Pesaro ritrova il belcanto dimenticato
di Andrea Zepponi
24 Lug 2021 - News classica
A Pesaro presentato il Festival Nazionale dal titolo “IL BELCANTO RITROVATO”. Ideatore del festival, il M° Rudolf Colm.
L’opera lirica e il belcanto sono la più alta manifestazione dell’italianità; all’insegna di questa verità storica prende il via il Festival Nazionale dal titolo IL BELCANTO RITROVATO la cui conferenza stampa di presentazione si è svolta martedì 20 luglio scorso alle ore 11.30 presso la Sala Consiliare del Comune di Pesaro. Nel collegamento in diretta il M° Daniele Agiman,direttore artistico dell’Orchestra Sinfonica “G. Rossini”, ha esordito con la succitata espressione, piena di orgoglio nazionale, che da sola potrebbe riaccendere, al di là delle vittorie calcistiche, quell’entusiasmo mancante al popolo che tra quelli occidentali disprezza se stesso più di tutti, e ha avviato la riunione formata dall’ideatore del festival, il M° Rudolf Colm, dall’Assessore alla Bellezza del Comune di Pesaro,il Dr. Daniele Vimini, dal segretario generale della Fondazione Rossini, la Dr.ssa Catia Amati, dall’autorevole rappresentanza del ROF e dell’Accademia Rossiniana “Alberto Zedda” nella persona del M° Ernesto Palacio. Tra i soggetti presenti impegnati nel festival è ovviamente il Conservatorio Statale di Musica G. Rossini rappresentato nella conferenza dalla Prof.ssa Concetta Assenza.
Il fatto cheancora oggi il nostro patrimonio operistico sia all’attenzione di tutto il mondo rende oltremodo interessanti la ricerca filologica e il recupero teatrale di una pletora di grandi compositori, oggi scomparsi dal repertorio, che sono nati e hanno operato nel periodo che va dal 1790 al 1830. Gli autori circuitanti nel mondo lirico italiano, i quali hanno incrociato l’esuberante percorso artistico di Gioachino Rossini, saranno protagonisti di un festival che intende riscoprirli e rimetterli in circolo visto che al tempo anche loro riempivano i teatri d’opera: per citarne solo alcuni si pensi ad Aspa, Carafa, Coccia, Generali, Manfroce, Mercadante, Mosca (con cui Rossini ebbe un contrasto diretto), Pacini, Pavesi, Pucitta, Raimondi, Ricci, Vaccai (in rispettoso ordine alfabetico) e tantissimi altri, oltre a una quantità di circa 1200 opere liriche di generi diversi. Ci si focalizza su autori italiani appunto perché il belcanto è nato in Italia e ha avuto il suo massimo fulgore nel primo ‘800. Il fiancheggiamento al ROF trova la sua causa nella passione di approntare le opere di autori cosiddetti minori per approfondire il contesto musicale e culturale in cui si è trovato a sorgere l’astro rossiniano in piena continuità e conformità con gli studi sul grande pesarese. In fondo è ancora aperta la vexata quaestio su chi abbia inventato il crescendo.
La corrispondenza entusiastica del ROF si esprime con la messa a disposizione di cantanti scelti dall’Accademia Rossiniana che sosterranno l’avvio del festival a partire dal Concerto del primo agosto alle ore 21 in cui si esibiranno il soprano Iolanda Massimo, il tenore Theodore Browne e il baritono Francesco Samuele Venuti in musiche di P. Generali, G. Mosca, G. Pacini, S. Pavesi, P. Raimondi, C.E. Soliva e G. Spontini revisionate a cura di Federico Agostinelli e sotto la direzione del suddetto M° Agiman sul podio dell’Orchestra Sinfonica “G. Rossini”. In realtà si tratta di una edizione zero del festival vero e proprio che avrà il suo inizio istituzionale nel 2022 e la sua collocazione definitiva che precederà o seguirà il ROF stesso. Non si tratta di una idea un po’ pazza – come afferma il M° Colm, milanese amico di Pesaro, del Rossini Opera Festival, grande appassionato di musica e di Rossini in particolare – quella di attuare la music renaissance di quelle stelle oscurate da supernove quali Rossini, Bellini e Donizetti: lo dimostra l’intento di mettere a disposizione tutte le competenze musicologiche del conservatorio Rossini per un progetto immenso e quanto mai auspicabile da effettuare in rete con altri centri musicali italiani il cui scopo non è solo la conservazione delle risorse ma la loro valorizzazione attraverso il rilevamento dei tesori giacenti presso gli archivi musicali.
Così descrive l’operazione di recupero filologico delle partiture che giacciono ancora allo stato di manoscritto senza mai aver avuto neppure una edizione a stampa la Prof.ssa Assenza, docente dibibliografia e biblioteconomia musicale presso il conservatorio pesarese. Tale compito deve avvenire a cura delle maestranze musicologiche esercitate da docenti e allievi di composizione a indirizzo musicologico. La docente prefigura inoltre una rete di grande rigore scientifico con la possibilità di far lavorare studenti nello studio del materiale musicale nelle biblioteche e archivi al fine di formulare l’edizione filologica delle partiture esistenti. Il belcanto e l’opera lirica possono quindi ancora dare lavoro e fare scuola a molti.
A suffragare lo spessore del progetto, l’intervento di Catia Amati ha espresso uno speciale senso di soddisfazione in quanto il festival mette insieme le competenze, l’interesse dei giovani e la riscoperta di opere ignote; coniugare la formazione al restauro filologico è un fatto che la Fondazione Rossini accoglie come ulteriore conferma di un lavoro che ha svolto da sempre coinvolgendo, nello scambio di competenze scientifiche, altre città che hanno poi preso esempio da Pesaro. La forza di questo progetto è di riscoprire il contesto musicale del periodo rossiniano attraendo e attirando il pubblico con una offerta musicale di altro tipo in tempi diversi rispetto a quelli canonici del ROF.
Non a caso l’assessore Vimini ha dato la massima fiducia a questa felice iniziativa in base alla proposta che risale a qualche mese fa. Alla domanda-tormentone che risuonava fin dai primordi del ROF come critica della inevitabile tendenza monografica del festival: “Perché a Pesaro non ci si occupa di altri autori oltre Rossini?”, dal 1998 si poteva rispondere che era il teatro della Fortuna di Fano ad assolvere quella funzione; ora proprio Pesaro può vantare una varietà di proposte liriche davvero “nuove” in una fase di rilancio dopo tutto ciò che si è patito con la chiusura pandemica. L’interessamento della Regione Marche per la rete di collaborazione con grossi centri della lirica italiani come Bergamo, Catania e altri denota la sensibilità politica per questo genere di operazione.
L’obiettivo centrale è comunque quello di riscoprire le modalità tecnico-didattico-esecutive in fatto di belcanto italiano anche al di là dell’opera rossiniana, e Pesaro, città della musica, ha tutte le carte in regola per diventare il polo di riferimento per tale riscoperta in cui si auspica trovi posto anche lo studio degli epigoni del belcanto e una ricerca storica a latere sugli esecutori che mantennero viva nel loro profilo professionale e artistico la disciplina belcantistica. I compositori che dopo il 1830, durante la rivoluzione romantica ormai permeata di realismo, seguirono la ben nota specializzazione al virtuosismo e alla coloratura delle voci sopranili escludendo le altre, tranne in qualche eccezione, mantennero pur sempre una scrittura belcantistica, seppure circoscritta a uno o due personaggi; titoli come Pipelé ovvero il portinaio di Parigi di Serafino De Ferrari (1824-1885), Papà Martin di Antonio Cagnoni (1828-1896) o Le educande di Sorrento di Emilio Usiglio (1841-1910), che andavano per la maggiore dopo la metà del secolo, dovrebbero ritornare a galla, anche se le date di nascita e di attività dei loro autori fuoriescono o rasentano l’ambito temporale circoscritto dal festival. La riscoperta del belcanto non può rinunciare inoltre ad accogliere la storia di quei cantanti del passato depositari del magistero belcantistico che tramandarono, almeno nei loro principi didattici, traghettandoli sull’onda della tradizione orale, il gusto e la tecnica del belcanto nel tempo e nello spazio anche al di fuori dall’Italia; sto pensando a Virginia Colombati (Pergola, 1863 -Pergola, 1956), nativa della provincia pesarese, la quale ebbe il suo primo grande exploit proprio al teatro Rossini di Pesaro nel 1888 nella funambolica parte di Philine della Mignon di A. Thomas, lei che era figlia e allieva di un discepolo dell’eccelso tenore Giovanni Battista Rubini e nell’ultima parte della vita si dedicò all’insegnamento in America insistendo sul valore del Belcanto prima di ritornare nella sua Pergola a finire i suoi giorni. Non sarà quindi peregrino ricordare che un allievo della filiera didattica di Virginia Colombati fu il tenore Bruce Brewer (1941-2017) che inaugurò il ROF come Giannetto nella Gazza ladra nel 1980 e vi cantò anche l’anno successivo nella stessa parte. Il recupero di ogni tassello che possa ricomporre un quadro globale e completo in sede storica non dovrebbe esulare dai virtuosi propositi del vasto progetto de Il belcanto ritrovato.
Per ora godiamoci l’impegno che il M° Palacio ha profuso nel riuscire a incastonare il festival tra le manifestazioni del ROF e a riproporre un repertorio che gli piace molto fin da quando, in tempi di vacche grasse, collaborava con l’Orchestra Scarlatti di Napoli e con il Massimo di Palermo nell’allestimento di farse in musica e opere buffe italiane. La collaborazione con l’Accademia Rossiniana si esplica con la scelta di giovani cantanti emersi dalle selezioni i quali eseguiranno un repertorio inusitato e curiosissimo di cui fanno parte alcuni titoli annunciati come La poetessa idrofoba di Pacini, Il ventaglio di Raimondie Il Teseo riconosciuto di Spontini (che pure trovò un rarissimo repêchage al Teatro Pergolesi di Jesi nel lontano 1995). Ciò ha per di più la preziosa funzione di creare un banco di prova e di attività artistica su altri fronti rispetto a quello del ROF per i giovani cantanti meritevoli. Infine il fatto che questa superba iniziativa abbia generato l’ambizione di poter mettere in moto le risorse artistiche e musicali di un intero paese trova tutti d’accordo e pronti a quell’entusiasmo che per troppo tempo è mancato all’appello.