Rachel Kolly d’Alba e Christian Chamorel: fusione perfetta
di Elena Bartolucci
12 Feb 2013 - Commenti classica
Macerata – Venerdì 8 febbraio 2013 il Teatro Lauro Rossi di Macerata ha avuto l’onore di ospitare sul proprio palco due giovani talenti musicali: Rachel Kolly d’Alba al violino (uno splendido Stradivari del 1732 dal suono davvero particolare e sfaccettato), accompagnata dal pianoforte di Christian Chamorel.
Attualmente la giovane Rachel Kolly d’Alba è considerata la violinista svizzera di maggior talento, che, grazie a una forte personalità e una ricca varietà del vibrato, è in grado di regalare delle esecuzioni di particolari eleganza e poetica nel fraseggio. Nonostante la sua giovane età viene reputata già un’artista colta e molta devota alla musica nella sua molteplice complessità, dedita anche alla composizione, all’orchestrazione e alla scrittura. Inizia gli studi del violino e del pianoforte a 5 anni e debutta come solista a soli 12 anni. Ha studiato al Conservatorio di Losanna, dove ha ottenuto a soli 15 anni il diploma di insegnamento per il violino e la musica da camera e può vantare a oggi notevoli collaborazioni con molte delle più eminenti orchestre sinfoniche mondiali.
Rachel Kolly d’Alba ha ricevuto anche numerosi riconoscimenti internazionali tra cui il primo premio alle Jeunesses Musicales di Zurigo (1994), seguito dal primo premio al Concorso di Moudon (1998), il premio Paderewski nel 1998 o il primo premio con menzione speciale della giuria al concorso Julio Cardona in Portogallo (2005).
Nel 2010 Rachel Kolly d’Alba ha firmato un contratto con la Warner Classics con cui ha già visto uscire il suo primo CD dedicato alle sei Sonate del suo compositore preferito Eugène Ysaÿe, che ha ricevuto il plauso della critica internazionale come anche il secondo disco French lmpressions contenente vari brani di musica francese del periodo impressionista.
Allo stesso modo anche il giovane pianista Christian Chamorel ha recentemente conquistato la scena internazionale come solista e musicista da camera, rivelandosi uno dei pianisti svizzeri più premiati della sua generazione. È stato invitato a suonare alla Konzerthaus di Berlino, la Tonhalle di Zurigo, al Palau de la Musica di Valencia, alla Wigmore Hall di Londra, così come al Ruhr Klavierfestival, al Yehudi Menuhin Festival di Gstaad e alla Lisztomanias in Francia. Ha anche accompagnato grandi artisti del calibro di Ruth Ziesak, Christian Gerhaher, Pierre Amoyal e Philip Langridge. È stato premiato in concorsi internazionali quali il Premio Iturbi, il concorso Gian Battista Viotti, il Concorso Beethoven di Vienna e il concorso Konzertgesellschaft a Monaco di Baviera. Egli è anche fondatore e direttore artistico di Le Mont Musical, un festival di musica da camera in Le Mont-sur-Lausanne, Svizzera.
Il concerto ha avuto inizio con un pezzo del compositore ceco Leoš Janàček (1854-1928), il quale, sin dai tempi in cui era un semplice studente, era attratto dall’idea di scrivere una sonata per violino e pianoforte. Questo pezzo venne realizzato solo nel 1914 ma rivisto e perfezionato fino al 1920. Fu scritto in realtà in un momento di grande turbamento ovvero l’avanzamento delle truppe russe all’inizio della Prima Guerra Mondiale. Si articola in quattro movimenti (Con moto, Balada, Allegretto, Adagio) dalla forte intensità e ricchezza espressiva, dove è molto sfruttato in diversi momenti l’uso del pizzicato. L’intensità del ritmo è davvero mutevole e i due strumenti riescono a fondersi in un’unica voce con grande maestria.
Si è proseguito poi con il Poème op.25 per violino e pianoforte di Ernest Chausson (1855-1899), che compose questo brano ispirandosi a una storia fantastica di Ivan Turgenev, ambientata a Ferrara nel XVI secolo, che narra di un sortilegio provocato da una melodia eseguita da un violino. L’opera, dedicata al celebre violinista Eugène Ysaÿe, mette in mostra la scrittura raffinata di Chausson e il suo lirismo vibrante ma mai eccessivo. L’impeccabile architettura di questo pezzo è basata su un unico movimento diviso in tre sezioni concatenate tra loro dalla forza espressiva senza eguali.
Si è passati poi a quattro brani (It ain’t necessarily so, Sumrnertime, My man’s gone now e There’s a boat that’s leaving) dal gusto più moderno, in quanto sono tratti dal dramma musicale Porgy and Bess (arrangiamento a cura di A. Courage) del compositore americano George Gershwin (1898-1937). In quest’opera vengono proposte delle melodie e dei ritmi popolari americani, poichè riguarda le drammatiche vicende legate a una comunità afroamericana nel quartiere di Charleston nel South Carolina all’inizio degli anni ’30. Una scelta davvero particolare e densa di malinconia che ha saputo comunque conquistare il pubblico presente vista la bravura indiscussa dei due interpreti.
Il concerto è continuato presentando una famosa sonata del celebre compositore Camille Sant-Saëns (1835-1921), dove la velocità di esecuzione dei due interpreti ha lasciato tutti in visibilio.
Si è passati poi alla Sonata in La maggiore per violino e pianoforte del compositore belga Cèsar Franck (1822-1890). Si tratta di un lavoro maturo e considerato da molti tra le sonate più belle e meglio conosciute del repertorio violinistico. Fu scritta come dono di nozze per il violinista Eugène Ysaÿe, che la eseguì subito per i suoi ospiti durante il suo ricevimento di nozze. La Sonata è densa di una poeticità sublime ed è articolata in quattro movimenti: Allegretto ben moderato, Allegro, Recitativo, Fantasia (ben moderato) e Allegretto poco mosso. Il brano presenta una sorta di procedimento ciclico, in cui vengono impiegati gli stessi elementi tematici, di volta in volta trasformati, in modo da ottenere lo stesso tempo, varietà e unità strutturale.
In conclusione è stata proposta la celebre Tzigane di Maurice Ravel (1875-1937), che con il suo ritmo inconfondibile ha regalato delle sensazioni a dir poco magnifiche.
Visto lo scrosciare di applausi finali i due artisti svizzeri hanno deciso di regalare un brevissimo bis, che ha mantenuto l’alto livello delle performance proposte fino a quel momento data l’intensità emersa anche dal modo di approcciarsi ai loro strumenti.