Riccardo Muti apre alla grande le Celebrazioni Spontiniane a Jesi
di Roberta Rocchetti
17 Mar 2024 - Commenti classica
Magico concerto in apertura delle celebrazioni per i 250 anni dalla nascita di Gaspare Spontini. Riccardo Muti, l’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini”, Damiana Mizzi, Margherita Maria Sala e Lidia Fridman hanno fatto vibrare di emozioni il pubblico estasiato del Teatro Pergolesi di Jesi. Stasera replica al Ventidio Basso di Ascoli Piceno.
(Foto Binci)
Come avrebbe potuto la città di Jesi, da sempre attenta e amorevolmente legata alla propria rilevanza culturale sul territorio, iniziare meglio le celebrazioni italiane ed europee per i 250 anni dalla nascita di Gaspare Spontini (1774 – 1851) se non facendo salire sul podio non “un” direttore d’orchestra ma “Il” direttore d’orchestra?
È stato Riccardo Muti, infatti, ad inaugurare le celebrazioni nella serata di sabato 16 marzo al Teatro Pergolesi dirigendo l’Orchestra Giovanile “Luigi Cherubini” da lui stesso fondata nel 2004 e ad omaggiare il musicista marchigiano nella maniera migliore, riempendo il teatro delle sue note e di quelle dell’altro suo talentuoso conterraneo, quel Giovanni Battista Pergolesi (1710- 1736) a cui il teatro è intitolato.
Lo Stabat Mater di Pergolesi ha dato il via al concerto con le voci del soprano Damiana Mizzi, che è andata a sostituire quasi all’ultimo minuto Caterina Sala e quella del contralto Margherita Maria Sala.
Quasi inutile descrivere la scelta delle (bellissime) voci, che, come si addice a Muti, si sono inserite nella composizione in maniera armonica ed elegante, preziosa ed indispensabile ma conservando una omogeneità con il resto, divenendo un anello di una preziosa catena che adorna il collo della Musica senza protagonismi interpretativi.
Ed è proprio la capacità di creare questo ton sur ton, per conservare la metafora, il grande talento di Riccardo Muti, un carisma palpabile che appena si palesa e si condensa sul podio crea un collante che rende immediatamente tutti concentratissimi, musicisti e pubblico, (tranne uno in platea a cui deve essere caduto qualcosa a terra, forse uno smartphone e che il direttore ha incenerito con lo sguardo) e questo collante fa sì che la trama e l’ordito si incrocino a creare un velluto senza imperfezioni, ipnotico e magico, guidato dai gesti essenziali, a volte quasi impercettibili del timoniere, i musicisti sembrano guardare più il viso che le mani, Muti dirige con gli occhi, come quei padri che hanno un legame talmente profondo con i figli da parlare loro soltanto con uno sguardo.
La potenza della composizione di Pergolesi, quasi uno struggente presagio di quello che sarebbe stato il suo brevissimo passaggio su questa terra, ha dilagato in sala dalle prime note, come accade ad esempio con il Requiem di Mozart questa composizione non perde mai potenza, un po’ per il suo valore compositivo intrinseco, un po’ perché tocca corde che fanno parte del cammino dell’uomo e le tocca forte, facendo rimbombare nella mente di ognuno quante mater dolorose in questo momento, per esempio, ai diversi angoli della terra stanno piangendo ai piedi della croce piantata dalla guerra.
La seconda parte del concerto è stata dedicata esclusivamente a Gaspare Spontini, l’ingresso in scena del soprano Lidia Fridman ha aggiunto personalità a personalità, carisma a carisma.
Un vero talento che avevamo già avuto modo di ascoltare, nel nostro territorio la ricordiamo come Lady Macbeth nell’opera verdiana messa in scena da Pier Luigi Pizzi.
Belcantista dotata di una voce duttile ma potentissima che è per questo in grado di riempire il teatro senza accenno alcuno di grido o forzatura, conservando gusto, morbidezza di emissione e una capacità espressiva davvero rare.
Fridman ha esordito con l’aria “No, Re del Cielo” da Agnese di Hohenstaufen e proseguito con “Toi que j’emplore avec effroi… Impitoyables dieux!” dall’opera più celebre di Spontini, La Vestale.
Sempre dalla Vestale il pezzo che ha chiuso il concerto, l’Orchestra Cherubini ha eseguito l’Ouverture.
Pleonastico sottolineare l’ovazione con il pubblico in piedi a fine concerto grato per quello che tutti hanno recepito come il privilegio di poter assistere ad un momento di magia, alta professionalità e gioia, perché pur trattandosi di composizioni che scavano nel dolore dell’uomo alla fine lo risollevano sempre verso il trascendente universale.
Tuttavia la concretezza e la determinazione del Maestro Muti si sono rivelati ancora una volta nel breve ma incisivo saluto finale nel quale ha rimarcato, oltre all’importanza storica e artistica di Pergolesi e Spontini evidenziando come da loro nasca la matrice che ha ispirato musicisti come Johann Sebastian Bach e Wagner, la propria missione, (non celando una punta di frustrazione) nel voler portare in superficie l’importanza del bagaglio culturale di cui l’Italia è portatrice e al contempo responsabile, del compito che ogni operatore del settore ha nel mantenere questo valore brillante, visibile e sano in ogni sua singola particella. Di come il patrimonio operistico non possa e non debba ridursi con il passare del tempo a due arie di un paio di compositori, chiunque essi siano, strillate a tutta forza mutandole in mero esercizio polmonare, ma di come l’Opera debba mantenere il suo valore espressivo, artistico e multidisciplinare, all’interno di quel caleidoscopio di compositori, opere e generi che sono innumerevoli.
Muti ha auspicato altresì che ogni opera mantenga ben salda la propria identità sorta nel momento in cui è stata concepita e non falsata dalle morali in mutamento e dalle distorsioni percettive a seguire, a questo proposito ha fatto l’esempio calzante di come Il Trovatore venga attualmente recepita come un’opera di volitiva forza e La Traviata come opera poetica mentre la verità risiede nel contrario.
Il concerto verrà ripetuto oggi domenica 17 marzo al Teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno alle ore 21.00. Mentre in mattinata Muti si è recato a Maiolati Spontini a rendere omaggio alle spoglie del compositore dopo aver incontrato autorità e scuole all’interno del teatro cittadino.