Musicultura ci sorprende ancora, come l'amore cantato da Folco Orselli


Fernando Romagnoli

6 Lug 2008 - Commenti live!

MACERATA. Nello splendido, suggestivo scenario dello Sferisterio di Macerata si è svolta, dal 13 al 15 giugno (più esattamente dal 14 al 15 essendo, la prima serata, saltata per la pioggia) l'edizione 2008 di Musicultura, XIX rassegna della canzone popolare e d'autore. La città marchigiana ha così vissuto la sua apoteosi di musica e poesia, in giorni che hanno ospitato anche incontri culturali (ed enogastronomici) di vario tipo e visto incrociarsi, sul palco e dintorni, Irene Grandi e Stefano Bollani, Giorgia e Mario Biondi, Mariano Deidda e Peppino Di Capri, Jannacci (padre e figlio) e Roberto Vecchioni, Mariangela Gualtieri ( poetessa del teatro), Le Vibrazioni e soprattutto la leggenda del folk americano Odetta, che ha segnato la strada di Bob Dylan e l'ha spinto, come ha raccontato a vendere la chitarra elettrica e l'amplificatore per comprarsi una chitarra acustica . E Bob Dylan è anche il sogno nel cassetto del patron Piero Cesanelli. Chissà , un giorno
Insomma Macerata ha dato fiato a un'idea della cultura e dell'arte non settoriale, non intesa e vissuta a compartimenti stagni, ma ibridata, caleidoscopica, capace di gettare ponti tra esperienze diverse, di meticciarle, di contaminarle, ribadendo così la sua cifra stilistica e la natura e l'importanza di questo festival. Una sorta di grade laboratorio della musica d'autore italiana, che ha già lanciato tanti talenti: Gian Maria Testa, Amalia Grè, Povia, Simone Cristicchi
Nella serata finale sono saliti sul palco (insieme ai vari ospiti della rassegna) i quattro finalisti, selezionati il giorno precedente sulla base del voto del pubblico: Mines, con il brano Caldi estivi, Folco Orselli con L'amore ci sorprende, gli Jang Senato con <i<Lamericano e Cristian Grassilli con Sotto i portici di Bologna.
Il vincitore dell'edizione 2008 è stato <b<Folco Orselli, che si è anche aggiudicato il premio Unimarche per il miglior testo, assegnato dagli studenti delle Università di Macerata e Camerino.
Compositore e cantautore milanese, Orselli ha già all'attivo la pubblicazione di tre album ed esperienze live di sicuro peso, come le aperture dei tour di Tina Turner e di Zucchero Fornaciari. Ha suonato, tra l'altro, nel film di Silvio Soldini Agata e la tempesta, nel quale interpretava il ruolo di se stesso.
Sul palco, al piano, con quelle sua voce “sofferta”, arrochita e strascicata, e insieme calda, intensa, sensuale, che sembra impastata dal fumo di mille sigarette, che sa di nebbia e di osterie, di notti spese a tirar tardi, Orselli assomiglia a Tom Waits, il grande poeta della musica americana (com'è stato detto e ribadito da tutti fino alla nausea). Ma ancor più, e irresistibilmente, fin nello sbarazzino pizzetto d'ordinanza e nella cesta di capelli ritorti in boccoli, a Vinicio Capossela, per stare a un confronto più ravvicinato e “nostrano”, che si situa, tuttavia, per noi, alla stessa altezza dell'americano. E questo è stato invece, da tutti, inspiegabilmente, misteriosamente taciuto.
E invece questa vicinanza con Capossela (anche, soprattutto, nella sensibilità , nelle atmosfere, nei temi, nella poetica infine), quest' “aria di famiglia”, questa contiguità lirica ed emozionale, diventa sorprendente (o sconcertante, a seconda dei punti di vista: se si vuol quantificare ad esempio il grado di originalità e di “inedito” della sua proposta artistica) fin dalle prime note. Note di un jazz morbido e insinuante (“il pianoforte”, ha affermato, “è perfetto per queste storie, con il suo tono malinconico tiene molta compagnia”). E fin, soprattutto, dalle prime parole, sussurrate nel microfono con piglio straziato e dolente, bohemien e lievemente maudit.

L'amore ci sorprende
Ci illumina e ci stende
Dal buco delle tende
Lo vedi arrampicar

Ci dice di calmarci
Di smetterla di berci
Che l'aria è già serena
Ed una dama già a cantar

Ti alzi dal pavimento
Con gli occhi da lavare
Da troppo tempo aspettano l'amore

La luce è ancora fioca
Ma già si alza il vento
Mi aspetto qualche cosa
Che non sia solo un momento

L'amore è raccontato da Orselli in maniera non banale, risaputa, scontata; con grande romanticismo, invece, nel suo strazio e nel suo incantesimo nelle sue epifanie e nei suoi languori, nei suoi inopinati bagliori, nelle sue folgorazioni e nella scia di illusioni e delusioni, di polvere e di cenere che trascina con sè.
“E' una canzone d'attesa dell'amore, un sentimento dolce-amaro”, ha confessato.
Una vena lirica crepuscolare e dimessa, un tono accorato che è quasi “un lamento”, perchè già immagina, già intravede l'esito triste che il destino ha apparecchiato. Con quel finale che sembra rubato pari pari al Luigi Tenco di Un giorno dopo l'altro: “Ma oggi è già domani domani uguale a ieri”.

Da tempo mi lamento
Che solo non so star
Ma cosa che non sia
Una notte sola non so aver

A me piacerebbe tanto
Comprarmi una cantina
Dipingerla di bianco
Dormir solo la mattina

Gli amici sono tanti
Ma veri qualche d'uno
Mi portano del vino
Ma una donna quella mai perchè…

L'amore ci sorprende
Ci illumina e ci stende
Ti trovi sotto casa a fischiettar
O da Renzo e Caterina
La notte è già mattina
La festa che è finita poi domani inizierà ma intanto…

Muovono con calma le molle del mio letto
Ricercano I'affetto di baci e di calor

Ma oggi è già domani domani uguale a ieri
Sei già nei miei pensieri che aspetti ad arrivar

Mines, al secolo Maurizio Minestroni, di Recanati, già finalista di Musicultura col brano Per diventare gay, che Fiorello e Baldini hanno reso famoso, trasmettendolo infinitamente in “Viva Radio 2”, più volte ospite di trasmissioni televisive, ha presentato il brano Caldi estivi.
Un motivo ironico e divertente, giocosamente “cinico”, “sfacciato” e disincantato, accattivante e scoppiettante, di grande cantabilità . Una di quelle canzoni che si candidano a diventare (se la fortuna le darà una mano) un classico balneare, un tormentone estivo, a segnare, con le sue note e le sue trovate in libertà le nostre giornate sulla spiaggia, la nostra “estate al mare”, come cantava la grande e compianta Giuni Russo.
Alla maniera di A A Abbronzatissima, Vamos a la playa e Un'estate al mare, appunto, che ancora, ai primi Caldi estivi, ci risuonano piacevolmente e inesorabilmente nelle orecchie.
Un brano, quello di Mines, costruito con intelligenza e “mestiere”, un testo che ammucchia e affastella momenti, situazioni, luoghi (più o meno) comuni estivi (non mancano all'appello “canzoni allegrissime qua e là “, del tipo sopra citato). E poi, puntualmente, ferocemente, li fa a fette uno per uno, li inchioda con frecce acuminate e avvelenate, li fa esplodere e li manda in frantumi con bombette cariche di humour nero, nerissimo, scientificamente posizionate.
Una canzone eseguita, sul palco, con la presenza (in una serata di metà giugno che sapeva più di grigio e freddo novembre che di incipiente estate) di un misterioso e coraggioso bagnante in costume, munito di apposite pinne, ma orfano di “fucile ed occhiali” tanto per restare in tema di tormentoni balneari.

Arrivano i caldi estivi
Rumori di motorini
Podisti che corrono su e giù
Turisti schiacciati dai TIR
Arriva la bella stagione
Mangiando prosciutto e melone
Un nuovo amore che sboccierà
Più in là ….qualcuno annegherà

è il mio solito pensiero negativo e vacanziero
è un abito leggero, io d'estate vedo nero
Voglio stare solo chiuso in casa ad aspettare
Che il popolo ritorni a lavorare

Arrivano i caldi estivi
Dai oggi prendiamo le bici
Non vedo più il nonno dove sarà
Che strano colore ha quel tram
Arriva arriva l'Estate
Le spiagge son tutte affollate
I bimbi che giocano coi papà
Un nuovo Tsunami arriverà

è il mio solito pensiero negativo e vacanziero
à un abito leggero, io d'estate vedo nero
Voglio stare solo chiuso in casa ad aspettare
Che il popolo ritorni a lavorare

Arrivano i caldi estivi
Gli umani son più espansivi
SI accoppiano liberi (cosi si fa)
E un nuovo cretino nascerà
Arriva arriva l'Estate
La radio le ha già programmate
Canzoni allegrissime qua e là
Perciò… mai nulla cambierà

Io d'estate vedo nero, vedo nero, vedo nero
Non ci posso fare niente io d'estate vedo nero
Voglio stare solo chiuso in casa ad aspettare
Che il popolo ritorni a lavorare

Christian Grassilli, cantautore emiliano, di Bentivoglio (BO) ha all'attivo i cd “Figlio unico” e “Io promo”, entrambi autoprodotti. Laureato in psicologia ed esperto di musicoterapia (ha studiato pianoforte e canto, mentre è un autodidatta per la chitarra) è riuscito, via via negli anni (ne ha 29 e la prima canzone l'ha scritta a 15) a coniugare e “sposare” la sfera degli studi con quella artistica, realizzando un felice interscambio che promette, per il futuro, buoni frutti. Frutti che si possono già gustare nell'oggi, come questa sua bella e poetica Sotto i portici di Bologna.
Un brano che si snoda su ritmi jazz, diluito in una atmosfera soft, un affresco di interno – città (Bologna, appunto), vivo e brulicante di varia umanità , di esistenze che si intrecciano, si incrociano, trascorrono. Di “volti ignoti”, “accenti sconosciuti”, di “baci” che “schioccano”e “passi” che “passano”, di sogni e bisogni. I portici di Bologna “come il letto di un fiume”, come “un pozzo di illusioni”. Una canzone intensamente lirica, di una poesia non declamata, non scandita, ma soffusa, disseminata, partecipe dei destini più o meno dolenti e incerti, più o meno felici, di una variegata umanità , di “altri” che ci incrociano e ci sfiorano, che intersecano le nostre vite distratte e frenetiche (“altri” che, come cantava Umberto Tozzi, “siamo noi”) di abitanti della vita come noi, stranieri come noi
L'interpretazione di Grassilli intarsia il brano di preziosi arpeggi vocali, di vibrazioni intime e soprassalti emotivi, giocati felicemente su toni dolci e sensuali, acuti e delicati della voce.

Sotto i portici di Bologna
C'è una donna che chiede aiuto
Ed uno sputo secco, uno starnuto fresco
Una crepa sopra il pavimento in marmo
Un pacchetto di sigarette fumate
Ci sono catene e biciclette rubate

Sotto i portici di Bologna
C'è anche un timido scontrino
E qualche briciola lasciata da Pollicino
E un pakistano con un mazzo di rose in mano
Una luce fioca e una (sotto a una)
Madonna che non ha voglia di versar lacrime

Si dice che i portici di Bologna
Siano come il letto di un fiume
Pieno di vissuti, di volti ignoti
Di tante frasi e accenti sconosciuti
Di promesse fugaci, di attece sospese
Di cani randagi, di liste delle spese

Sotto i portici di Bologna
Strillano spesso i campanelli
Le porte sbattono, i baci schioccano
I passi passano e schivano i piccioni
Ci son chitarre accordate, col tempo scordate
Schiaffi, sbadigli risate

Sarà . Ma per me Bologna
à come un nido di mattoni
à come una cascata trovata lungo i fiumi
à come un fungo sulla pizza margherita
una regola in mezzo alle eccezioni, una mano a sei dita
à un pozzo di illusioni…..

Gli Jang Senato, infine. Una band di 5 giovani sulfurei e creativi che fondono nel loro sound pop e minimale vibrazioni acustiche e sonorità elettroniche. Il tutto all'insegna di una musicalità godibile e giocosa, non cerebrale, intellettualistica e di testi mai banali, mai scontati.
Come nel brano Lamericano, appunto, scorrevole e swingante, tirato e accattivante, di indubbio spessore musicale e testuale.
Un brano intrigante, immaginifico, tutto giocato su toni favolistici, su atmosfere “contaminate”, un frullato di immagini, strani personaggi, parole in libertà in cui fa capolino, a un certo punto, tra uno “stupidissimo sedere”, “Maddalena”, una “donna nana” e “un impiegato quasi divorziato”, anche Lucio Battisti. A ricordarci che qui, allo Sferisterio, non si scherza, “qui non si canta al modo delle rane”.
Che non siamo a Sanremo, ad ascoltare versi sciatti e stantii, colmi di melassa e di niente, ma al Musicultura Festival di Macerata, nell'appartata, fertile, operosa provincia marchigiana, dove con amorevole dedizione e pazienza artigiana si fabbricano nuovi talenti e si disegnano gli scenari futuri della canzone d'autore e della musica italiana.

Fingo di non cadere
Davanti a questo stupidissimo sedere
Ma poi mi riprendo
E vedo il fondo
Di questa dama disegnata a tutto tondo

Come Maddalena i sassi nella schiena
La donna nana che mi spinge in altalena
Come Fiordaliso che mi ripete
Che non ha voglia di un amore con la sete

Ma non so Americano no
Però se vuole lei…

Voglio sentirmi bene
Dimenticare tutte quante le catene
Ma poi mi riprendo
In un secondo
E la mia mano fa girare il mappamondo

Come una cometa scelgo la mia meta
A primavera ricomincerò la dieta
Stop all'alcolismo e vita sana
Acqua potabile per una settimana

Ma non so, Americano no
Però se vuole lei…
Oh no, Americano no
Com'è che dice lei?

Ma non mi spaventa la tua ostinazione
Prendi le valigie dai si parte amore
E non mi accontento di una notte bianca
Sono la cicala che d'estate canta…

Cerco Lucio Battisti
Ma la collina dei ciliegi non esiste
Se non c'è Francesca
Ballo con Linda
Che nei giardini di marzo sempre brinda

Come un impiegato quasi divorziato
E la barista che mi vede disperato
Come posso fare a ritrovare
La frase giusta che non faccia addormentare?

Ma non so, Americano no
Però se vuole lei…
Oh no, Americano no
Com'è che dice lei?

Ma non mi spaventa la tua ostinazione
Prendi le valigie dai si parte amore
E non mi accontento di una notte bianca
Meglio la cicala che d'estate.

(Fernando Romagnoli)


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