni di vita e sul giorno della morte del Presidente dell’ENI. Nonostante la vasta bibliografia sull’argomento, lo spettacolo getta una nuova luce sulla vicenda, a partire da alcune testimonianze inedite.
Mi piacciono le figure umane paradigma del presente scrive Felicetti nelle note allo spettacolo – e sia l’Adriano operaio protagonista del mio recente lavoro, e ancor di più l’Enrico Mattei condottiero d’impresa, sono due facce simbolo della stessa medaglia: la storia del lavoro italiano. E guarda il caso, entrambi i protagonisti partono dalle Marche. Mattei è le Marche.
Mattei è l’Italia che si riscatta da una guerra mondiale perduta tragicamente, da una povertà atavica, dalle valigie di cartone dei nostri migranti. Credo che la vicenda umana di Mattei abbia cambiato, almeno due volte, radicalmente la storia italiana: dapprima con la sua ascesa, quando l’Italia ha avuto una vera e propria politica energetica. Poi con la sua scomparsa, il grande progetto industriale di Mattei viene azzerato, e il nostro paese torna a dipendere dai grossi produttori internazionali.
Mattei è tutto questo: la storia di un ragazzino nato e vissuto nelle Marche, ma che ben presto parte per Milano a cercare fortuna, è proprio qui che fonda una piccola fortunata industria chimica e inizia a frequentare gli ambienti politici democristiani, partecipa alla resistenza, nel dopoguerra fa rinascere l’Agip e fonda l’Eni, rivoluziona la politica energetica nazionale ed internazionale, fino a diventare l’italiano più importante dopo Giulio Cesare .
CIVITANOVA MARCHE | mercoledì 10 marzo 2010
Teatro Rossini
ALESSANDRO PREZIOSI
IL MESTIERE DI AMARE
Omaggio a Cesare Pavese
letture scelte e adattate da Tommaso Mattei
Il mestiere di amare prende in prestito il titolo dal diario Il mestiere di vivere che iniziato il 6 ottobre 1935 durante il periodo del confino, accompagna Cesare Pavese fino al 18 agosto 1950, nove giorni prima della sua prematura scomparsa, e diventa a poco a poco strumento privilegiato cui affidare i pensieri sul proprio mondo di poeta, scrittore e di uomo e, soprattutto, le confessioni ultime su quei laceranti tormenti intimi che segnavano la sua vita.
Cesare Pavese ha messo in gioco tutto se stesso con il vigore e la fermezza con i quali riconosceva, pochi giorni prima di morire, di avere “dato poesia agli uomini”; ha “fatto” cultura nel senso proprio, più creativo, del termine, imprimendole una serie di spinte dagli effetti di lunga portata; è stato, insomma, un protagonista della vita intellettuale, al centro di una rete di relazioni e amicizie che compongono sotto gli occhi di chi le osserva la geografia di quel che di meglio è stato scritto e detto in Italia tra le due guerre e anche dopo.
Il recital, come si propone il titolo, intende ripercorrere le analogie, le interconnessioni tra questo mestiere della scrittura che ha sempre impegnato Pavese fin dalla adolescenza con il suo rapporto con il mondo femminile, con le donne, rapporto spesso amaro, disperato, sarcastico, raramente sereno e mai felice, attraverso lettere, note, poesie e brani del diario mettendo in risalto la vera tensione di Pavese verso una letteratura che sia difesa contro le offese della vita .
La poesia e la donna strette, avvinte, fuse in un unico grido che percorrerà tutta la sua vita. L’amore è la chiave che ci consente di entrare nel laboratorio poetico di Cesare Pavese e di scoprire le sue corde più intime nella fisica, a volte violenta drammaticità di molte delle sue pagine fino alla tragica epigrafe che chiude il diario di scrittura e vita non ci si uccide per amore di una donna. Ci si uccide perchè un amore, qualunque amore, ci rivela nella nostra nudità , miseria, infermità , nulla .
TREIA | sabato 10 marzo 2010
Teatro Comunale
PAMELA VILORESI E DAVID SEBASTI
APPUNTAMENTO A LONDRA
di Mario Vargas Llosa
regia di Maurizio Panici
Appuntamento a Londra è una novità assoluta per il teatro, scritta da Mario Vargas Llosa, uno dei più apprezzati scrittori di fama mondiale, che anche in questo testo propone alcune delle suggestioni a lui più care. La storia che racconta è un’acuta e profonda riflessione sul tema dell’identità e sulla vita segreta delle persone.
Lo spettacolo è anche un’indagine sui valori dell’amicizia e dei sentimenti, su quel sottile filo che ci lega come esseri umani, come attrazione profonda dell’uomo per l’altro da sè. Due amici d’infanzia e gioventù, entrambi peruviani, si ritrovano a Londra dopo molti anni durante i quali non avevano avuto più contatti. Nel loro incontro rivivono il passato, mescolando bei ricordi con brutte storie che credevano oramai sotterrate o delle quali, Il cast attoriale dello spettacolo vede ancora una volta la presenza di un’attrice protagonista indiscussa del teatro italiano, Pamela Villoresi insieme a David Sebasti. Il testo di Vargas Llosa è un enigma, uno scandagliare la parte più profonda e nascosta di ogni essere umano: come egli stesso afferma un argomento che mi ha sempre appassionato la finzione e la vita, il ruolo che quella gioca in questa, la maniera con cui l’una e l’altra si alimentano e si confondono, si respingono e si completano in ogni destino individuale e il palcoscenico è lo spazio privilegiato per rappresentare quella magia di cui è fatta anche la vita della gente: quell’altra vita che inventiamo perchè non possiamo viverla davvero, ma solo sognarla grazie alle splendide bugie della finzione .
Il nostro spettacolo è un gioco teatrale che si avvale anche di linguaggi complessi, immagini proiettate e percepite come fantasmi, che aiutano a rivelare scomode verità sepolte nel profondo del protagonista.
GROTTAMMARE | giovedì 11 marzo 2010
Teatro delle Energie
ALESSANDRO PREZIOSI
LE CONFESSIONI DI SANT’AGOSTINO
letture scelte e adattate da Tommaso Mattei
Dopo aver dato voce alle più belle pagine di Fernando Pessoa, a quelle della biografia di Raffaello Sanzio e da ultimo a quelle di Cesare Pavese, Alessandro Preziosi, protagonista fra l’altro di una prossima fiction televisiva sulla vita del santo, si confronta ora anche in teatro con Sant’Agostino. Opera filosofica e teologica di grande profondità , moderna nonostante i quindici secoli e le innumerevoli letture, le Confessioni attraversano le tappe di un itinerario spirituale alla ricerca della verità e testimoniano l’incontro di Agostino di Ippona con la fede.
Laureato in giurisprudenza all’Università “Federico II” di Napoli, Alessandro Preziosi è diplomato all’Accademia dei Filodrammatici di Milano. Debutta in teatro nel 1998 con il ruolo di Laerte nell’Amleto, diretto da Antonio Calenda e lavora in televisione nella soap opera di Canale 5, Vivere e nella miniserie tv Una donna per amico 2. Dopo il successo televisivo, torna al teatro classico recitando nella Trilogia di Eschilo, sempre per la regia di Calenda, nelle vesti dell’Araldo in Agamennone e di Oreste in Coefore ed Eumenidi. Il grande successo però arriva con Elisa di Rivombrosa, a cui seguono i film tv I Vicerè di Roberto Faenza, tratto dal romanzo di Federico De Roberto, e La masseria delle allodole, tratto dal libro di Antonia Arslan e diretto dai fratelli Taviani. Nel 2008 Alessandro Preziosi ha interpretato il prestigioso ruolo di Sant’Agostino per il ciclo Imperium, coproduzione internazionale in onda su Rai Uno.
FERMO | venerdì 12 marzo 2010
Teatro dell’Aquila
MUTA IMAGO
LEV
ideazione di Glen Blackhall, Riccardo Fazi, Claudia Sorace, Massimo Troncanetti
drammaturgia/suono Riccardo Fazi
regi di Claudia Sorace
La vita di Lev Zasetskij, paziente di Alexander Lurja, celebre neuropsichiatra russo, è cambiata completamente in meno di un secondo. Svegliandosi, si ritrova senza memoria. Non ricorda più nulla, non riesce a parlare, leggere, scrivere, muoversi. Sul palco oggi un uomo inizia a recuperare brandelli di memoria, e si s scontra con lo spazio, con l’oblio. La scena intorno a lui è vuota, esplosa, come la sua identità .
Costruzione dell’immagine e parte drammaturgica. Due anime sempre in dialogo tra loro nel teatro di Muta Imago, giovane gruppo romano che sorprende per la rara capacità di costruire un linguaggio autonomo, padroneggiato con ironia e incanto . Nato a Roma nel 2004 dall’incontro tra Riccardo Fazi, drammaturgo, Claudia Sorace, regista, e Massimo Troncanetti, scenografo, partendo dalla provocazione della materia il gruppo riflette sulla possibilità di approfondire e dilatare i varchi spaziali e di senso rintracciabili nella realtà . Per far affiorare storie e momenti che permettano di ricostruire un’unitarietà perduta, quella che si può trovare ancora nell’essere umano.
Lev , uno spettacolo raffinato che conferma la qualità del gruppo: la solitudine del protagonista si rifrange in immagini bellissime, commoventi, stupefacenti: frammenti di un passato, ricordi della gloriosa conquista sovietica dello spazio, suggestioni d’infanzia, amori perduti. Andrea Porcheddu
MONTECAROTTO | sabato 13 marzo 2010
Teatro Comunale
MADDALENA CRIPPA
CANTO POPOLARE
Parole e suoni per Pier Paolo Pasolini
testi di Pier Paolo Pasolini
Progetto teatrale e musicale ispirato all’opera di Pier Paolo Pasolini, Canto Popolare è un incontro sinergico tra tre diverse personalità artistiche: Maddalena Crippa dà voce e vita a uno dei più grandi scrittori del ‘900 italiano accompagnata dalle atmosfere musicali di Paolo Schianchi.
Pier Paolo Pasolini, tra i più significativi protagonisti artistico-letterari dell’Italia del secolo scorso, attraversò e lasciò importanti tracce della propria grandezza intellettuale in molte forme di espressione letteraria e artistica.
Maddalena Crippa, attrice tra le grandi protagoniste della scena internazionale, si veste dell’opera e del pensiero di Pasolini mettendone a nudo la sconvolgente densità poetica.
La parola della poesia incontra i paesaggi musicali composti e interpretati da Paolo Schianchi: “giovane, straordinario musicista, tra i più grandi chitarristi, plurilaureato e pluripremiato sia come esecutore che come compositore”, come lo definisce Valeria Ottolenghi dell’Associazione Nazionale Critici.
Paolo Schianchi si servirà di Octopus(r), un sistema elettroacustico di sua creazione che permette ad un unico interprete di suonare con mani e piedi contemporaneamente più chitarre attraverso una tecnica esecutiva appositamente studiata e basata in parte sui principi dell’eco e delle risonanze. Ne risulta un gioco sonoro di note, ritmi, movimenti che si intrecciano, si inseguono, si moltiplicano e si sovrappongono, tutti rigorosamente eseguiti dal vivo.
SAN BENEDETTO DEL TRONTO | sabato 13 marzo 2010
Teatro Concordia
PUNTA CORSARA
FATTO DI CRONACA DI RAFFELE VIVIANI A SCAMPIA
a cura di Arturo Cirillo
regia di Arturo Cirillo
Dal grande repertorio napoletano di Raffaele Viviani, uno spaccato crudele di Napoli, un affresco di personaggi che vanno dalla piccola borghesia ai disperati dei bassi e sullo sfondo un fatto di cronaca nera: ne scaturisce uno spettacolo dal ritmo corale vertiginoso, divertente, scanzonato e senza speranze dove accanto al lavoro prezioso di Arturo Cirillo, uno dei protagonisti più intelligenti del teatro italiano, emerge la bravura degli attori, la loro contagiosa freschezza e capacità espressiva. Un piccolo capolavoro per una serata trascinante d’arte e di vita. Lo spettacolo conclude il percorso di formazione degli allievi di Punta Corsara, progetto triennale di impresa culturale diretto da Marco Martinelli che nasce dall’esperienza di Arrevuoto in cui teatro e pedagogia sono diventati pratica unica, mettendo insieme intorno a un palcoscenico studenti, artisti, associazioni e istituzioni. Ho voluto fortemente due cose: che il testo di Viviani e i suoi personaggi restassero il centro di quest’esperienza e che alla compagnia degli allievi si aggiungessero Salvatore Caruso e Rosario Giglio, attori storici della mia compagnia e di Emanuele Valenti, assistente alla direzione artistica di Punta Corsara e attore da lungo tempo. Credo, infatti, nella possibilità di trasmettere dei saperi soprattutto attraverso la pratica quotidiana del “fare teatro”. Non mi interessava fare un saggio ma sperimentare una vera esperienza di messa in scena di un testo, proprio per questo non troverete in questo lavoro delle doppie distribuzioni (mentre invece abbondano i doppi ruoli, escluso il caso del Padrone di casa del terzo atto che verrà recitato, a sere alterne, da Tonino Stornaiuolo e Pasquale De Martino) nè mi sono preoccupato di dare ad ogni ragazzo l’uguale presenza in scena, anche se credo che alla fine tutti abbiano un loro spazio e soprattutto tutti sentano la qualità collettiva del lavoro. Spesso ho avuto l’impressione che in questa commistione tra allievi attori ed attori professionisti l’atto dell’insegnare si sia confuso con quello dell’imparare, dove diverse storie, sia teatrali che umane, si confrontavano e soprattutto si mischiavano nella fatica e spero anche nella libertà , del recitare. Arturo Cirillo
SABATO 13 E DOMENICA 14 MARZO | PESARO
Hangart spazio performativo
AMAT
in collaborazione con
Ministero per i Beni e le Attività Culturali | Regione Marche | Comune di Pesaro
e in collaborazione con HangartFest
SOTTO A CHI DANZA!
Tracce di danza d’autore dalle Marche
Sotto a chi danza! è un format ideato e sostenuto dall’Amat che offre la possibilità di vedere in scena le performance di giovani artisti marchigiani che operano nel campo della danza contemporanea di ricerca.
Avendo avviato una serie di attività a favore della promozione di giovani artisti provenienti dal territorio regionale – a partire dal monitoraggio delle esperienze esistenti – anche con la collaborazione del network Anticorpi XL per la Vetrina della giovane danza d’autore, negli ultimi anni sono emersi performer e gruppi che in questo modo hanno un ‘contesto’ in cui mostrare il risultato del proprio lavoro.
Programma:
13 marzo | ore 21
ALESSANDRO SCIARRONI / CORPOCELESTE_C.C.00#
Cowboys
I found out I am really no one
invenzione Alessandro Sciarroni
performer Luana Milani, Matteo Ramponi
musica originale Paolo Persia
Un lavoro sul colore e sull’identità superficiale. Un ragazzo e una ragazza indossano degli specchi di forma quadrangolare davanti al viso, il corpo perde identità e si fonde di volta in volta con lo spazio, con lo sguardo del pubblico ma soprattutto con i colori del pavimento. L’artificio dello specchio non concede ai performer la possibilità di incontro, fino a quando tutti i colori non vengono esperiti. à a questo punto che attraverso l’esecuzione di una semplice coreografia country dance line (balli di gruppo da balera texana da fare con stivali e cappello) s’infrange il lirismo dell’azione.
DIADI
Sic!
di e con Francesca Gironi
supervisione coreografica Monica Gironi
consulenza tecnica Sabrina Ferini
Sic! è un inciampo della scrittura, un incidens. Accade e devia il corso delle cose. Una danza che non giunge a destinazione. Incompiuta. Abitare una costrizione, cercare la massima estensione di sè nel circoscritto, nell’angusto. Danzare sul filo teso, in stato di allerta, con la cognizione del crollo. à così, il corpo.
14 marzo | ore 16
Il collettivo e la diversità
a cura di Rebecca Murgi
coreografi Rebecca Murgi, Magdalena Reiter, Jonathan Pralanes
musica Luca Losacco
luci Marco Abeti
Coreografa e danzatrice con una particolare attitudine per l’insegnamento, Rebecca Murgi ha realizzato un percorso in diverse tappe finalizzato alla costruzione di una performance sulle relazioni e sul dialogo come strumento creativo. Dopo un workshop con danzatori marchigiani, la coreografa ha infatti composto un ensemble per la realizzazione di una residenza in cui ha costruito lo spettacolo a partire dalla stretta collaborazione con altri due coreografi e cinque danzatori/autori.
PORTO SAN GIORGIO | domenica 14 e lunedì 15 marzo 2010
Teatro Comunale
IMPROVVIVO
COMEDY
Commedia improvvisata in due atti
format di Bruno Cortini, Daniela Morozzi, Fiamma Negri
regia di Daniela Morozzi
L’improvvisazione in Comedy è totale: sei attori, un musicista, un tecnico luci improvvisano ogni sera un’intera commedia senza copione, costumi nè scenografia ed è possibile solo dopo un duro e costante allenamento volto alla costruzione drammaturgica, al montaggio veloce delle scene, alla capacità di creare all’istante storie compiute e godibili, in perfetta sintonia con le indicazione recepite dal pubblico. Lo spettacolo, ripreso da un format ideato dalla True Fiction Magazine , compagnia di improvvisazione teatrale di San Francisco, è la naturale evoluzione del lavoro portato avanti in questi anni dalla LIIT e da IMPROVVIVO: andare oltre il gioco dell’improvvisazione e impegnarsi nella creazione di storie con tempi più lunghi, più dense di significato, comiche, brillanti, poetiche, dove la drammaturgia e l’inventiva sono protagoniste.
Si chiama Comedy, perchè commedia in italiano suona bene: è una parola leggera e raffinata che evoca immediatamente molte forme d’arte, di teatro, di letteratura e richiama all’antica divisione di generi per cui alla Commedia si associa la rappresentazione del basso , del comico , del buffonesco, del grottesco diversamente dalla Tragedia, a cui si affida la trattazione di argomenti alti, nobili e drammatici. à evidente che in una commedia così concepita non ha senso fare questioni di genere: per forza di cose il comico è accanto al tragico, il poetico si mescola con il prosaico, il quotidiano con il fantastico. Forse proprio in questa generale mescolanza, in questo totale guazzabuglio sta il senso di Comedy: il piacere e la sorpresa di giocare a mettere insieme sullo stesso palco sapori e ambientazioni di Shakespeare con Totò, di Boccaccio con Asimov, di Cechov con Sergio Leone.
CAMERINO | martedì 16 marzo 2010
Teatro Marchetti
SENIGALLIA | mercoledì 17 marzo 2010
Teatro La Fenice
PAOLO ROSSI
VERSO IL MISTERO BUFFO
di Dario Fo
La Corte Ospitale di Rubiera e la Compagnia del Teatro Popolare, fondata da Paolo Rossi, uniscono energie e risorse per la produzione del Mistero buffo: il capolavoro assoluto di Dario Fo, a seguito di un simbolico passaggio del testimone tra grandi maestri del teatro (Dario Fo ha riconosciuto in Paolo Rossi l’unico interprete in Italia in grado di ricevere questa eredità e di proporre al pubblico un nuovo Mistero buffo, nel rispetto della tradizione, con la stessa carica dissacrante e irriverente, ma nello stesso tempo attualizzato nei contenuti), sarà interpretato da Paolo Rossi, con la consulenza artistica e la supervisione di Dario Fo.
Dario Fo, con Mistero buffo, ha ricreato a modo suo quel mondo perduto attualizzando la figura del giullare, interprete dei malumori del popolo verso chi detiene il potere. E ha riletto in chiave buffonesca i misteri religiosi rovesciando il punto di vista di chi ascolta e denunciando le mistificazioni di avvenimenti storici e letterari che si sono succedute nel corso dei secoli.
Rappresentato per la prima volta nel 1969, e con più di cinquemila allestimenti in tutto il mondo, Mistero buffo ha condotto Fo al Premio Nobel per la Letteratura. à un testo mai datato, capace ancora oggi di testimoniare quella sotterranea coscienza civile che si rigenera nel riso liberatorio e nell’irriverenza del comico: e questa è esattamente la cifra stilistica dell’artista Paolo Rossi.
FERMO | martedì 16 e mercoledì 17 marzo 2010
Teatro dell’Aquila
ANTONIO ALBANESE
PERSONAGGI
testi di Michele Serra e Antonio Albanese collaborazione ai testi Piero Guerrera, Enzo Santin, Giampiero Solari
Se c’è qualcosa che unifica i mille volti creati in questi anni da Antonio Albanese per raccontare il nostro tempo, è quel particolare senso di umanità che caratterizza anche i personaggi più bizzarri. Molti, negli anni si sono affezionati a Epifanio, L’Ottimista, il Sommelier, Cetto La Qualunque, Alex Drastico e Perego. In fondo c’è qualcosa di ognuno di noi in queste maschere estreme e irriverenti.
Lo spettacolo Personaggi riunisce alcuni tra i volti creati da Antonio Albanese. La nevrosi, l’alienazione, il soliloquio nei rapporti umani e lo scardinamento affettivo della famiglia, l’ottimismo insensato e il vuoto ideologico contribuiscono a tessere la trama scritta da Michele Serra e Antonio Albanese.
In scena uomini del Sud e del Nord, uomini alti e bassi, grassi e magri, ricchi e poveri, ottimisti e qualunquisti.
Un recital che racconta con dirompente fisicità un mondo popolato da personaggi del nostro tempo.
JESI | giovedì 18 e venerdì 19 marzo 2010
Teatro G.B.Pergolesi
ELISABETTA POZZI E MARIANGELA D’ABBRACCIO
LA STRANA COPPIA
di Neil Simon
regia di Francesco Tavassi
Un capolavoro comico, due attrici straordinarie: Mariangela D’Abbraccio e Elisabetta Pozzi, alle quali da tempo sono legato da una formidabile intesa, la voglia di teatro vero, recitato bene, l’attenta e creativa collaborazione di un’impresa, la Teatro e Società di Pietro Mezzasoma, che da sempre si occupa di produzioni teatrali di qualità : sono le premesse ideali per lavorare alla messa in scena dell’edizione al femminile de La strana coppia.
La commedia di Neil Simon (una mitragliata di battute e situazioni comiche) richiede, a mio parere, il lavoro di interpreti abituate a scandagliare e ad occupare ogni angolo interpretativo del personaggio così da non risultare semplicemente e superficialmente piacevole ma di scatenare la risata attraverso la costruzione perfetta dei personaggi e del loro rapporto.
Questa è per me una meravigliosa occasione, la presenza di attrici di grande calibro come Mariangela D’Abbraccio e Elisabetta Pozzi e di una compagnia di attori di provato talento.
Ambienteremo la vicenda nel presente, col supporto delle scene di Alessandro Chiti, i costumi di Maria Rosaria Donadio, le musiche di Daniele D’Angelo e le luci di Luigi Ascione, per meglio comunicare l’attualità delle situazioni e per favorire quel processo di simpatica immedesimazione che spesso si innesca nel pubblico.
La strana coppia è un capolavoro di divertimento intelligente, ci darà quindi la possibilità di sfruttare ogni opportunità comica senza remore intellettuali e sono certo che il risultato sarà magnifico.
Francesco Tavassi
MOGLIANO | giovedì 18 marzo 2010
Teatro Apollo
MONTE SAN VITO | venerdì 26 marzo 2010
Teatro Condominale La Fortuna
GRAZIA SCUCCIMARRA
FACCE DI BRONZO
di e con Grazia Scuccimarra
La faccia di bronzo ce l’ha chi compie le peggiori azioni e sembra non accorgersene nemmeno, chi non conosce remore, rimorsi o ripensamenti per quello che fa. “Guarda, come se niente fosse!” è la frase che accompagna solitamente il passaggio di una faccia di bronzo. Chi entra in contatto con loro prova un acuto senso d’impotenza e di frustrazione: vorresti spaccargliela quell’inalterabile faccia di bronzo; ma è di bronzo, appunto e ti farai male solo tu, ti spaccherai qualche osso mentre lei sfilerà via sotto il tuo muso, beffarda. E allora, che fare? Niente. La sola cosa che si può fare è appellarsi alla cara, vecchia, amica ironia, condita con un po’ di sarcasmo, senso del ridicolo e del paradosso, e rovesciare tutto nel vortice di una risata liberatoria. L’unica maniera utile a provocare almeno un graffio su quella dura, liscia, insopportabile faccia di bronzo.
PESARO | venerdì 19, sabato 20 e domenica 21 marzo 2010
Teatro G. Rossini
ELENA BUCCI E MARCO SGROSSO
LA LOCANDIERA
di Carlo Goldoni
regia di Elena Bucci e Marco Sgrosso
L’enorme fortuna di questo testo, studiato nelle scuole e messo in scena da moltissime compagnie, rischia di rendere muti. Possiamo però raccontare di quanto ci siamo divertiti a metterlo in scena, ritrovando le radici della più lucida commedia all’italiana del 900, spiando, attraverso un Goldoni che di certo ne è stato un avido testimone oculare, i segreti dei comici dell’Arte, dei quali sappiamo poco o nulla.
Abbiamo provato ad uscire dalla strada comoda della corretta dizione italiana per avventurarci nelle consapevoli sporcature del dialetto, che hanno immediatamente reso più concrete le battute e più vive le situazioni. Di certo, quando scriveva Goldoni, l’italiano era ancora più colorato di ora.
La scenografia è in gran parte evocata dalle luci di Maurizio Viani, che trasformano un mutevole ma semplice tavolo in una locanda, in una stireria, in una sala d’attesa del crollo di un mondo e del suo modo di vivere, in un vento forte che distrugge e ridimensiona i sogni di libertà e felicità di tutti i personaggi.
L’uso delle ombre invece, senza osare avvicinarsi ai maestri di quest’arte, è per noi nostalgia, mistero, medianica vicinanza con un mondo lontano del quale ci restano immagini, documenti, dipinti, opere, ma che non possiamo più sentire nella sua complessità .
Il suono accompagna lo scorrere delle battute e le pause dei cambi scena come fosse anch’esso scenografia, evocando ambienti opposti a quelli che vediamo, amplificando le stanze e moltiplicando gli attori.
Ci suggerisce lo scricchiolio di una grande nave alla deriva, che forse è anche il nostro mondo d’Occidente.
Le ombre e i suoni denunciano la nostra temporale distanza e la nostra umana vicinanza.
Ancora oggi, un’energica rilettura di questo testo ce ne fa comprendere la fortuna e la perplessità del pubblico che lo vide in scena la prima volta.
Il suo meccanismo perfetto, che muove a tratti la commozione pur facendola brillare tra le risate, non dà alcuna soluzione, ma pone continue domande.
Perchè una donna non può realizzare il suo desiderio di autonomia fondandosi sulla sua capacità lavorativa e sull’indipendenza dei sentimenti?
Sono proprio tanto diverse le donne dagli uomini, sarà sempre guerra tra loro?
Quanto ancora durerà l’illusione di una felicità costruita sulla ricchezza e sul benessere?
Cosa significa accogliere davvero i viaggiatori del mondo?
Svelare le illusioni d’amore ci rende più forti e felici o ci consegna ad un’inestinguibile nostalgia?
E quanto ci protegge dal dolore?
Quanto osservare con spietata ironia i limiti nostri ed altrui ci aiuta a perdonare e ad accettare?
Quanto abbiamo perduto sacrificando una visione del mondo al femminile a favore di una visione del mondo al maschile?
Con intelligenza, civetteria e determinazione, Mirandolina intesse una sottile trama di gesti che confortano grandi paure attraverso la soddisfazione di semplici bisogni quotidiani, nell’illusione di poter ricreare un ordine del mondo a partire dal luogo da lei animato e abitato. Il suo servire ha la dignità e l’incedere di una regina senza titoli, tranne quello che le deriva dalla coscienza della sua capacità imprenditoriale e dallo sguardo attento e libero su quanto la circonda.
E l’ostinata, lucidissima, quasi tenera misoginia del Cavaliere è destinata a sgretolarsi per celebrare il trionfo di un’affascinante donna d’affari la cui grazia è freddo mestiere e che non riesce a salvare il suo sogno di libertà dalle necessità della reputazione e dell’interesse.
Si respira la smisurata solitudine di personaggi in balìa delle proprie ossessioni, non soltanto quella volontaria e misantropa del Cavaliere, ma anche quelle del Marchese e del Conte, amici-nemici-rivali pronti ad improvvisi e fatui cambi di alleanze, o quella attonita di Fabrizio, la cui cieca abnegazione alla padrona avrà per premio un matrimonio senza amore.
Con le comiche Deianira ed Ortensia poi – scivolate per ingenuità o disgrazia ad interpretare una femminilità schiava ed interessata – irrompe nell’intreccio l’ombra fascinosa del grande teatro guitto che Goldoni volle combattere, il teatro delle maschere e dello strapotere degli attori, delle finzioni esagerate e della miseria.
Da una parte vediamo il mondo sicuro del benessere, dall’altro quello rischioso dell’avventura fuori dai canoni, ma entrambi stanno facendo lo stesso viaggio, su una grande nave che scricchiola e sempre più sbanda, sia essa la storia o la vita.
Nonostante la sua fama di riformatore’ del teatro, nonostante i suoi inviti a guardarci dalle lusinghe d’amore, il signor Goldoni, volente o nolente, ci consegna un’opera dalla quale traspaiono insieme tutte le umane complesse debolezze e la disperata e anarchica vitalità del mondo della commedia dell’arte, e lo sguardo dell’autore, che pare condannarle o giudicarle, invece le abbraccia quasi silenzioso, con una lacrima di incanto che non vuole scendere nè asciugarsi.
RECANATI | sabato 20 marzo 2010
Teatro Persiani
COMPAGNIA BOTEGA
PARACASOSCIA. HIP HOPERA!
coreografia e regia di Enzo Celli
Gruppo fra i più amati, con quattro ragazze e sei ragazzi provenienti dalle palestre e dalla Dance street guidati da Enzo Celli. Veri e propri diavoli volanti capaci anche di placarsi in momenti di grande poesia.
Vittoria Ottolenghi
Paracasoscia. Hip Hopera! è il titolo della performance giocata fra hip-hop e danza contemporanea, uno spettacolo arguto ed autoironico che rivisita lo splendido patrimonio lirico nazionale, soprattutto verdiano e rossiniano, con un linguaggio giovane, frizzante, contestuale, tanto energico e vigoroso, quanto sottile e delicato, come le voci liriche rispettivamente maschili o femminili sanno essere.
Un modo nuovo ed estremamente moderno di avvicinarsi all’opera sia da parte del coreografo Enzo Celli che della compagnia Botega che ne interpretano il linguaggio, e soprattutto di far avvicinare al repertorio lirico italiano il pubblico più giovane attraverso un linguaggio che è a loro più proprio.
Paracasoscia (tradotto dal dialetto sembra che soffi’) è un carosello delle arie celebri, appunto, che dal mondo della lirica ‘soffiano’ verso il pubblico travolgendolo con un linguaggio contaminato tra danza, break dance, acrobatica e arti circensi, fuse tra loro in un gioco semi serio.
Paracasoscia vuol giocare con le nostre tradizioni soffiando via’ il peso del tempo.
PEDASO | 21 marzo 2010
Cine teatro Valdaso
TEATRO DEI PICARI
MENECMI
Una strana commedia degli equivoci
da Plauto e Shakespeare, libero adattamento di Francesco Facciolli e G.R. Festa
regia di Francesco Facciolli
Il titolo stesso, forse, smaschera il nostro gioco, il nostro fondere in un unico corpo Menaechmi, di Plauto, e The comedy of errors, di Shakespeare.
Gioco sì. Perchè proprio di un gioco si tratta, e noi come un gioco lo abbiamo trattato. Un gioco molto serio, però: il gioco del Teatro. D’altra parte, nel linguaggio di Shakespeare un’opera teatrale si chiama play , che vuol dire proprio gioco . Lui stesso aveva giocato con Plauto, come molti altri hanno fatto prima e dopo di lui, non certo per caso. il tema dei due fratelli identici e dei conseguenti scambi di persona è una macchina di equivoci e di situazioni infallibile. La comicità che ne scaturisce è così diretta ed istintiva che non ha bisogno nè di ricercatezze nè di mediazioni.
Immaginare Plauto e Shakespeare, seduti al nostro tavolo, che si divertivano con noi a fondere in una sola le due commedie, è stata una tentazione irresistibile.
à così, da un’idea, da un gioco, che sono nati i nostri Menecmi: dalla voglia di scherzare seriamente con due classici del teatro universale.
Le due commedie si fondono così in un’unica atmosfera, in un unico intreccio: nessuna prevale o cede il passo all’altra. Procedono affiancate, sostenendosi e sospingendosi a vicenda.
Il gusto popolare, l’esuberanza verbale, il linguaggio plebeo, sono i mezzi attraverso i quali Plauto ottiene la sua risata grassa, il divertimento gioioso, la comicità farsesca; un tocco di pensosità , di dramma e di poesia è il contributo del Bardo di Stratford upon Avon, il quale, da parte sua, riceve da Plauto ritmo ed efficacia, mentre i suoi personaggi si arricchiscono di naturalezza e spontaneità .
Il testo plautino contaminato da Shakespeare (o il testo di Shakespeare contaminato da Plauto?) ha trovato nuova forza e nuovo vigore; e la sua comicità si è amplificata.
La moltiplicazione dei gemelli, realizzata da Shakespeare (che però l’ha ripresa da Anphitruo, un’altra commedia di Plauto), rende il ritmo più incalzante, l’equivoco plautino più travolgente, e l’intreccio più intrigante, il gioco più complesso e difficile.
E noi? Noi abbiamo mescolato il tutto, immergendo la vicenda nel contesto esotico e fiabesco di Fabula, un’isola immaginaria (e per questo, forse, più reale della realtà ): luogo di esorcismi e di incontri, di incantesimi e di strani eventi.
Fabula è un luogo dove tutto può succedere.
Fa da sfondo un’atmosfera evocativa e surreale che abbiamo creato con le musiche e le danze, al cui ritmo si muovono i personaggi, caratteri estremi; quasi maschere di un’umanità che, ce lo insegna proprio il teatro, attraverso i secoli non è mai veramente cambiata.
Così sono nati i nostri Menecmi, due gocce d’acqua che, prima divise, poi si incontrano, si guardano e stupite si riconoscono E ciò che uno strano destino aveva crudelmente separato, un ancor più strano destino, infine, felicemente ricongiunge.
SANT’ELPIDIO A MARE | domenica 21 marzo 2010
Teatro Cicconi
LUNETTA SAVINO E PAOLO BESSEGATO
45 GIRI
parole d’amore
di Giuseppe Di Leva
regia di Paolo Bessegato
Questo è un spettacolo fatto di frasi e parole che provengono da un periodo e da un mondo, quelli delle canzoni d’amore anni ’60 o giù di lì, che forse sono stati fondativi del nostro modo di esprimerci. Abbiamo scelto di riferirci a canzoni non d’autore, canzoni il cui successo dipende essenzialmente da due motivi: la popolarità dell’interprete e la fedeltà a un codice di parole, immagini, simboli che, seppure con minime variazioni, si ripete costante.
Il tema dominante è l’amore, e le figure di queste canzoni sono ancora le stesse dei libretti d’opera dell’800 o, prima ancora, delle poesie petrarchiste del ‘500 o addirittura delle poesie latine. E in effetti, per questa obbedienza a un lessico e a un tema, tutta la canzone italiana non d’autore fa un po’ l’effetto di un grande Canzoniere che, se accetta a volte parole nuove ( telefono , per esempio) o importate da altre lingue, oppure se si adatta a ritmi esotici e stranieri, rimane tenacemente fedele a se stessa. Lo spettacolo, dunque, mette in scena i giri di frase, i giri di ballo e i giri armonici di quegli anni: un playboy che abborda la bella straniera, una coppia di amanti che si danno appuntamento si amano si tradiscono si lasciano e si riprendono. Ma esibisce anche i testi delle canzoni restituiti come fossero poesie, le poesie del nostro tempo, perchè probabilmente è lì, nel grande repertorio delle canzonette, che la poesia popolare si è nascosta.
MACERATA | lunedì 22 e martedì 23 marzo 2010
Teatro Lauro Rossi
URBINO | mercoledì 24 marzo 2010
Teatro Sanzio
MAIOLATI 25 marzo 2010
GIOVANNI ESPOSITO, ANNA FERRUZZO, ANTONIO MARFELLA, LUNA ROMANI
GIAMPIERO SCHIANO, ANTONIO SPADARO, SIMONE SPIRITO, PINO TUFILLARO
MORSO DI LUNA NUOVA
Racconto per voci in tre stanze
di Erri De Luca
regia di Giancarlo Sepe
Tratto dal testo di Erri De Luca, Morso di luna nuova affronta il periodo tragico vissuto dai napoletani durante la seconda guerra mondiale, quando la città era stretta tra i rastrellamenti dei tedeschi e i bombardamenti degli alleati, in quell’estate del 1943 che culminò con l’insurrezione popolare delle Quattro Giornate di Napoli.
Dentro uno dei tanti rifugi sotterranei, si incrociano le vite dei due giovani amici Biagio e Armando con quelle di Gaetano, il portiere dello stabile, della moglie Rosaria e la figlia Elvira, del generale a riposo e dei due lavoratori Emanuele e Oliviero. Straordinaria l’efficacia dei loro dialoghi nei quali si alternano battute tendenti a sdrammatizzare ad altre che, senza rinunciare all’ironia straniante, di pari passo la tramutano in agghiacciante cronaca.
Il cuore dello spettacolo è questo: una Napoli prima distratta, in cui ognuno pensa ai fatti suoi, e che quando però identifica un male che può aggredirla, ecco scattare una solidarietà incredibile, quel legame speciale che rende forte il suo popolo. Giancarlo Sepe
I protagonisti del libro sono persone, non personaggi. Hanno facce e voci che mi sono state tramandate da mia madre. Nei suoi incubi, però, non c’è il fragore dei bombardamenti ma il suono della sirena, che dava l’allarme, spezzava i sonni e costringeva tutti a scappare nei rifugi… Morso di luna nuova è nulla più che l’atto di un erede al quale sono stati affidati in lascito quei racconti. Erri De Luca
Da vedere assolutamente. [Franco Quadri, “la Repubblica”]
MACERATA | lunedì 22 marzo 2010
Teatro Don Bosco
MONTEGRANARO | mercoledì 24 marzo 2010
Cineteatro La Perla
SAN BENEDETTO DEL TRONTO | giovedì 25 marzo 2010
Teatro Concordia
Compagnia Naturalis Labor
CHICKEN
meccaniche di volo per animali da cortile
coreografia e interpretazione Silvia Bertoncelli, Marta Bevilacqua
musiche Nostalgia 77, Pietro Baldi
allestimenti scenici Fabio Cummaudo
costumi Erica Miconi, Silvia Bertoncelli, Marta Bevilacqua
luci Luca Diodato
Danzatrici che si trasformano in galline in uno spettacolo divertente e ben danzato
Un’aia, voliere, tinozze, stivali da campo e due figure pennute sulla scena.
Un duetto imprevedibile. Due danzatrici che si trasformano in galline e lo spettatore partecipa alla triste fine di quegli ovetti che poi diventeranno adulti e che finiranno nel nastro trasportatore.
C’è poesia, c’è ironia in questo scalcinato allevamento di polli e galline.
Come degli aeromobili più pesanti dell’aria, le due figure razzolano, becchettano, si inseguono.
Spettacolo di danza riservato alle Scuole
CIVITANOVA MARCHE | giovedì 25 marzo 2010
Teatro Cecchetti
LES BALLETS TROCKADERO DE MONTE CARLO
LES BALLETS TROCKADERO DE MONTE CARLO
classici en travestie
Fondati nel 1974 da un gruppo di appassionati di danza che si divertivano a mettere in scena in modo scherzoso il balletto classico tradizionale presentandolo in parodia e en travestie, Les Ballets Trockadero de Monte Carlo presentano i loro primi spettacoli Off-Off-Broadway a tarda sera. Ben presto, i Trocks, come vengono affettuosamente chiamati, si sono guadagnati un’ottima recensione di Arlene Croce sul New Yorker ; questa, insieme alle successive entusiastiche critiche sul New York Times e sul The Village Voice , permise loro di conquistare il consenso del pubblico e della critica.
A metà del 1975, il loro amore nei confronti della danza, il loro approccio comico e la scoperta che gli uomini riescano a danzare sulle punte senza cadere rovinosamente a terra, viene notato non solo a New York ma ben oltre. Articoli ed interviste pubblicati su Variety , Oui , The London Daily Telegraph e le foto di Richard Avedon su Vogue , rendono la compagnia famosa a livello nazionale ed internazionale.
Le numerose tournèe dei Trocks ottengono ovunque un enorme successo di pubblico e critica. Il loro frenetico programma include sei tour in Australia e Nuova Zelanda, ventitre tournèe in Giappone (dove i loro abituali tour estivi sono un vero e proprio cult con tanto di fan club), nove tour in Sud America, tre in Sud Africa e cinquantadue tournèe in Europa. Negli Stati Uniti, la compagnia è diventata una presenza costante del circuito dei college e dell’università , in aggiunta a spettacoli effettuati regolarmente nelle città di tutti i 50 stati. La Compagnia si è esibita in oltre 30 paesi e in 500 città in tutto il mondo a partire dalla sua fondazione nel 1974.
In tutti questi anni lo scopo originario de Les Ballets Trockadero de Monte Carlo non è cambiato. La Compagnia è sempre e comunque formata da ballerini (uomini) professionisti che si esibiscono nell’intera gamma del repertorio di balletto e di danza moderna, nel pieno rispetto delle regole canoniche del balletto classico tradizionale. L’aspetto comico nei loro spettacoli viene raggiunto esagerando le manie, gli incidenti ed esasperando le caratteristiche tipiche della danza seria. Vedere degli uomini danzare in tutti i ruoli possibili – con i loro corpi pesanti che delicatamente si bilanciano sulle punte come cigni, silfidi, spiritelli acquatici, romantiche principesse, angosciate donne vittoriane, ecc. – valorizza lo spirito della danza come forma d’arte, deliziando e divertendo i più colti ma anche il pubblico meno preparato.
GROTTAMMARE | giovedì 25 marzo 2010
Teatro delle Energie
GIANFRANCO D’ANGELO E IVANA MONTI
UN GIARDINO DI ARANCI FATTO IN CASA
di Neil Simon, adattamento di Mario Scaletta
regia di Patrick Rossi Gastaldi
Un giardino di aranci fatto in casa è una commedia che affronta il tema attualissimo dei rapporti padri-figli con sentimento, ironia e, soprattutto, grande divertimento. A rappresentarla due interpreti d’eccellenza: Gianfranco D’Angelo e Ivana Monti.
La vicenda parla di un famoso sceneggiatore, Michael, divorziato ed in crisi esistenziale. Ha una compagna, Hilary, che tenta amorevolmente di spronarlo per farlo ritornare alla brillantezza di un tempo. Ha anche un amico, Ted, vicino di casa invadente che invano cerca di smuoverlo dalla sua pigrizia creativa. All’improvviso arriva nella vita di Michael come un uragano Jenny, sua figlia che non vedeva da diciotto anni. Il burrascoso incontro rivela, oltre a delusioni e rivendicazioni, uno scontro generazionale che si esprime con un linguaggio attuale, colorito e diretto.
Le battute di comicità fulminante, l’umorismo acido o brillante sono quelli della vita quotidiana. Jenny lo metterà comunque di fronte alle sue responsabilità di padre e pian piano si insinuerà nella sua vita con la naturalezza e l’entusiasmo di una ragazzina. Ed è una scoperta reciproca. I due parlano molto, si raccontano in un turbinio di sensazioni che consentono ad entrambi di ritrovarsi nei rispettivi ruoli, ma soprattutto come individui.
Lo spettacolo vuole trattare un problema reale, e parlarne assieme al pubblico, dimostrando che una soluzione, affidata all’intelligenza alla buona volontà e alla capacità di sorriso, è sempre possibile e può ricomporre solitudini e tessuti sociali lacerati.
Dopo il tema dell’integrazione razziale e matrimonio misto di Indovina chi viene a cena (record d’incassi per due stagioni), Gianfranco D’Angelo e Ivana Monti si ritrovano quindi ad affrontare un altro testo attualissimo, uscito dalla penna di Neil Simon, uno dei maggiori commediografi viventi. Le sue opere (con centinaia di repliche a New York) vengono tradotte e rappresentate in tutto il mondo, facendo di lui uno dei più rappresentati commediografi. Ha iniziato la sua carriera come autore televisivo ed ha al suo attivo più di 40 commedie rappresentate Broadway sin dal 1961 che vanno dalle commedie umoristiche degli anni ’60 (A piedi nudi nel parco, La strana coppia, Appartamento al Plaza) ai lavori più introspettivi e autobiografici degli anni ’70 e ’80 (Il prigioniero della Seconda Strada, Capitolo secondo, Biloxi Blues, Risata al 23 piano). Ha scritto inoltre numerosi libretti di opere musicali e sceneggiature cinematografiche ed ha dato voce con le sue opere alla cosiddetta middle-class americana, dipingendo i suoi personaggi come uomini-medi spesso insicuri e paurosi, attraverso intrecci di sicuro effetto comico e brillante.
SAN BENEDETTO DEL TRONTO | venerdì 26 e sabato 27 marzo 2010
Teatro Concordia
Teatro Stabile delle Marche
in collaborazione con AMAT
ETI
nell’ambito del progetto Nuove Sensibilità
in collaborazione con
Officina Concordia Comune di San Benedetto del Tronto
Teatro Comunale di Chiaravalle
IF I WAS MADONNA
di e con Alessandro Sciarroni
Il mio spettacolo non è un concerto rock convenzionale, ma la versione teatrale della mia musica. E come il Teatro, pone questioni, provoca pensieri e conduce attraverso un viaggio emozionale. ( ) Comprende il bene e il male, la luce e le tenebre, gioia e dolore, redenzione e salvezza. ( ) Non voglio imporre uno stile di vita, ma descriverne uno. Madonna, intervista rilasciata all’aeroporto di Ciampino, Roma, messaggio diretto alla Cei, 1991.
Tra gli anni Settanta e gli anni Novanta, le ricerche artistiche hanno considerato il corpo, come la zona di confine dell’ identità , dell’ibridazione fra l’io e l’altro, fra una cultura e l’altra, fra il reale e il virtuale. à l’identità il campo d’azione dell’arte. Corpi e identità che vogliono somigliarsi, corrispondersi, nelle mutazioni, nei flussi, nelle alterità di scambio e incontro, di opere e di testi. Corpi come schermi di identità mutanti (Francesca Alfano Miglietti, Identità Mutanti, Costa & Nolan, 1997). Cindy Sherman, Pierre & Gilles, Yasumasa Morimura e tanti altri artisti hanno operato in questa direzione all’interno dell’elitario mondo dell’arte contemporanea, ma parte di questa ricerca è riuscita ad invadere anche la cultura di massa. Regina indiscussa di questo fenomeno, è stata la cantante pop Madonna.
“Ho scelto di partire dalla figura di Madonna Ciccone per il desiderio di dimenticarla subito dopo e di lavorare con attori che abbiano delle caratteristiche fisiche molto diverse fra loro e soprattutto molto diverse dal corpo della cantante. Non m’interessa dare un giudizio di valore artistico, sociologico, o storico rispetto al fenomeno. M’interessa creare un allegoria intorno alla poetica di una cantante pop, che negli anni è riuscita a convertire in realtà un enorme affresco utopico – come ogni prodotto pop in genere. Dice Alessandro Sciarroni.
In If I was Madonna in effetti, la figura della pop star funziona come se fosse una lingua scritta da tradurre, da convertire. Come in un dizionario , in cui da un lato viene presentato il linguaggio iconografico e biografico della cantante, mentre dall’altro vi è la traduzione che ne dà Sciarroni attraverso la presentazione di azioni, suoni, relazioni e immagini. Alla vocazione pop della donna di successo, viene contrapposta quella concettuale dell’artista/performer.
La figura di Madonna viene messa in scena come se si trattasse di un classico teatrale da tradurre attraverso i linguaggi della contemporaneità . La performance è strutturata come un lungo videoclip che prende in esame i temi salienti della poetica della pop star. In questo spettacolo però, la cantante non ha nessun controllo sulla regia e soprattutto al suo posto come performance artist c’è qualcun altro (tre uomini di età differenti, una giovane ragazza disabile fisica, una donna e una bambina). Lo spettatore che non conosce la biografia personale ed artistica della Signora Ciccone, non risente della mancanza di queste nozioni. Si trova dinanzi ad un’opera originale, inedita, poichè il lavoro si muove attraverso il difficile territorio dell’identità . Attraverso qualcosa che riguarda ognuno di noi.
ASCOLI PICENO | sabato 27 e domenica 28 marzo 2010
Teatro Ventidio Basso
ENRICO BRIGNANO
SONO ROMANO MA NON à COLPA MIA
Reduce dallo strepitoso successo teatrale e televisivo, Brignano, torna in scena con uno show che dà voce a sentimenti ed emozioni. Brignano riflette ad alta voce, dà corpo ai ricordi di famiglia ma di una famiglia allargata, che risalendo di nonno in nonno, arriva fino a nonno Romolo, primo re di Roma. Ma fuori dal nido degli affetti familiari, anche di quelli più lontani nel tempo, ce n’è per tutti, nessuno escluso: tempo di bilanci, di riflessioni e di speranze per il futuro, con un’ispirazione sempre educata a volte surreale e mai volgare, con uno spettacolo che ha come unica grande pretesa, quella di far trascorrere una serata divertente.
CORRIDONIA | sabato 27 marzo 2010
Teatro Velluti
DAVID ANZALONE
TARGATO H
di David Anzalone, Alessandro Castriota, Luca Ardenghi, Paolo Severini
regia di Alessandro Castriota
27 marzo 09 ore 18
Palazzo Persichetti
ASPETTANDO TARGATO H
incontro con la compagnia
un’iniziativa Amat / plate@viva
ingresso gratuito
L’incontro con David Anzalone, sia a teatro che in televisione, su internet o tra le pagine di un libro, è un’esperienza dirompente perchè fa dell’handicap una insolita materia comica. Racconta gli equivoci quotidiani su handicap e normalità senza far leva su facili moralismi o astuzie perbeniste. Anzi, la sua arma è un concentrato di sagacia, di osservazione e riflessione, di capovolgimenti e inattesi colpi sull’ottusità con cui ci accontentiamo di pensare la normalità e di giudicare le cose palesemente diverse.
Targato H è uno spettacolo comico in cui si tratta il tema dell’handicap. Il filo conduttore è il costante ribaltamento in chiave ironica delle concezioni comuni che si hanno nei confronti dell’handicap e dell’handicappato. Contro-mono-logo quindi, ovvero il rifiuto di ogni strumento di omologazione e di qualsiasi pretesa di targare il diverso. All’interno del monologo teatrale, oltre al tema centrale, si può trovare molto altro: nascita, amore, ricerca delle proprie origini, affermazione della propria dignità .
Targato H contro-mono-logo è la rappresentazione della consapevolezza di chi guarda in faccia alla realtà , la chiama con il proprio nome e per questo ne esce vincente, contro quella cultura caritatevole che genera il pregiudizio. Dalla narrazione del quotidiano, rielaborato in chiave comica, scaturisce la risata che demolisce la classificazione castrante tra normalità e anormalità e fa riflettere sulle iniquità che albergano nella vita di tutti i giorni.
PORTO SANT’ELPIDIO | sabato 27 marzo 2010
Teatro delle Api
CHIARAVALLE | domenica 28 marzo 2010
Teatro Comunale Valle
GIULIO SCARPATI E BOB MESSINI
TROPPO BUONO
di Nora Venturini e Marco Presta
regia di Nora Venturini
Racconti, aneddoti, confessioni e riflessioni. Con incursioni poetiche e musicali negli autori che, per affinità , si intrecciano con le esperienze confessate e anche con il nostro presente.
Uno spettacolo di musica e parole per parlare dell’attualità , ma anche del passato prossimo, prendendo in giro i nostri difetti, debolezze, meschinità .
Giulio Scarpati si racconta e ci racconta, con leggerezza e ironia, in un gioco che parte dal concetto di bontà , segno distintivo di un modo d’essere, ma anche etichetta e condanna a cui si è legati a vita, in un ribaltamento tragico in cui la bontà da valore si trasforma in marchio d’infamia .
Attraverso i diversi registri dell’ironia, della poesia e della passione, il discorso parlato si intreccia con la musica, con le canzoni più amate, duetti e scherzi musicali, brani poetici e racconti, da Gozzano a Jovanotti, da Gaber a Dostojeskij
In scena, con Giulio Scarpati, Bob Messini, attore-musicista che, oltre ad accompagnarlo al pianoforte, duetta con lui, spalla spiritosa, complice,e vittima degli eccessi di bontà
Sullo sfondo un grande schermo avvolge il protagonista con giochi di luce, ma soprattutto arricchisce gli interventi musicali con video creati apposta per i brani, alcuni ironici, altri toccanti e commoventi, rendendo lo spettacolo emotivamente coinvolgente anche dal punto di vista visivo
SAN SEVERINO MARCHE | sabato 27 marzo 2010
Teatro Feronia
LORETO | domenica 28 marzo 2010
Palacongressi
GEPPY GLEJESES E GENNARO CANNAVACCIUOLO
DITEGLI SEMPRE DI Sà
di Eduardo De Filippo
regia di Geppy Glejeses
L’unicità assoluta che troviamo in questo piccolo capolavoro che è Ditegli sempre di sì è che Michele Murri, il protagonista, è un pazzo vero. Per rimanere agganciato a quella realtà che gli sfugge da ogni lato, Michele rifiuta la metafora, la parafrasi, l’allegoria: le parole devono corrispondere a un dato reale, a situazioni esistenti. Se un personaggio gli dice: “sono morto”, egli invia subito al fratello un telegramma di condoglianze, se una fanciulla non ha nè padre nè madre (è orfana) Michele si domanda “e chi l’ha fatta?”. Michele ci fa ridere tanto, ma noi ridiamo di una “vera disgrazia”. E lo straniamento derivante dalla sua diversità , nella mia interpretazione diventa tic linguistico, non balbuzie, ma disco rotto o incantato, ripetizione ossessiva, quasi a ricordare che il linguaggio di un folle rispecchia la sua angoscia e la sua sofferenza. Tutto ciò avviene in un contesto storico di normalizzazione essenziale per la dittatura fascista che rifiutava ed emarginava il diverso.
Accanto alla follia di Michele, c’è poi la diversità del giovane Luigi Strada, il suo specchio ustorio (non a caso interpretato da mio figlio Lorenzo), un “pericolo per la Società “, mezzo attore, medico, artista, letterato, uno “stravagante”, nell’epoca in cui la stravaganza era una minaccia per l’ordine costituito. La sorella di Luigi, Teresa, è descritta come “mancante di qualche rotella”, è al limite della normalità , maniaca dell’ordine e probabilmente asessuata, qui interpretata dal mio compagno d’avventura Gennaro Cannavacciuolo.
Agli occhi di Michele il mondo è tutto “a capa sotto”, fuori dalle quattro mura che lo proteggono ho chiesto letteralmente allo scenografo Paolo Calafiore di costruirmi un panorama rovesciato: il cielo è sotto le case rovesciate e il sole tramonta salendo.
C’è un confine drammaturgico in Ditegli sempre di sì e noi abbiamo deciso di andare fino in fondo: dopo un’ora e mezza di risate (a volte amare) e di segnali inquietanti, il testo vira e trascolora nel dramma. Il grande teatro napoletano del secolo scorso funziona così: si ride e si piange, passando da una scena all’altra, a volte da una frase all’altra nella stessa battuta.
Ho avuto una Compagnia meravigliosa in cui ci sono attori di due o tre generazioni e confronti padri-figli, non solo io e Lorenzo ma anche Gigi De Luca e suo figlio Gino. Con tutti loro e con i miei collaboratori abituali ho cercato di fuggire la convenzione non per snobismo ma perchè Eduardo amava essere interpretato, mai imitato. “La fine è il vero inizio” diceva. Abbiamo la sua eredità universale che ci vuole non falsari ma autonomi creatori. Geppy Gleijeses
MATELICA | domenica 28 marzo 2010
Teatro Piermarini
GIANRICO TEDESCHI, MARINELLA LAZLO, WALTER MRAMOR
LE ULTIME LUNE
di Furio Bordon
regia di Furio Bordon
Le ultime lune, scritto da Furio Bordon nel 1992, ha ricevuto il Premio IDI nel 1993, ed è stato portato al successo nella Stagione 1995/1996 da Marcello Mastroianni. à stata la sua ultima interpretazione da molti definita leggendaria e grazie alla quale il testo è stato conosciuto e apprezzato dal pubblico e dalla critica in tutto il mondo: nei quattro anni successivi dodici traduzioni e altrettanti allestimenti hanno replicato all’estero il successo dell’edizione italiana. A Bruxelles Le ultime lune ha vinto il Prix de Theatre come migliore spettacolo dell’anno, a Santiago del Cile ha ottenuto la nomination come migliore testo, a Madrid la critica lo ha accolto unanimemente come una delle più belle commedie scritte negli ultimi anni e giudizi analoghi si sono ripetuti in molte altre città europee e americane. Oggi Le ultime lune torna in Italia per una precisa scelta del suo autore il quale, assumendosi anche la responsabilità della regia e presentando per la prima volta il testo nella sua versione integrale, lo affida alla genialità di un altro grande interprete: Gianrico Tedeschi. Dall’incontro con questo straordinario uomo di teatro è maturata nell’autore la decisione di riprendere una commedia che sembrava non più proponibile in Italia dopo la memorabile edizione con Marcello Mastroianni. Non è stata una decisione facile, ma è nata nel modo giusto, nel segno di una grande stima per l’interprete di oggi e di un grande affetto, da noi tutti condiviso, per l’interprete di ieri.
JESI | sabato 27 marzo 2010
Teatro Studio Valeria Moriconi
MONTECAROTTO | domenica 28 marzo 2010
Teatro Comunale
OSTRA | mercoledì 31 marzo 2010
Teatro La Vittoria
ASSOCIAZIONE MALTE
WERTHER PROJECT
residenza teatrale per attori non professionisti di origine africana
di Sonia Antinori, dal romanzo epistolare I dolori del giovane Werther di G. W. Goethe
Werther Project è il titolo del progetto ideato da Sonia Antinori, pluripremiata esponente della drammaturgia italiana contemporanea, ospitato nei teatri di Jesi, Montecarotto ed Ostra e nato dalla collaborazione di MALTE con Cohabitat/Assessorato alla Cultura della Provincia di Ancona e AMAT, in coproduzione con Scompagina 3 e con il sostegno di Fondazione Pergolesi Spontini, Centro Valeria Moriconi, Assessorato all’Integrazione del Comune di Jesi, Assessorati alla Cultura dei Comuni di Maiolati Spontini, Ostra e Staffolo, CIS, Loccioni.
Sonia Antinori traspone nel nostro tempo il romanzo epistolare I dolori del giovane Werther di Johann Wolfgang Goethe, trasformando le lettere del protagonista in altrettanti sms o e-mail, indirizzati, come nell’originale, all’amico e confidente Guglielmo. Il linguaggio rotto dei moderni sistemi di comunicazione diviene qui il corrispettivo formale del discorso frammentato che infuria nella testa del protagonista innamorato di un’immigrata africana, mentre a ricoprire la parte dell’amico sarà chiamato (nello scambio epistolare del prologo) ogni singolo spettatore, coinvolto in un vero e proprio gioco di ruolo, amplificato come per effetto di specchi moltiplicatori. Da gennaio, per alcuni mesi, gli spettatori testimonieranno così in presa diretta il viaggio di questo Werther contemporaneo, cinico e inquieto, duro e disperato, nella crudele regione del vero sentire.
Come sono cambiati i rapporti umani più significativi nel quadro mutante dato dall’evoluzione tecnologica e dalla nuova società multietnica? I sociologi parlano di un epoca vuota e disincantata, dalle relazioni liquide. I fondamentali umani sono cambiati? Ha ancora significato parlare d’amore nel senso di struggimento, tensione, assoluto a cui ci ha allenato la letteratura? E di amicizia come di una comunione di anime? O i rapporti si sono definitivamente adattati alle regole di scambio che governano il pianeta? Esiste un liberismo sentimentale? E se ogni relazione è possibile, qual è l’amore impossibile oggi? Questi i quesiti che animano Werther Project.
Werther Project è scritto e diretto da Sonia Antinori. La mediazione interculturale con i partecipanti al laboratorio è curata da Stefania Scuppa, il training attorale da Fausto Caroli, Lucia Mascino e Fiorenza Montanari. Gli interpreti sono: Ciryelle Ahounan, Ruddi Amon, Magaye Cisse, Agnes Faye, Christiane Oumy Sene, Dramane Sylla, Mamadou Sylla, Dominique Tshisende, Nsima A. Udo-Umoren. I costumi sono di Stefania Cempini e il disegno luci di Francesco Dell’Elba.
SAN GINESIO | domenica 28 marzo 2010
Teatro Leopardi
LA PICCIONAIA – I CARRARA
SOGNO DI UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE
di William Shakespeare
regia di Carlo Presotto e Ketti Grunchi
I preparativi per le nozze di Teseo ed Ippolita sono turbati dai contrasti tra i quattro innamorati Lisandro, Ermia, Demetrio ed Elena, le cui inclinazioni non corrispondono ai matrimoni cui sono destinati.
Nel frattempo una improbabile compagnia di dilettanti sta preparando una commedia da presentare come omaggio alle nozze dei nobili Teseo ed Ippolita. I contrasti tra gli amanti e la ricerca di tranquillità per le prove degli attori portano tutti i protagonisti a darsi appuntamento nel bosco al limite della città .
Ma si tratta di un bosco incantato dove i contrasti tra il re degli elfi e la regina delle fate provocano un turbine di apparizioni e sorprese, in una notte in cui nessuno riconosce più se stesso.
Tra comici equivoci e magiche sorprese la notte trascorre come un sogno, al termine del quale sarà difficile distinguere le visioni dalla realtà . Un grande racconto fantastico sulla realtà e l’illusione, in cui la leggerezza del gioco apre inaspettati squarci di verità attraverso i quali gli spettatori possono riflettersi nei personaggi.
I registi Ketti Grunchi e Carlo Presotto si incontrano con un gruppo di sette artisti eccentrici, ognuno con il suo particolare sapere scenico, per intraprendere un viaggio nella magia di una tra le grandi macchine teatrali shakespeariane, Sogno di una notte di mezza estate, aprendo così una nuova fase nella storia di teatro popolare d’arte della compagnia.
Dalla Piccionaia, una versione giovane e scattante del suggestivo e magico Sogno di una notte di mezza estate . [Lino Zonin, “Il Giornale di Vicenza”]
OSIMO | martedì 30 marzo 2010
Teatro la Nuova Fenice
CATERINA MURINO, PAOLO CALABRESI E PIETRO SERMONTI
DONA FLOR E I SUOI DUE MARITI
liberamente tratto dal romanzo Jorge Amado
regia e drammaturgia di Emanuela Giordano
Dona Flor è una dolce e pudica creatura sposata in prime nozze con un adorabile mascalzone, giocatore e sciupafemmine, alla cui morte si risposa con un affettuoso, devoto e morigerato farmacista. Ma presto scopre che il suo appetito d’amore non si può saziare con un solo marito. Ce ne vogliono due e per un idillio perfetto occorre mettere insieme il meglio di entrambi: onestà e premure da una parte, fantasia ed erotismo dall’altra.
Lo spiritello vivace del primo amore si intrufola nel letto del secondo legittimo marito regalando a Dona Flor l’illusione di una pienezza altrimenti irraggiungibile. E la sua sprovveduta predisposizione all’amore senza calcolo le fa accettare uno spregiudicato e imprevedibile mènage à trois.
Il capolavoro di Amado è un affresco corale: tanti sono i personaggi che si affollano per i vicoli poveri del Pelorinho, quartiere popolare di Bahia dove la vita si consuma tra la gente.
Questa trasposizione teatrale affida a Dona Rosilda, madre di Dona Flor il ruolo della regina della notte, provocatrice sfacciata e comica, archetipo della scalatrice sociale, e alle tre amiche di Dona Flor il compito di coro narrante .
Empatiche alchimie di umori altalenanti, le vicende della protagonista si contrappuntano alle ricette della cucina bahiana di Dona Flor e i sette attori in scena raccontano l’esilarante e struggente metafora dei nostri più segreti desideri.
PORTO SAN GIORGIO | martedì 30 marzo 2010
Teatro Comunale
MARCO CACCIOLA, ANNIBALE PAVONE, MAURIZIO RIPPA, MASSIMILIANO SPEZIALI
LE NUVOLE
di Aristofane, traduzione di Letizia Russo
regia di Antonio Latella
Le nuvole sono tutto e non sono niente,sono i nostri desideri e le nostre paure, le nostre gioie e i nostri orrori, e diventano tutto ciò che vogliamo ma non potranno mai essere, mai esistere, eppure sono indistruttibili, come i pensieri, le idee [ ]. Il giuoco del Teatro si moltiplica in questa commedia umana, la porta della conoscenza si è fatta minuscola, varcarla è impegnativo ma è dietro a quel cancello di velluto rosso che si imparano i trucchi della finzione, a bluffare sulla verità o a saperla riconoscere [ ]. Questa commedia antica non mette in scena un personaggio ma l’ICONA di un PERSONAGGIO, che ha nome SOCRATE e il luogo che lo ospita, il PENSATOIO, è il vero personaggio con il quale Strepsiade si deve confrontare: un luogo non luogo, uno spazio che ha porte da varcare ma non ha pareti, una stanza dove il Maestro può sospendersi nell’aria, lontano dalla banalità della forza di gravità ; solo così può pensare, riflettere, creare, preparare discorsi giusti e ingiusti, un luogo dove l’inafferrabile diventa forma ma resta incomprensibile per il suo continuo mutare essenza. Il Pensatoio, vero protagonista che non è maschile nè femminile, non può essere, come ironicamente Aristofane fa dire a Socrate, nè pollastro nè pollessa. [ ]. Agli attori il grande compito di coccolarci e di farci pensare, tra le pause di una risata. Un gioco buffo, semplice e pericoloso, come un tuffo nel vuoto; senza RETE. . Antonio Latella
MACERATA | 31 marzo 2010
Teatro Lauro Rossi
Teatro Rebis
DI UNA SPECIE CATTIVA
drammaturgia Eleonora Sarti
con Silvia Sassetti
regia Andrea Fazzini
musiche Paolo Marzocchi
sonorizzazione Stefano Sasso
tecnico luci Stefano Giaroni
tecnico audio Andrea Lambertucci
scenotecnica Nicola Bruschi
coordinamento coreografico Yumiko Yoshioka
assistenti di scena Meri Bracalente, Lorenzo Pennacchietti
foto e grafica Marco Di Cosmo
organizzazione Silvia Castellani
Di una specie cattiva è un poema lirico per movimenti lunari e voce ricomposta, ispirato all’universo poetico di Sylvia Plath, e soprattutto al rapporto “squilibrato”, ferocemente sincero che la poetessa americana “sopportava” con la propria vita, e più in particolare con la propria maternità .
Maternità agognata, rifiutata, maternità disperata, maternità prematurata, maternità maledetta. Ma il riferimento all’universo umano e simbolico della Plath reppresenta anche un transfert artistico ideale per un’indagine sulle dinamiche dell’ispirazione, sulle torture dell’ambizione, sulla complessa inafferrabilità del linguaggio velato, della comunicazione sottile.
Spostare l’obbiettivo dalla falsa ovvietà della “santa madre” legata da amore incondizionato ai propri figli, alla difficile relazione che una donna si sforza di interpretare, di risolvere, di “contrattare” con il proprio corpo in trasformazione, con la propria vita in dipendenza.
Soffermarsi sulle sonorità della vergogna, sui silenzi della rabbia, sulle lontanze della parola – tracciare un percorso in fragile dissoluzione di movimenti colti nel loro tremore interno.
Questi sono i punti di partenza per indagare liricamente, con un linguaggio d’astrazione, “sfigurativo”, le implicazioni di una vita segnata dalla poesia e dalla lotta per proteggerne il respiro e la dignità .
Info:
071.2072439
www.amat.marche.it
(Redazione)