SferisterioMacerataOpera 2005


27 Giu 2005 - News classica

La Francia allo Sferisterio

La Francia vista dall'Italia. Questo è l'elemento di fondo che lega tra loro, come una sorta di sotterraneo leitmotiv, le diverse opere rappresentate nella stagione lirica maceratese del 2005. Nello splendido Teatro Lauro Rossi e all'interno della grandiosa cornice architettonica dello Sferisterio, le cui forme neoclassiche sembrano riecheggiare, in seno alla provincia italiana, quella dimensione artistica di respiro europeo e internazionale propria della civiltà d'oltralpe, lo spettatore ha l'opportunità di intraprendere un viaggio a ritroso nella cultura francese dalla Rivoluzione al novecento storico attraverso quattro tappe che ne segnano il riflesso nella produzione lirica italiana fra l'ottocento e l'epoca contemporanea.
Nella prima tappa del percorso, che ha inizio al Teatro Lauro Rossi, capolavoro tardo barocco del grande architetto Antonio Galli Bibbiena, Marco Tutino offre una personale lettura musicale de Le bel indiffèrent di Jean Cocteau nell'ambito di un unico evento teatrale che unisce la sua composizione a Les mammelles de Tirèsias di Francis Poulenc, opera buffa tratta dall'omonima pièce teatrale di Guillaume Apollinaire. Un riconoscimento alla creatività di un compositore italiano fra i più acclamati del momento e un omaggio speciale all'arte di Cocteau, Poulenc e Apollinaire, tre grandi francesi protagonisti della cultura del novecento europeo. Il percorso prosegue allo Sferisterio con il Don Carlo di Verdi, scritto originariamente in cinque atti per Parigi nel 1867 come opera francese col titolo di Don Carlos e in seguito rielaborato in quattro atti su traduzione italiana per l'esecuzione scaligera del 1884. Questa seconda versione, proposta all'attenzione del pubblico dello Sferisterio, costituisce il frutto maturo dell'assimilazione della cultura operistica francese da parte del genio di Verdi, che nel Don Carlo riesce a fondere la spettacolarità del grand-opèra, genere di punta della vita teatrale parigina dell'ottocento, con l'essenzialità del melodramma italiano, creando così un modello in grado di imporsi in ambito internazionale. Le altre due tappe del percorso, infine, pongono in primo piano il periodo storico compreso fra la Rivoluzione francese e l'epoca napoleonica. Con l'Andrea Chènier, dramma incentrato sulla figura dell'omonimo poeta francese, uno dei maggiori del settecento illuminista, Giordano porta sulla scena con grande realismo le glorie e gli orrori della Francia giacobina, mentre con la Tosca di Puccini, tratta da un lavoro teatrale di successo del drammaturgo francese Victorien Sardou rappresentato a Parigi nel 1887, i riflettori si accendono sulla Roma papalina del primo ottocento, durante le violente repressioni contro i liberali filonapoleonici seguite alla caduta della Repubblica Romana nel 1799.
L'intero percorso culturale, reso vivo e palpitante dalla forza interpretativa di grandi artisti di livello internazionale, verrà inoltre supportato da una serie di iniziative storico-culturali riguardanti le opere in programma che creeranno occasioni di ulteriore approfondimento conoscitivo per il pubblico della stagione, invitato a godere, nella bella e accogliente città di Macerata, di un'esperienza artistica di grande fascino e suggestione.
(Il Direttore Artistico: Katia Ricciarelli)

Conferenza stampa di Roma: la parola ai protagonisti

E' veramente un bel cartellone. Non avrei saputo fare di meglio. Popolare, ma non banale, che non è la stessa cosa . Gli apprezzamenti sinceri fanno sempre piacere. Se, poi, provengono da uno dei più grandi compositori italiani, come Marco Tutino, sono da considerarsi vangelo. Il Maestro ha aperto così il suo intervento alla conferenza stampa organizzata venerdì scorso a Roma, precisamente nella sede della Regione Marche, per la presentazione della Stagione lirica 2005 allo Sferisterio.
Nè il caldo nè l'impianto d'aria condizionata in tilt per l'improvviso black-out della via hanno scoraggiato i trenta e più giornalisti della stampa nazionale e di settore presenti. Nessuno si è perso una parola, soprattutto, perchè le parole cariche di suggestione provenivano dagli stessi protagonisti delle opere in cartellone. Oltre alle autorità politico-istituzionali, a cominciare dal Sindaco di Macerata, Giorgio Meschini, il dirigente del servizio cultura della Regione Marche, Raimondo Orsetti, e il direttore commerciale per l'area di Roma della Banca delle Marche, Angelo Capozzi, erano presenti alcuni dei principali fautori delle messe in scena, che hanno potuto fornire gustose anticipazioni dei prossimi spettacoli.
Ad aprire le danze è stato, naturalmente, il direttore artistico Katia Ricciarelli, che ha spiegato brevemente le scelte effettuate per la quarantunesima edizione. L'anno scorso abbiamo sofferto un calo di spettatori ha osservato -, che ha interessato non solo noi, ma tutti gli enti operanti nel settore lirico nell'ambito di una crisi generale. Sono stata contenta, però, di notare che avevamo a che fare con un pubblico di qualità . Quest'anno, stiamo già avendo riscontri molto incoraggianti anche in termini di quantità .
Le attrattive non mancano. Ci sarà solo l'imbarazzo della scelta, ma si può sempre optare per un buon abbonamento. L'inaugurazione spetta a Le bel indiffèrent, in scena al Lauro Rossi. E' la prima volta che mi confronto con un'opera non in lingua italiana – ha rivelato il suo autore, Marco Tutino, che ha ripreso un testo scritto da Jean Cocteau per Edith Piaff nel 1940 -. La musica assume atmosfere contrastanti, via via che l'azione costringe la protagonista a cambiare il registro dei suoi stati d'animo . Il monologo lirico farà coppia con Les Mamelles di Tirèsias. E' un'opera geniale, piena di humor, molto surrealista, visto che è basata su un libretto di Apollinaire , la descrive il regista di entrambi gli spettacoli, Pier Luigi Pizzi, da poco proclamato vincitore del premio Una vita per la musica Arthur Rubinstein . Sua sarà anche la regia di Andrea Chènier. Mi ha conquistato per la bellezza delle musiche e il fascino dei personaggi. Nessuno si aspetti, quindi, la solita paccottiglia rivoluzionaria ha sottolineato Pizzi -. Non ci saranno nè ghigliottine nè sans-culotte. Ho scelto i cantanti più credibili per i ruoli che andranno ad interpretare. Lo spettacolo sarà basato essenzialmente su di loro, in una scena che andrà denudandosi man a mano .
Per il Don Carlo, invece, la descrizione della messa in scena è stata affidata al suo regista, Lorenzo Fonda. E' uno spazio quello dell'arena dello Sferisterio. Quell'enorme muro sarà il limite insormontabile contro il quale andranno alla fine ad infrangersi i sogni di Don Carlo, Filippo, Rodrigo e tutti gli altri personaggi. Ho scelto di esaltare le psicologiche, liberandole da qualsiasi datazione storica .
Infine, Deda Cristina Colonna, coreografa e collaboratrice del regista Antonio Latella, ha illustrato il progetto per Tosca. Trasparenza è la parola chiave, come il pavimento di vetri rotti sul quale si muoverà la protagonista, simbolo di fragilità e dolore. Abbiamo voluto accentuare la dialettica tra sacro e profano, attorniando l'eroina di dodici angeli-danzatori. Ognuno di loro commenterà le vicende di Tosca e Mario Cavaradossi a suo modo, secondo la propria personalità , diversamente da come accade in un coro greco, nel quale le risposte sono date tutte ad una sola voce .

Teatro Lauro Rossi 15, 17 luglio 2005
Marco Tutino
Le bel indiffèrent
Melologo in un atto dalla pièce omonima di Jean Cocteau. Edizione Sonzogno.
Prima esecuzione assoluta.
Mezzosoprano: Monica Bacelli.
Francis Poulenc
Les mammelles de Tirèsias
Opera buffa in un prologo e due atti su libretto proprio, tratto dall'omonimo dramma di Guillaume Apollinaire. Edizione Heugel S.A.
Interpreti: Elena Rossi (Tiresia), Luca Canonici (Il marito), Alfonso Antoniozzi (Gendarme Direttore).
Direttore: Guillaume Tournaire;
regia, scene e costumi: Pierluigi Pizzi;
orchestra e coro: Statni Opera di Praga.
Due opere diverse per stile, struttura drammatica e atmosfera espressiva unite insieme da un unico filo conduttore: la donna, fra natura e civiltà , ribellione e dedizione, grandezza morale e fragilità .
Le bel indiffèrent. In scena due soli personaggi: una donna che parla per tutto il tempo e un uomo che non le risponde mai e se ne sta muto e indifferente. Lei lo attende fino a tarda notte, angosciata per le sue abitudini libertine, e quando finalmente l'uomo giunge comincia ad accusarlo di ogni colpa, passando dall'ira feroce al disprezzo, dal sarcasmo alla freddezza, senza accorgersi però che nel frattempo lui si è addormentato nascosto dietro ad un giornale. Al suo risveglio, l'uomo fa per andarsene nuovamente mentre la donna, pentita, cerca di trattenerlo implorando il suo perdono e giurandogli eterno amore. Su questa particolarissima situazione drammatica si basa il melologo di Marco Tutino Le bel indiffèrent, dall'omonima pièce di Cocteau scritta nel 1940 per Edith Piaf. In esso il compositore conferisce una straordinaria espressività al complesso testo letterario francese sottoponendo un unico materiale musicale di base, compatto e coeso come lo è l'impianto strutturale del dramma, ad un incessante processo di metamorfosi che sottolinea puntualmente i continui cambiamenti di stati d'animo della protagonista.
Les mammelles de Tirèsias. Da un lato, una musica di ascendenza colta contaminata dal jazz e dal music-hall, antiromantica e antiaccademica, dissacratoria, ricercatamente superficiale , sospesa con sprezzante leggerezza fra effetti grotteschi, slanci lirici e depressioni malinconiche. Dall'altro, un testo surreale, costruito sull'assoluta libertà combinatoria del poeta che, come un demiurgo, azzera le leggi dello spazio e del tempo per ricreare sulla scena una nuova dimensione, fatta di miraggi, di ardite scomposizioni e di associazioni illogiche, ma, in definitiva, più reale del mondo visibile. Dalla fusione di entrambi nasce la prima opera teatrale di Poulenc: Les mammelles de Tirèsias (Parigi, 1947), tratta dall'omonimo dramma surrealista di Apollinaire ispirato, con irriverente ironia, al mito greco dell'indovino Tiresia, l'unico uomo che, diventato donna e tornato di nuovo uomo per volere degli dei, abbia sperimentato il sesso e l'amore dal punto di vista sia maschile, sia femminile. La violenta polemica antifemminista di Apollinaire, riversata con accenti di volgarità e cattivo gusto sul personaggio della casalinga Teresa che, stanca di essere donna, si libera delle proprie mammelle e diventa uomo col nome di Tiresia per poi pentirsene alla fine, si trasforma in mano a Poulenc in un'occasione di irresistibile comicità e al tempo stesso di sottile riflessione sulle debolezze umane. La sua musica, imperniata sulla forza espressiva di una linea melodica che, sotto l'apparente facilità , cela tutta la ricchezza di toni e di forme della secolare tradizione francese, amplifica il carattere buffo delle parole e insieme conferisce uno spessore umano agli assurdi personaggi del dramma, trasformandoli da inquietanti marionette in figure rappresentative di un'umanità disorientata che sembra aver perso definitivamente la coscienza della propria natura.
Per questo interessante dittico inaugurale Pier Luigi Pizzi ha disegnato, all'interno della cornice classica del Teatro Lauro Rossi, un ambiente unico per i due titoli, senza interruzione tra l'uno e l'altro, quasi a testimoniare con lo spazio scenico la continuità ideale dell'azione drammatica e del tessuto musicale. Un grande omaggio alla musica francese ed ai suoi colori, fedelmente riprodotti nei diversi elementi che compongono l'allestimento, in un equilibrio cromatico perfetto, come altrettanto perfetto appare l'equilibrio musicale delle due partiture.

Arena Sferisterio 16, 24 luglio / 6, 13 agosto 2005
Giuseppe Verdi
Don Carlo
Opera in 4 atti, versione con testo italiano di Angelo Zanardini dell'originale Don Carlos in 5 atti su libretto francese di Joseph Mèry e Camille Du Locle tratto dalla tragedia di Friedrich Schiller Don Carlos, Infant von Spanien. Edizione Ricordi.
Direttore: Gustav Kuhn;
regia, scene e costumi: Lorenzo Fonda (da un'idea di Katia Ricciarelli);
interpreti: Andrea Silvestrelli / Nicola Ghiuselev (Filippo II), David Sotgiu (Don Carlo), Vladimir Stoyanov (Rodrigo), Edmund Toliver / Andrea Silvestrelli (Il Grande Inquisitore), Michela Sburlati (Elisabetta di Valois), Tiziana Carraro (La Principessa di Eboli).
Coro Lirico Marchigiano V. Bellini.
Orchestra Filarmonica Marchigiana.
Uno spesso drappeggio di voci e suoni di tenebra animato dall'eccezionale dinamismo di una forma musicale aperta al divenire e ai trapassi psicologici dei personaggi: questa è l'inconfondibile cifra stilistica del Don Carlo (Parigi, 1867 versione italiana in 4 atti: Milano, 1884). Essa è espressione diretta dell'idea che soggiace agli aspri conflitti tra liberalismo e oscurantismo, amore e ragion di Stato inscenati nel dramma: il naufragio dei grandi ideali romantici nell'oscura mutevolezza della realtà . Filippo II, il personaggio che più di ogni altro incarna questa idea, è un essere solo, dilaniato dal dissidio fra le leggi del potere e le necessità degli affetti personali. Non ha nè luce nè ordine interiore e, di conseguenza, i suoi pensieri hanno un carattere musicale cupo e una forma mutevole: nel suo celebre assolo Ella giammai m'amò egli non canta una vera e propria aria organizzata in strutture sintattiche chiuse e regolari, bensì un intreccio di declamato e arioso dove linee melodiche di eccezionale espressività si spostano liberamente dal canto all'orchestra secondo un procedimento che, in modo non dissimile dalla declamazione wagneriana, risponde alla necessità interiore del personaggio e non a schemi formali preconcetti. Una novità nell'opera italiana dell'epoca, destinata ad esiti sorprendenti in Otello e Falstaff. La consequenzialità con cui nel Don Carlo è realizzata l'idea drammatica di fondo permette a Verdi di inquadrare la vicenda all'interno delle grandiose strutture del grand-opèra di Meyerbeer senza per nulla allentare la fortissima tensione del dramma. Ciò che all'epoca fu ingiustamente giudicato uno scaltro compromesso con la tradizione operistica francese per puro opportunismo di carriera, rappresentò invece per Verdi un'importante occasione di evoluzione artistica in direzione di Aida e di Otello. Nel Don Carlo il suo genio trasformò l'ipertrofica spettacolarità di Meyerbeer in un elemento funzionale all'azione scenica: nell'ampio arco drammatico teso fra la preghiera del monaco sulla tomba di Carlo V e la meditazione di Elisabetta presso la stessa tomba nell'ultima scena dell'opera, un momento di grandiosa spettacolarità come l'auto-da-fè non è altro che l'immagine tangibile di quella vanità della pompa e degli apparati ideologici di fronte alla complessità insondabile della realtà Tu che le vanità conoscesti del mondo , canta Elisabetta nella sua aria finale su cui si impernia tutto il Don Carlo.
L'idea dominante di Lorenzo Fonda è quella di rappresentare il capolavoro verdiano come in una grande tela pittorica. Il dramma si snoda attraverso un susseguirsi di immagini forti, dove il disegno e il colore hanno grande rilievo e dove ogni situazione, precisamente indicata dal libretto dell'edizione di Milano del 1884, è collocata in un ambiente cronologicamente indefinito ma, al tempo stesso, reale e concreto, così come concrete, quasi tattili, sono le tinte delle quali il pittore-scenografo si è servito per dipingere il suo quadro.

Arena Sferisterio 23 luglio / 5, 10, 12 agosto 2005
Umberto Giordano
Andrea Chènier
Dramma di ambiente storico in 4 quadri su libretto di Luigi Illica. Edizione Sonzogno.
Direttore: Pier Giorgio Morandi;
regia, scene e costumi: Pierluigi Pizzi;
interpreti: Marcello Giordani / Steven Harrison (Andrea Chènier), Marco Di Felice (Carlo Gèrard), Raffaella Angeletti (Maddalena di Coigny).
Coro Lirico Marchigiano V. Bellini.
Orchestra Filarmonica Marchigiana.
Il valore artistico di Andrea Chènier (Milano, 1896) non consiste tanto nell'originalità del linguaggio musicale, i cui elementi più significativi – la fluidità armonica, la soppressione delle barriere tra recitativo e aria, gli effetti coloristici – hanno origine altrove, quanto piuttosto nell'efficacia con cui Giordano adatta un codice linguistico d'uso comune ad un singolo caso drammatico che si distingue nel panorama del melodramma di fine ottocento per una sua peculiarità : quella di essere un'opera di contenuto sostanzialmente romantico (sebbene adattato al gusto sentimentale borghese) ma di carattere verista. Il personaggio di Chènier, ruolo tenorile su cui poggia tutta l'opera, presenta molti tratti in comune con la figura dell'eroe del primo romanticismo: poeta della Rivoluzione Francese, crede nei nobili ideali della libertà , della patria, dell'arte e dell'amore opponendosi senza cedimenti a tutte le ingiustizie, sia quelle compiute dal ceto aristocratico a danno del popolo, sia quelle perpetrate dai sanguinari tribunali rivoluzionari contro uomini innocenti; ma soprattutto è pronto a sacrificare la vita per difendere quegli ideali, esaltando la propria morte e quella della donna amata come un sublime atto di catarsi, quasi di redenzione. D'altro canto, l'agile taglio drammatico della vicenda che si articola in quattro quadri di immediata evidenza rappresentativa, la descrizione meticolosa dei dettagli ambientali, la profusione di effetti realistici di forte impatto emotivo e la caratterizzazione popolare, se non addirittura plebea, di certi personaggi appartengono pienamente al gusto verista. Questa singolare fusione di romanticismo e verismo, unita alla scelta di un soggetto storico che inscena fatti anteriori di circa un secolo rispetto all'epoca della composizione del dramma, produce, pur nell'ambito di uno svolgimento unitario, una grande varietà di situazioni e, di conseguenza, una caratterizzazione musicale assai articolata, la quale, mutando senza soluzione di continuità dall'aulico al popolare, dal sublime al pittoresco, dalla distesa cantabilità alla serrata frammentazione dialogica, è alla base del fascino indiscusso dell'opera e della sua forte presa emotiva sul pubblico di ogni epoca.
Ancora una volta, dopo la memorabile edizione dello scorso anno de Les Contes d'Hoffmann, Pier Luigi Pizzi ha scelto di confrontarsi con l'architettura neoclassica dello Sferisterio e, per la prima volta nella sua prestigiosa carriera, con un'opera mai affrontata: Andrea Chènier. Lo spettacolo, volutamente essenziale e minimalista nelle scelte scenografiche, non lascia spazio, come in tutte le produzioni di Pizzi, a null'altro che a forme perfette e ad eleganti elementi architettonici, in un progressivo svuotarsi dello spazio scenico, fino alla nudità dell'ultimo atto, che esprime appieno il dramma della musica di Giordano.

Arena Sferisterio 31 luglio / 4, 7, 11, 14 agosto 2005
Giacomo Puccini
Tosca
Opera lirica in 3 atti su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa dal dramma di Victorien Sardou La Tosca. Edizione Ricordi.
Direttore: Carlo Palleschi;
regia: Antonio Latella;
scene e costumi: Emanuela Pischedda;
interpreti: Paoletta Marrocu / Francesca Rinaldi (Floria Tosca), Valter Borin / Alberto Jelmoni (Mario Cavaradossi), Alberto Mastromarino / Alessandro Paliaga (il Barone Scarpia).
Coro Lirico Marchigiano V. Bellini.
Orchestra Filarmonica Marchigiana.
Forse la dote più straordinaria di Puccini è quella di riuscire a fissare sin dall'inizio, in modo infallibile, l'atmosfera e il colore drammatico di un'azione scenica. Nella maestosa sequenza ascensionale di pesanti accordi orchestrali con cui si apre Tosca (Roma, 1900), quasi un gesto visivo di prepotente minaccia, e nella seguente rapida discesa per semitoni cromatici, immagine musicale di un crollo e di una fuga, Puccini concentra, come in un simbolo, tutta l'essenza dell'opera: il potere oscuro e violento di Scarpia, la fuga dei perseguitati politici, la devastazione della passione amorosa, il colore rosso scuro della Roma ottocentesca, denso di erotismo e sovraccarico di profumi di storia. Nel dispiegamento dell'azione il compositore espande questo densissimo simbolo sonoro in una vasta gamma di tinte drammatiche diverse, ottenute grazie ad una tecnica sopraffina che si avvale in modo originalissimo delle più avanzate conquiste del linguaggio musicale dell'epoca innestate nel corpo della secolare tradizione melodica italiana. Nello stesso tempo egli inscena musicalmente la vicenda di Tosca riducendo la varietà delle situazioni drammatiche e la capricciosa mutevolezza umorale della sanguigna protagonista ad un comune denominatore: la teatralità . Una dimensione che coinvolge non solo la cantante-attrice Tosca tutto in lei è spontaneo e nel contempo teatrale, dai gesti alla vocalità ma anche l'azione drammatica nel suo insieme, che in alcuni casi si sdoppia persino, producendo, con effetto straniante, una sorta di teatro nel teatro. Così accade nell'impressionante scena della falsa-vera fucilazione, che si svolge su tre dimensioni teatrali sovrapposte e contemporanee: l'esecuzione del condannato, la messinscena dei due protagonisti, la tragica scoperta dell'inganno, che sulla scena si verifica a posteriori, ma che Puccini genialmente anticipa a livello di oscura premonizione attraverso la musica: un'allucinante marcia militare dal passo lento e trascinato, simile a quello di una marcia funebre, che sembra rappresentare, al di là dell'azione visibile, il passaggio invisibile della morte stessa, cui nessun essere umano, per quanto si affanni come Tosca nel cercare di ingannarla, riesce a sfuggire.
La scelta di affidare Tosca ad Antonio Latella, nome di spicco nel panorama teatrale italiano ed europeo soprattutto per le sue ardite scelte interpretative, nasce dalla volontà di leggere lo spazio Sferisterio come contenitore ideale per sperimentare nuove forme e nuovi segni espressivi nel rispetto totale della musica, punto di partenza e di arrivo di ogni spettacolo. La sua Tosca, infatti, si muove in uno spazio teatrale molto particolare, sollevato dal piano del palcoscenico a creare una dimensione onirica, quasi astratta, capace di rendere percepibile, con grande essenzialità , quel misto di sacralità e di amore che alimenta il dramma dell'eroina pucciniana.

Arena Sferisterio Macerata 2005

La stagione lirica maceratese ha come straordinario contenitore lo Sferisterio, una delle opere-simbolo del tardo Neoclassicismo europeo progettata dall'architetto Ireneo Aleandri (1795-1885) che rappresenta uno dei vertici dell'architettura neoclassica del Centro Italia, autore fra l'altro di numerosi teatri (San Severino Marche, Ascoli Piceno, Sant'Elpidio a Mare, Spoleto, Pollenza). Edificio “pubblico” voluto da cento benemeriti cittadini maceratesi, lo Sferisterio venne inaugurato nel 1829 come stadio destinato al gioco del pallone al bracciale, sport diffusissimo nelle Marche dove si affermò il conte Carlo Didimi, a cui Leopardi dedicò l'ode A un vincitore nel pallone.
L'impianto venne usato anche per altri scopi, (corride, spettacoli circensi, parate militari) e nel 1921-22 per la rappresentazione di due opere (Aida e La Gioconda). Per ritornare a questa tradizione nel 1967 si decise di dare vita a delle stagioni liriche, iniziando con un Otello interpretato dal grande Mario Del Monaco. Da quel momento le stagioni si sono succedute fino all'attuale quarantunesima e sull'immenso palcoscenico maceratese sono passati grandi cantanti come June Anderson, Fedora Barbieri, Carlo Bergonzi, Sesto Bruscantini, Renato Bruson Monserrat Caballè, Josè Carreras, Franco Corelli, Luciana D'Intino, Placido Domingo, Tito Gobbi, Alfredo Kraus, Magda Olivero, Rolando Panerai, Ruggero Raimondi, Katia Ricciarelli (attuale direttore artistico), Renata Scotto, Cesare Siepi, Luciana Serra, Lucia Valentini Terrani; grandi direttori d'orchestra come Lorin Maazel, Franco Mannino, Daniel Oren, Giuseppe Patanè, Claudio Scimone, Giuseppe Sanipoli. L'Arena Sferisterio si è sempre distinta per il rilancio del melodramma inteso in senso più moderno di teatro in musica e per questo molte messe in scena sono state affidate a grandi registi e scenografi come Mauro Bolognini, Roberto De Simone, Franco Enriquez, Enrico Job, Ken Russel, Henning Brockhaus, Josef Svoboda, Hugo De Ana, Pier'Alli Daniele Abbado, Pier Luigi Pizzi
Memorabili sono stati nell'ultimo ventennio La Boheme di Ken Russel (1984), la Traviata di Josef Svoboda (1992) vincitrice del Premio Abbiati per la Critica Musicale, assegnato anche nel 1996 alla Turandot di Hugo De Ana. Nel 1998 lo spettacolo “Giacomo mio, aiutiamoci” di Giorgio Battistelli ottiene il Premio Riccione TV. Nel 1999 il basso Michele Pertusi e il soprano Fiorenza Cedolins risultano vincitori del Premio Award della Lirica rispettivamente per l'interpretazione delle opere Oberto conte di San Bonifacio e Madame Butterflay. Nel 2003 il Premio Speciale Abbiati della Lirica viene assegnato a Henning Brockausen per l'ideazione e regia di El Cimarròn.
Dal 1993 le stagioni liriche sono organizzate dall'Associazione Arena Sferisterio Teatro di Tradizione Macerata ed hanno visto affluire sempre un numeroso pubblico nazionale e internazionale, che confluisce a Macerata con mezzi propri o pullman organizzati. Ritornano quest'anno i Treni della Lirica sui percorsi Rimini-Macerata, Pescara-Macerata, Perugia-Macerata. L'Associazione si avvale di strutture musicali stabili come l'Orchestra Filarmonica Marchiana e il Coro Lirico Marchigiano “V. Bellini”, di tecnici, maestranze teatrali, personale di sala residenti sul territorio e formatisi professionalmente nel corso degli anni. Sono previste agevolazioni didattico-culturali promosse unitamente all'Università degli Studi di Macerata, le scuole superiori, l'Accademia di Belle Arti, varie associazioni culturali e umanitarie per favorire la massiccia partecipazione di giovani, anziani e categorie socialmente disagiate.
Oltre alla Stagione lirica Macerata offre allo spettatore la possibilità di visitare lo storico Palazzo Ricci che ospita una delle più belle collezioni di arte italiana del Novecento, proprietà della Fondazione della Cassa di Risparmio della Provincia di Macerata, una rete di musei archeologici, pinacoteche, monumenti architettonici e di 23 splendidi teatri storici diffusi su tutto il territorio provinciale, uno splendido paesaggio cantato da poeti, narratori e pittori marchigiani, una gastronomia di prima qualità , buone strutture d'accoglienza, la possibilità di poter contemporaneamente assistere agli spettacoli del Teatro Classico nell'affascinante anfiteatro romano di Urbisaglia, di Civitanova Danza, del Festival di musica da camera di Camerino. Inoltre quest'anno il Premio per la Nuova Canzone d'Autore, organizzato dall'Associazione “Musicultura”, ha spostato la propria sede da Recanti all'Arena Sferisterio.
La Stagione 2005 si apre con un appuntamento culturale particolarmente qualificante ospitato nel Teatro Lauro Rossi, progettato nel 1771 da Antonio Galli Bibiena, composto da Les mamelles de Tirèsias di Poluenc-Apollinaire, opera rarissimamente rappresentata in Europa con la regia di Pier Luigi Pizzi; Le bel indifferent di Jean Cocteau con le musiche di Marco Tutino, una prima mondiale assoluta. La Direzione è affidata al M Guillaume Tourniaire che guiderà l'Orchestra e il Coro della Statni Opera di Praga.
Nello Sferisterio andranno invece in scena Don Carlo diretta dal maestro Gustav Kuhn che ritorna dopo anni a Macerata, con la regia di Lorenzo Fonda (da un'idea di Katia Ricciarelli); seguiranno Andrea Chènier e Tosca, la prima con regia, scene e costumi ancora di Pier Luigi Pizzi, che per la prima volta si cimenta con questa opera di area verista, la direzione di Pier Giorgio Morandi; la seconda, diretta Carlo Palleschi, vede impegnato per la regia Antonio Latella, uno dei registi teatrali più interessanti e creativi del momento, che è al suo secondo incontro con il melodramma e alla sua prima esperienza con il teatro musicale all'aperto
(La responsabile delle Pr Giancarla Quacquarini
Ufficio Stampa Arena Sferisterio Dott. Alberto Pellegrino)

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Settore B (gradinata/palchi) 30
Balconata (non prenotabile) 15
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hellò ticket
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Primo Settore 70
Secondo Settore 50
Loggione (non prenotabile) 15
Diritti di prevendita 10%


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