“Romeo e Giulietta” di David Zard a Verona
Alberto Pellegrino
26 Ott 2013 - Commenti live!
Verona. La storia dei due amanti di Verona, resa immortale dal genio di Shakespeare, ha ispirato una schiera di librettisti e compositori che hanno una serie di melodrammi che si conclude con il capolavoro di Nicola Zingarelli che nel 1796 compone la sua Giulietta e Romeo su libretto di Giuseppe Maria Foppa. Nell’Ottocento diminuisce l’interesse per il capolavoro scespiriano, per cui si hanno solo cinque opere: Giulietta e Romeo (1825) di Nicola Vaccai, Capuleti e Montecchi (1830) di Vincenzo Bellini, entrambe su libretto di Felice Romani; Roméo et Juliette (1839) di Hector Berlioz su libretto di E. Duschamps; Giulietta e Romeo (1865) di Filippo Marchetti su libretto di Carlo Marcelliano Marcello; Roméo et Jiuliette di Charles Gounod su libretto di Jules Barbier e Michel Carré. Infine il ciclo si chiude nel 1922 con la Giulietta e Romeo di Riccardo Zandonai.
Devono passare molti anni prima che si riaccenda l’interesse per i più celebri innamorati del mondo e si deve arrivare al nuovo secolo per trovare una Giulietta e Romeo musicata da Riccardo Cocciante su libretto di Pasquale Panella ispirato al dramma di Shakespeare. Dopo il travolgente successo di Notre Dame de Paris, il musicista italiano torna su scena nel 2007 con uno spettacolo innovativo dal punto di vista tecnologico con una “scenografia dinamica animata” che consente una serie di cambiamenti a vista per uno spettacolo che coinvolge circa 400 persone tra interpreti, musicisti, danzatori e tecnici. Per esplicita dichiarazione dell’autore si tratta una opera popolare da non confondere con un musical e questo suscita molte polemiche tra coloro che non vedono la differenza tra i due generi teatrali. Cocciante replica, sottolineando le differenze concettuali e stilistiche tra i due generi e imputando al musical un linguaggio anacronistico rispetto all’opera popolare: “I musical hanno un linguaggio polveroso, che non ha legami col presente. È musica di 50 anni fa. Che non interessa i giovani. Sono dei riciclaggi”.
La storia di Giulietta e Romeo ritorna ancora sulla scena sotto forma di “opera pop” per la produzione di David Zard, che questa volta ha deciso di portare in Italia lo spettacolo realizzato nel 2001 dal francese Gérard Presgurvic, autore delle musiche e del libretto, intitolato Roméo et Juliette, de la haine a l’amour, rappresentato in venti paesi con undici milioni di spettatori e tredici milioni di cd e dvd venduti. Ora Zard intende ripetere in Italia il successo di questo spettacolo con il titolo di Romeo & Giulietta. Ama e cambia il mondo secondo la versione italiana di Vincenzo Incenso. Si tratta di un notevole impegno finanziario e organizzativo vista la mole di questo kolossal teatrale, al quale prendono parte 12 interpreti, 30 ballerini e acrobati e 35 tecnici. L’opera ha debuttato nell’Arena di Verona il 2 ottobre e il 3 ottobre con la diretta televisiva su Rai2, per poi approdare il 17 ottobre al Gran Teatro di Roma da dove partirà la tournee nazionale.
Si tratta ancora una volta di una “opera popolare” con una forte connotazione pop come tiene a precisare il produttore David Zard sottolineando le differenze stilistiche rispetto alla precedente Notre Dame de Paris: “Cocciante ha una musicalità più madrigalesca, quindi tutti i tempi hanno una certa cadenza un po’ lenta. Romeo e Giulietta è al contrario molto pop, ha ritmi più veloci e inoltre ha anche parti recitate magistralmente”. In effetti l’intera opera si muove secondo tempi frenetici sia nei ritmi della recitazione, nello stile delle coreografie di Veronica Peparini, nei rapidissimi cambi di scena resi possibili da una tecnologia elettronica quanto mai raffinata impiegata dalla scenografa Barbara Mapelli in perfetta sintonia con li eleganti costumi di Frédéricn Olivier (oltre duecento). Si avverte in tutto questo la mano ormai esperta di Giuliano Peparini, considerato uno dei registi più innovativi della sua generazione per aver collaborato alla realizzazione di 6 spettacoli di Cirque du Soleil e aver firmato con successo la regia dello spettacolo 1789. Les amants de la Bastille. Si ha ’impressione generale di uno spettacolo che piacerà molto ai giovani e che forse lascerà qualche perplessità in un pubblico adulto ancora legato a rappresentazioni più “classiche”. Si tratta in ogni caso di un’opera popolare che presenta una sua dignità musicale e poetica, anche se le parti recitate tendono a spezzare quella omogeneità che aveva Notre Dame de Paris, tutta affidata al canto e alla danza. Le musiche e i testi di Presgurvic puntano molto all’esaltazione dei sentimenti, anche se non si rinuncia a lanciare un messaggio sul valore dell’amore inteso come sentimento universale capace di salvare il mondo dalla violenza, dalle ingiustizie e dall’odio. Questo tema dell’odio è introdotto con forza dalla ballata del Principe (che gestisce il potere come “un piacere più sottile dell’amore”), nella quale descrive Verona come una città dove regna l’odio e la follia, destinata a specchiarsi nel proprio sangue, una “straziante e magica città” che “dentro il suo pianto annegherà”, bella e sensuale, che accende la poesia con il fascino delle ste donne, ma che ha nascosto dentro l’inferno. È l’annuncio della tragedia che incombe sulla città, che preannuncia lutti e dolore per tutti. Sono Lady Capuleti e Lady Montecchi a confermare la presenza in loro di questo seme dell’odio che distrugge la pietà, che distorce le viscere, che rende schiavi pur sapendo che l’inferno non ha mai prodotto degli eroi, un odio che trasuda da un Tebaldo violento fino alla follia, che è rappresentato dalla netta divisione cromatica dei costumi (il rosso per i Montecchi, l’azzurro per i Capuleti).
L’altro tema è quello della giovinezza spavalda di Romeo, Mercuzio e Benvolio che si sentono “ re del mondo”, perché vogliono vivere felici, perché la vita è una festa da celebrare con il sesso, il vino e il canto, perché la giovinezza è breve e il tempo incombe come un vento pronto a spazzarla via. Ma Romeo avverte in sé il presentimento di una giovinezza destinata ad appassire come un fiore, sente il freddo alito della morte, mentre Mercuzio ricorda che loro sono i re del nulla e che, anche se non ha paura, nei suoi sogni appaiono terribili premonizioni di morte.
Il tema dell’amore che si sublima nella scena del balcone, con la segreta promessa matrimoniale pronunciata con la canzone-chiave dell’intero spettacolo: ama che cambia il mondo, accendi il mondo, dai luce al pianto; ama con forza, senza paura senza confini, dona al mondo la speranza e dona vita alla vita. Un rapido susseguirsi di fatti (l’uccisione di Mercuzio e di Tebaldo, la condanna all’esilio per Romeo) spengono nei due giovani ogni speranza e la stessa notte d’amore è vissuta sotto l’incubo di una morte incombete, quando il male grida dentro e distrugge la loro armonia, i loro sogni e non resta che chiedere pietà a Dio. Ancora non basta, perché il conte Capuleti annuncia alla figlia la sua decisione di darla in sposa al conte Paride. Di fronte alla disperazione di Giulietta il padre si dimostra inflessibile, ma è in crisi interiore diviso tra affetto paterno e complesso di Edipo come confessa nella canzone più bella dell’opera Avere te, confessando un amore questa sua bambina ormai donna che ha i suoi occhi che è la sua poesia, un dono di Dio o del demonio, provare un sentimento che è un crimine e una colpa (“Perché per me sei più di Dio/Continua in me il sangue mio/Sei frutto dei vent’anni miei/Maledirò gli amanti tuoi/La bestia che ha l’uomo in sé”), ma che è anche esaltazione di un amore che niente e nessuno potrà distruggere.
Tutto precipita verso la tragedia finale nel segno della morte: la finta morte di Giulietta suggerita da Frate Lorenzo; la paura di Benvolio destinato a dire che Giulietta ha cessato di vivere (“Con che pietà”) proprio all’amico Romeo che sempre accusato gli altri di avere inventato la morte e che ha sempre detto di non conoscere l’odio e la vendetta; il suicidio di Romeo seguito da quello di Giulietta (“io muoio d’amore/io muoio per lui”); infine la disperazione delle due famiglie rimaste senza figli, sole con il loro odio, mentre Frate Lorenzo s’interroga sul silenzio di Dio che l’ha abbandonato sulla via del dolore.
Ottimo il cast degli interpreti a cominciare dai due giovani Giulia Luzi (Giulietta) e Davide Merlini (Romeo) che hanno saputo trasmettere con il canto e la recitazione emozioni e sentimenti profondi. Bene hanno fatto Riccardo Maccaferri (Benvolio), Luca Giacomelli (Mercuzio), Gianluca Merolli (Tebaldo), Leonardo Di Minno (il Principe), Giò Tortorelli (Frate Lorenzo), Silvia Querci (la Nutrice), Nicolò Noto (Paride). Molto convincenti Barbara Cola e Roberta Fraccani nei panni di Lady Capuleti e Lady Montecchi; bravissimo, come al solito, Vittorio Matteucci che ha saputo dare al conte Capuleti forza sentimentale, ambiguità e spessore drammatico.