Teatro Classico Antico di Urbisaglia


di Alberto Pellegrino

11 Ago 2013 - Senza categoria

Teatro: Recensioni

La XXI edizione del Teatro Classico Antico di Urbisaglia si è aperta il 19 luglio nel segno della rivisitazione del grande teatro di Aristofane attraverso la chiave di lettura del cabaret e della commedia plautina. Ha inaugurato la stagione uno spettacolo di Mario Perrotta drammaturgo regista e attore quarantenne che, nel pieno della sua maturità artistica, rappresenta ormai uno dei punti di riferimento del nuovo teatro italiano. Dopo aver partecipato come attore a una serie di importanti spettacoli, inizia il suo percorso personale nell'ambito del teatro di narrazione, ma apportandovi sostanziali varianti formali e stanziali. Dopo il successo riportato con le due parti dello spettacolo Italiani cingali (Minatori in Belgio e La turnà ta) incentrato sull'emigrazione italiana del dopoguerra, continua con Emigranti Exprèss (15 puntate prodotte dalla Rai Radio 2) e prosegue la sua ricerca teatrale con Odissea la cui versione definitiva debutta alla fine del 2007 e riceve il Premio Hystrio alla drammaturgia (2009). Nel 2008 allestisce lo spettacolo Prima Guerra sulle drammatiche vicende del popolo trentino nella prima guerra mondiale; quindi nel 2009 vara il progetto triennale Trilogia dell'individuo sociale basato sulla rilettura di tre classici: Il Misantropo di Molière, I Cavalieri di Aristofane e il futuro Bouvard et Pècuchet di Falubert.
Nello spettacolo I Cavalieri Mario Perrotta e cinque bravissimi attori (Donatella Allegro, Giovanni Dispenza, Lorenzo Anasaloni, Paola Roscioli e Maria Grazia Solano) declamano, interpretano, cantano e danzano, chiusi nei loro frac neri per raccontare l'Italia di oggi vista attraverso il filtro di Aristofane. Dice all'inizio Mario Perrotta: Questo non è Aristofane, questo è Aristofane rovistato e scorretto. Questa è una scorrettezza continua, è una fotografia scattata a sorpresa, senza preavviso à un Aristofane preso a prestito, quando serve, altrimenti bastiamo noi . Tutto si muove ai ritmi e secondo le modalità del cabaret dall'aria un po' truce, mantenendo soprattutto la veemenza politica e un po' scurrile del vero Aristofane per scattare la fotografia di un paese complice del potere, di un popolo mai diventato nazione ormai incapace di indignarsi, di sacrificarsi, di reagire, dominato dalle televisioni del signore del telecomando , che inveisce contro gli extracomunitari, che si vanta di non pagare le tasse, che spesso cede alla violenza individuale, che sceglie a proprio rappresentante un macellaio per farne un uomo di governo che lo rappresenti al meglio. Tra insulti di massa, pressappochismo e qualunquismo, appare la figura del politico che dice: Mi sento solo nel Parlamento, c'è un gran silenzio che fa spavento. In questo vuoto che è pneumatico, non c'è più niente di democratico . Invano, inseguendo l'ultima utopia le donne tentano di conquistare il potere per poi cede alle lusinghe del sesso e della vita comoda, per cui questo spettacolo divertente e amaro si chiude ritornando ai toni bassi della quotidianità : la rabbia diminuisce, le invettive si addolciscono, perchè è meglio minimizzare, lasciar correre, campare alla giornata, quello che conta veramente è mangiare, fottere, arraffare, bere e cacare .
Il 23 luglio è andata in scena La commedia dei gemelli, un adattamento dei Menaechmi capolavoro assoluto del teatro di Plauto che scrive questa divertente fabula atellana si basa sulla semplice ma geniale invenzione del doppio (poi replicata in un numero infinito di opere teatrali) in un vertiginoso gioco degli equivoci determinati da due gemelli perfettamente identici che non si conoscono e non s'incontrano mai e il divertimento nasce dal fatto che il pubblico conosce tutto, mentre i personaggi non sanno niente e questo crea una serie infinita di malintesi che si sciolgono nel finale con l'immancabile lieto fine. Per questo spettacolo il regista Ted Keijser ha scelto per dare unitarietà al tutto da un lato la fisicità degli attori che devono esprimere tutta la gioia e la forza della commedia plautina finalizzata alla risata liberatoria; dall'altro la musicalità che deve guidare il ritmo della parola, del corpo, del coro e dello spazio. à nato in questo modo uno spettacolo essenziale ed efficace, ottimamente interpretato da Massimo Venturiello (capace di stupire e magnetizzare il pubblico) con al fianco un gruppo di attori e dotati di un'ottima formazione teatrale.
La stagione si è conclusa il 27 luglio con Il sogno di Lisistrata, uno spettacolo sotto forma di cabaret affidato alla regia di Stefano Artissunch, autore di una riscrittura scenica che ha preso come base la Lisistrata di Aristofane dove attraverso lo sciopero del sesso le donne riescono a ricattare i guerrieri ateniesi e spartani, riuscendo a porre fine alla interminabile guerra del Peloponneso. Inoltre di testo è stato rimpolpato con brani aristofaneschi tratti da Pluto, Le rane, Le Nuvole, Gli Uccelli, Le Vespe e con alcune considerazioni morali di Eschilo che riflettono il pensiero del commediografo ateniese. Nella sostanza lo spettacolo riflette quelli che sono gli elementi forti del teatro di Aristofane (potere, sesso, denaro e politica) che vengono criticati e derisi attraverso la fantasia, il rovesciamento della realtà , l'immersione in atmosfere oniriche, anche se il regista a scelto la chiave interpretativa del cabaret che non sminuisce il valore dei testi originali ma ne evidenza la contemporaneità . Questa messa in scena, che rappresenta un colto e raffinato viaggio nella poetica di Aristofane. à stato ottimamente interpretato da Debora Caprioglio e dallo stesso Artissunch , affiancati da Stefano Tosoni, Gian Paolo Valentini e Angelo Maresca. Al loro fianco troviamo pupazzi e fantocci che interagiscono con i protagonisti contribuendo a creare un'atmosfera di magia che valorizza parole, gesti e immagini. La parte musicale dello spettacolo risulta quanto mai efficace, in quanto riecheggia le musiche di Kurt Weill e la colonna sonora del film Cabaret di Bob Fosse. La scenografia si articola su tre piani rialzati dove gli attori possono sviluppare al massimo l'azione scenica ed esasperare il dinamismo giocoso dell'insieme: una scena bianca e compatta dove passato e presente possono incontrarsi per fare da contenitore ad una satira implacabile, e corrosiva che aggredisce la società e la Polis senza limiti di tempo.
(Alberto Pellegrino)


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