Nino Ricci a Palazzo Buonaccorsi


Alberto Pellegrino

27 Ago 2013 - Altre Arti, Eventi e..., Arti Visive

Nino RicciMacerata – Nel quadro di Macerata Opera Festival 2013 il Comune di Macerata ha allestito, a Palazzo Buonaccorsi, una mostra antologica intitolata Nino Ricci. Le metamorfosi della geometria. Opere 1957-2013. Si tratta di un omaggio dovuto a questo artista maceratese, nato nel 1930, che ha attraversato con le sue pitture e incisioni tutta la seconda metà del Novecento, conservando intatta una personalità artistica forte e rigogliosa come un grande albero che affonda le sue radici nel passato ma che continua a dare i suoi frutti nel nuovo millennio, lasciando un segno profondo e originale nel panorama artistico italiano, senza cedere mai alle tentazioni di un chiuso provincialismo. Ricci è rimasto sempre in contatto con le varie esperienze artiche nazionali e internazionali, pur avendo scelto per vocazione (salvo brevi soggiorni a Roma, Urbino, Pesaro) di lasciare la “sua” Macerata, il “buon ritiro” ha coltivato la sua arte segnata da una solenne ricerca poetica delle forme, caratterizzata da un segno e da un colore di raffinata eleganza, da una grande coerenza stilistica, che ne fanno una presenza unica nel panorama artistico italiano.
Gli anni Cinquanta – Sessanta sono quelli degli inizi e della progressiva maturazione stilistica quando comincia a coniugare, come ricorda Giuseppe Appella, la lezione classica di Luciano di Laurana e Piero Della Francesca con quella di Licini e Morandi, Klee e Fautrier, arrivando a concepire opere già segnate dall’originalità ma anche dall’uso di un colore pregnante e fortemente materico. Negli anni successivi Ricci si avvia a conquistare uno stile sempre più personale con opere nelle quali “sottraendosi a ogni possibile riferimento, collocherà la forma non al centro ma nell’intero spazio della tela o del foglio di carta, senza perdere quel tono di sospensione temporale che accompagna l’angoscia della ripetizione, l’insistenza del motivo caro a quanti sovrapponendo la materia, strato su strato, istallano un campo di forze aperto e dinamico” (Giuseppe Appella).
Nino Ricci ha avuto sempre un rapporto privilegiato con la poesia e la prosa letteraria fin dai primi contatti con i poeti Libero De Libero, Leonardo Sinisgalli Giovanni Bonetto e Bartolo Cattafi, con gli scrittori e saggisti Giuseppe Passalacqua e Cesare Brandi, con la poetessa polacca Wislawa Szymboroska non ancora insignita del Premio Nobel per la letteratura, fino a più lungo e consolidato rapporto con il poeta marchigiano Eugenio De Signoribus, per il quale Ricci ha commentato con le sue opere Prose inermi (1998), L’acqua domestica (2009) e L’assedio (2009) e forse per questa sua simbiosi creativa con la letteratura che uno dei commenti più belli alla sua arte è scaturito dalla penna della scrittrice Lucia Tancredi: “Nei quadri di Nino Ricci è un nitore tattile, disteso, in cui il silenzio e un’esattezza squisita, appena toccata dal sospetto di un rito razionale e meccanico, sembrano far parte dell’amalgama. In realtà, quelli che paiono prismi e volumi geometrici che occupano spazi puliti e sgombri, figliati da un’intelligenza estatica, hanno angoli morbidi, con una femminilità cascante e una modulazione velata di colori che li fa palpitare come se, in quelle tessere di geometria pura, circolasse l’aria”.

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