“Oleoturismo opportunità per imprese e territori” di Dario Stefàno e Fabiola Pulieri
di Riccardo Tassi
14 Feb 2023 - Libri
Proponiamo la recensione, curata dal Dott. Agronomo Riccardo Tassi, dell’interessante libro di Dario Stefàno e Fabiola Pulieri “Oleoturismo opportunità per imprese e territori” edito da Agra editrice.
Dal punto di vista formale il libro si presenta come un manuale tecnico-divulgativo, nel quale si esaminano progressivamente gli aspetti che vanno dall’introduzione della norma sull’oleo-turismo all’applicazione della stessa in una possibile realtà aziendale.
Ad una più attenta analisi, però, appare chiaro come l’anima dell’opera non sia rivolta tanto ad una declinazione di strumenti e buone prassi consolidate, quanto piuttosto alla permeazione concettuale di un tema ancora inevitabilmente pieno di sfumature.
Nel libro si trovano solidi contenuti e ottimi spunti ma è altrettanto vero che la sua pubblicazione avrebbe potuto anche anticipare, cronologicamente parlando, l’emanazione stessa della legge o, addirittura, formarne il corpo concettuale di accompagnamento.
D’altronde non poteva che essere così se si considera il fatto che tra gli autori troviamo proprio il Senatore Dario Stefàno.
Pugliese, Stefàno vanta un’esperienza importante nel campo rurale ed agrario. Oltre ad aver ricoperto la carica di assessore nella Giunta Vendola, ed essere stato eletto Senatore della Repubblica, suo malgrado ha potuto fare esperienza in “campo”. Il campo in questione è quello politico ma la partita giocata è stata quella della crisi Xilella, il temibile batterio che ha falcidiato in pochi anni un patrimonio olivicolo centenario. Si capisce quindi non solo l’interesse “politico” che il Senatore ha dichiaratamente esplicitato in introduzione ma se ne coglie anche il risvolto socio culturale orientato alla protezione e alla valorizzazione di un prodotto, e di una pianta, che potrebbe assurgere a simbolo della Puglia.
Alla coautrice Fabiola Pulieri, invece, è spettato il compito di fornire il corpo contenutistico legato all’oleoturismo. Un lavoro impegnativo e di non facile sintesi. L’autrice però può vantare una esperienza significativa sia nel campo del giornalismo, e quindi e della comunicazione, sia nel campo agroalimentare. Con alla base questi connotati risulta semplice comprenderne la pregevole schematicità, la scorrevolezza e la precisione impressa alla terminologia.
Venendo al contenuto. Come già sottolineato, la novità del testo risiede nella possibilità offerta dalla normativa che equipara l’oleo-turismo all’eno-turismo. Una norma che potrebbe sembrare superflua e persino puntigliosa, per i non addetti al settore, ma necessaria per un’applicazione pratica delle attività turistiche nel contesto agricolo.
Se infatti l’articolo 513 (della legge di bilancio 2020) traccia la simmetria fra olio e vino in ambito turistico, è l’art. 514 che ne fornisce la definizione, il contenuto e il risvolto operativo.
Nel testo troviamo ben spiegati questi aspetti unitamente ad accenni sulle qualità dell’olio, sulle strategie di marketing, sui locali e sull’accoglienza del visitatore; il tutto secondo un gradiente ben definito e concreto: dal generale al particolare. Certo, per ampiezza di concetti, risvolti pratici, interconnessioni e specificità territoriali, gli autori non potevano non limitarsi a definirne i contorni, lasciando all’interessato il compito di approfondire i temi specifici.
Agli autori va quindi il merito di aver fornito al pubblico per primi questo supporto e, non di meno, va anche attribuito loro il merito di aver declinato con un taglio pratico e concreto gli aspetti più rilevanti del settore.
Seguendo però questo indirizzo, che potremmo definire, “aziendalista”, volto cioè all’introduzione pratica in azienda di “esperienze” di oleoturismo, si avverte la mancanza di un doveroso avvertimento preventivo da rivolgere proprio alle aziende.
Esso potrebbe essere considerato “ontologico” e consiste nel non dover dare per scontato che l’olivo e l’olio siano soggetti portatori di un complesso valoriale e simbolico condiviso e riconosciuto.
La mediterraneità dell’olio, infatti, è un carattere ancora culturalmente dirimente. L’Europa stessa si divide fra sud e nord, tanto in campo politico quanto in campo alimentare.
L’antica ripartizione delle matrici grasse, per quanto possa sembrare anacronistica, è cifra economica e culturale ancora viva nell’analisi sociale dei popoli, tanto più in chiave alimentare.
Giusto per tracciare uno spunto di riflessione: il binomio olio-olivo si giustappone al binomio grasso-quercia in una rapida successione culturale, alimentare, paesaggistica e ovviamente geografica. Di ciò ne è testimone stessa l’Italia, ma ancor più marcatamente la Francia (per rimanere nell’alveo dei popoli “mediterranei”). Una si fatta coesistenza è d’altronde alla base di innumerevoli “scontri” in seno all’Unione Europea: dal recente dibattito sul Nutri-score alla più datata disputa sulle quote latte.
Ed è in questo sistema valoriale diversificato che l’olio (e la cultura mediterranea) sfugge alla comprensione dei cittadini di matrice culturale diversa da quella mediterranea, e quindi anche di tutti quei turisti dell’Europa del nord, dell’America, dell’Asia.
A colmare la distanza, in vero, non può bastare nemmeno la sola “Dieta mediterranea”, anche se ormai universalmente riconosciuta, in quanto non va dimenticato che essa trae legittimità dalla scienza biologico-nutrizionale. E infatti, nel trattare l’olio come un semplice alimento si rischia di esporlo agli attacchi del mondo economico e alle mode alimentari, con l’ovvio risvolto che lo si renderebbe fragile e tutto sommato sostituibile dal punto di vista bio-chimico. Un approccio, questo che finirebbe, in definitiva, per favorire di sponda le culture dominanti economicamente più forti, le quali, da est a ovest, oggi non producono olio, ma i cui cittadini ne consumano via via quantità sempre crescenti.
L’olio invece rappresenta un unicum nella storia dell’alimentazione mondiale e lo è non soltanto per le sue ineguagliate caratteristiche nutrizionali, ma anche e soprattutto per la sua capacità di rappresentare simbolicamente un’architettura sociale complessa, impermeata nell’ethos più profondo dei popoli mediterranei, divenendo così un prodotto insurrogabile.
È da questo complesso valoriale, dalla Grecia delle poleis, dai sistemi di produzione e consumo Romani, dal simbolismo religioso giudaico-cristiano, dalle repubbliche marinare, dall’alternanza delle stagioni, che, d’altronde, assumono il loro pieno significato anche i frantoi ipogei, i musei dell’olio, gli ulivi millenari, il paesaggio agrario, le varietà locali, le degustazioni e gli abbinamenti culinari che oggi costituisco la base del sistema turistico e alimentare legato all’olio.
È qui in sostanza che si gioca la vera partita dell’oleo-turismo.
Veicolata dal prodotto, si esporta e si valorizza la stessa “Mediterraneità” che, in buona sostanza, è anche l’aspetto su cui il sistema paese dovrebbe puntare per “vincere” la sfida.
Un avvertimento, dunque, ed un suggerimento, che in definitiva va rivolto a tutti agli operatori del settore per ricordare sempre che “il mediterraneo finisce là dove non si coltivano più olivi” e che ciò impone la conoscenza della cultura mediterranea al fine di rendere più potente ed efficace l’aspetto comunicativo ed esperienziale di cui l’olio è autorevole portavoce. Ciò non solo per valorizzare il “prodotto” sotto il profilo “commerciale”, ma anche e soprattutto per partecipare alla sfida culturale che vede l’Italia già da tempo impegnata nel ruolo di protagonista.
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DARIO STEFÀNO - FABIOLA PULIERI Oleoturismo opportunità per imprese e territori Agra editrice srl Roma 2022 Isbn: 978-88-98935-529
Per dare un parere sulla presentazione mi sarebbe utile leggere prima il libro
Signor Luigi Bracalenti,
l’autore della recensione ha letto infatti il libro prima di scriverne. Se vuole può leggerlo e inviarci il suo parere.
Grazie di averci scritto,
la Redazione