“Tutta casa, letto e chiesa”: la condizione femminile in tutte le sue forme
di Elena Bartolucci
20 Dic 2017 - Commenti teatro
Porto San Giorgio (FM) – Ha preso il via la stagione di prosa 2017/2018 del Teatro Comunale di Porto San Giorgio con Tutta casa, letto e chiesa, uno spettacolo senza tempo in grado ancora oggi di portare in scena con cinismo e ironia un tema quanto mai attuale: la donna e il suo (dover) essere contemporaneamente madre, amante o schiava.
Questa pièce fu portata in teatro per la prima volta nel 1977 dalla grandissima Franca Rame, la quale cavalcò certamente l’onda delle lotte del movimento femminista di quell’epoca, eppure va sottolineato con grande amarezza quanto questo testo sia ancora così attuale.
Può sembrare strano ma il protagonista assoluto di questo monologo è in realtà il grande assente sulla scena: l’uomo e la sua presenza scomoda e spesso anche fin troppo prepotente.
Valentina Lodovini riesce comunque a tenergli testa, vestendo in modo stupefacente i panni di quattro donne tanto diverse ma con cui tutte le spettatrici in sala si possono identificare.
“Una donna sola”: una casalinga logorroica che ama parlare di sé con la vicina mentre è tenuta tutto il giorno in ostaggio in casa sua dal marito tiranno e deve pure fronteggiare un maniaco telefonico, un guardone dirimpettaio e un cognato che allunga le mani. La sua semplicità conquista immediatamente regalando numerose risate in sala.
“Abbiamo tutte la stessa storia”: una donna sensuale e indipendente, che non riesce comunque a non sottomettersi al suo uomo, con il quale vengono introdotti alcuni temi importanti come l’uso della pillola e l’aborto.
“Il risveglio”: la terza donna presentata, invece, è una mamma operaia, stressata dal lavoro in fabbrica, dalla famiglia e dallo stesso marito in camera da letto.
“Alice nel paese senza meraviglie”: un’Alice che diventa sinonimo di tutte le donne che devono sempre apparire perfette ed essere belle a tutti i costi. Un contesto surreale che regala un disincantato epilogo.
Le battute più divertenti si concentrano soprattutto nella prima parte mentre lentamente il pubblico assiste a un cambiamento di luci e registro, dove l’uso di sguardi, smorfie e ammiccamenti lascia spazio a giochi di parole sempre più acuti, battute taglienti e dal sapore amaro.
Uno spettacolo ironico ma di denuncia al tempo stesso, capace di far riflettere su come ci sia ancora molto da fare per risollevare la condizione femminile.
Il monologo porta la firma di Dario Fo e Franca Rame, mentre i costumi sono di Sandra Cardini, il disegno luci di Alessandro Barbieri, il movimento scenico di Silvia Perrelli, la scenografia di Chiara Amaltea Ciarelli, le musiche di Maria Antonietta, l’aiuto regia di Rachele Minelli e la regia di Sandro Mabellini.