“Tosca” firmata dallo Studio Fuksas alle Terme di Caracalla


di Alma Torretta

20 Lug 2024 - Commenti classica

La “Tosca” dell’Opera di Roma alle Terme di Caracalla non convince nella messa in scena. Al contrario, ottimo il livello del cast, a cominciare dai protagonisti Carmen Giannattasio, Saimir Pirgu e Claudio Sgura.

(ph Fabrizio Sansoni)

Sembra quasi che un lembo del nuovo Centro Congressi di Roma all’Eur, conosciuto come “la nuvola”, ideato da Massimiliano Fuksas, si sia adagiato sulle rovine delle Terme di Caracalla per accogliere le prime due opere – Tosca e Turandot – del cartellone estivo dell’Opera di Roma. La cifra stilistica dell’allestimento è chiaramente quella che caratterizza il famoso architetto e il suo studio che per la prima volta si cimentano anche nell’opera, e la minimalista e poco originale proposta scenica non convince tutti e soprattutto non funziona altrettanto bene per i due titoli entrambi affidati al regista Francesco Micheli e al suo team creativo, con la drammaturgia affidata a Alberto Mattioli.

Se l’allestimento è funzionale all’idea di base di Turandot, vedi precedente recensione (https://www.musiculturaonline.it/ottima-turandot-alle-terme-di-caracalla-di-roma/), in Tosca invece l’impressione è di scene troppo vuote, d’insufficiente corredo di riferimenti architettonici e oggetti scenici spesso solo mimati in modo goffo, malgrado anche qui si utilizzi la bianca superficie, e quella delle rovine, per fare abbondante ricorso a proiezioni e giochi di luci come in Turandot, le belle luci sono di Alessandro Carletti ed i video di Luca Scarzella, Michele Innocente e Matteo Castiglioni. Soprattutto si susseguono scritte in latino che servono a contestualizzare in modo sommario i tre atti – nella basilica di Sant’Andrea della Valle, di Palazzo Farnese e A Castel Sant’Angelo – e quasi a catalogare i diversi momenti di sviluppo del dramma, con effetto un po’ troppo didascalico.

E si chiama in ballo pure il neorealismo, la famosa scena di “Roma città aperta” in cui viene uccisa Anna Magnani che corre dietro il suo uomo catturato, ma se è vero che si aggiunge dramma al dramma moltiplicando l’emozione, le immagini di quella scena sono così potenti che distraggono dai cantanti anche perché proiettati distanti. Utilizzo del film di Rossellini che spiega come mai Tosca passi da abiti dalle fogge ottocentesche, a quelli neri con gonna al ginocchio, appunto, del tempo della Magnani ma una tale mescolanza di stili e riferimenti temporali in questo caso appare un po’ trotto una forzatura.

I costumi di Giada Masi sono uno dei punti deboli di questa nuova produzione, potrebbero essere belli in sé ma nell’insieme non sono d’effetto e anche la grande sfilata del Te Deum visivamente appare un po’ depotenziata. Tra l’altro, stranamente a Palazzo Farnese il vestito di Tosca è dello stesso colore di quello di Scarpia senza che se ne comprenda la ragione, se ce n’è una.

Si è cercato di innovare un po’ la trama, ma i cambiamenti introdotti appaiono superficiali, quali far spogliare Scarpia fino a farlo restare a torso nudo e spingere la scena dell’amplesso estorto più avanti dell’usuale, forse in tal modo dovrebbe sembrare un atto più moderno, oppure non si comprende la ragione di sostituire la fucilazione con un colpo di pistola dopo aver tirato a sorte chi doveva sparare.

Un vero peccato una tale regia e drammaturgia così poco inventiva perché il cast è di livello, pur con i limiti acustici di un teatro all’aperto e con amplificazione. Il tenore Saimir Pirgu, bel timbro caldo, canta con la necessaria passione la parte di Mario Cavaradossi, e la sua famosa aria “E lucean le stelle” è di grande dolcezza e malinconia, davvero un ricordo struggente dei momenti di passione trascorsi con la sua Tosca. Pirgu si alternerà con Vittorio Grigolo e Arsen Soghomonyan.

Nel ruolo di Floria Tosca due specialiste del ruolo: nelle prime recite è il bravo soprano Carmen Giannattasio che interpreta bene tutto il temperamento geloso del personaggio e che canta pure poi assai bene i famosi dolenti versi di “Vissi d’arte’, si alternerà nel ruolo con Sonya Yoncheva.

Nella parte di Scarpia, fa bene il baritono Claudio Sgura che si alternerà con il pure bravo Roberto Frontali.

Il baritono Domenico Colaianni riesce a dare rilievo più del solito alla figura del Sagrestano, completano il cast Saverio Fiore come Spoletta e Vladimir Sazdovski come Angelotti. Ben evidenziato il pastorello che canta in romanesco, è Marcello Leonardi e si alternerà con Francesco Cicciarello.

Sul podio il maestro Antonino Fogliani guida con sicurezza la brava Orchestra, bene pure il Coro, diretto da Ciro Visco, con la partecipazione dei giovani della Scuola di Canto Corale del Teatro dell’Opera di Roma.

I movimenti coreografici di Mattia Agatiello sono eleganti ma aggiungono poco all’insieme.

Alla Terme di Caracalla sino al 9 agosto.

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