#MISSIONPAGANINI a Istanbul. Intervista a Simone Di Crescenzo
a cura di Vincenzo Pasquali
1 Ott 2019 - Commenti classica, Musica classica
L’Istituto Italiano di Cultura di Istanbul presenta, in anteprima mondiale, presso il Teatro della Casa d’Italia ad Istanbul, il 4 ottobre, il progetto #MISSIONPAGANINI con Yury Revich e Simone Di Crescenzo. Abbiamo intervistato quest’ultimo.
#MISSIONPAGANINI è un concerto dedicato alla figura di Niccolò Paganini e alle ispirazioni legate al suo inseparabile strumento, il violino. Il progetto sarà presentato in anteprima mondiale presso il Teatro della Casa d’Italia ad Istanbul il 4 ottobre 2019, evento organizzato dall’Istituto Italiano di Cultura di Istanbul, prima del debutto italiano a Torino nella prestigiosa stagione 2020 di Lingotto Musica.
#MISSIONPAGANINI conferma il sodalizio artistico tra il giovane astro russo del violino Yury Revich, artista dell’anno nel 2015 agli International Classical Music Awards e vincitore del prestigioso premio ECHO Klassik nel 2016, ed il pianista italiano Simone Di Crescenzo che abbiamo intervistato.
Yury Revich e Simone Di Crescenzo celebreranno con questo progetto, nel corso del 2020, due ricorrenze: i 200 anni dalla pubblicazione dei Capricci di Paganini (1820) e i 150 anni dalla scomparsa di Charles Auguste de Bériot (1870). Il programma, di alto virtuosismo esecutivo, vedrà protagonista la figura di Nicolò Paganini e di compositori a lui storicamente legati.
L’ISTITUTO ITALIANO DI CULTURA DI ISTANBUL è l’ufficio culturale del Ministero degli Affari Esteri e opera in virtù dell’Accordo Culturale stipulato tra Italia e Turchia il 17 luglio 1951, occupandosi della diffusione e della promozione della cultura e della lingua italiana, con lo scopo di sviluppare la reciproca conoscenza e la cooperazione culturale tra i due paesi. L’istituto si propone anche di organizzare eventi culturali di varia natura come mostre, proiezione di film, concerti, conferenze, presentazione di libri, letture di poesia e tavole rotonde.
Intervista a Simone Di Crescenzo
D. Ci racconti della nascita del suo “amore” per il pianoforte, come dire, le sue radici musicali.
R. Ho iniziato a suonare il pianoforte quando avevo 4 anni. Praticamente ho imparato prima a leggere la musica e poi a leggere e a scrivere le parole. Quindi posso dire che sono cresciuto con la musica, che mi ha accompagnato da sempre nella vita. Il pianoforte è stato il primo strumento che ho visto suonare dal vivo…direi che da lì non ci siamo più separati…
D. Conosciamo le difficoltà, specialmente in Italia, che incontra un concertista-solista nella sua carriera professionale e artistica. Qual è il suo punto di vista a proposito, anche alla luce della sua esperienza all’estero?
R. Certamente il mercato della musica classica, soprattutto in Italia, è in crisi e questo è un dato di fatto. Ma credo che ognuno debba trovare la sua strada: bisogna sapersi distinguere mettendo in luce le proprie peculiarità. Le difficoltà ci sono, ma se si capisce in quale ambito inserire la propria attività si possono aprire prospettive interessanti. Nel mio caso, ad esempio, è stata sicuramente vincente la scelta di dedicarmi maggiormente alla musica da camera, una dimensione che in questo momento della vita mi piace molto. Credo che l’Italia debba osare un po’ di più: si ha troppa paura di sperimentare e di puntare su nuove proposte e nuove idee.
D. Da diversi anni si è dedicato della ricerca e alla divulgazione del repertorio cameristico e del Belcanto italiano. Una bella scommessa, visto che molti anche ottimi pianisti ultimamente cedono alla lusinga “commerciale” di repertori più leggeri per compiacere un pubblico spesso meno esigente e più distratto. Ci racconti e motivi questa sua coraggiosa scelta.
R. Credo che per un artista le scelte musicali siano dettate da richiami interiori, che lo portano ad avvicinarsi ad un certo tipo di musica piuttosto che l’altro. Come indole mi sento molto vicino alla musica italiana, al Belcanto e al repertorio preromantico. Non sono chiuso rispetto alla possibilità di accostarmi anche ad altro, ma credo che tutto faccia parte di un percorso di realizzazione personale. Quando scelgo cosa suonare non penso mai al pubblico, scelgo ciò che sento più vicino al mio modo di essere e di esprimermi. Il contatto con il pubblico arriva dopo, quando sono sul palcoscenico. Lì cerco di condividere con chi ascolta il mio pensiero e le mie emozioni.
D. Assistiamo, in questi anni recenti, ad una forma di “colonizzazione” musicale quanto meno discutibile delle giovani e giovanissime generazioni. Cosa ne pensa? E cosa consiglierebbe ai responsabili della formazione musicale?
R. La grande responsabilità in questo senso è della scuola. La scuola pubblica avrebbe il dovere di formare il cittadino nella sua globalità. Ma la grave lacuna che persiste nell’educazione musicale nell’età giovanile in Italia sta portando ad un degrado culturale senza precedenti. Ci siamo dimenticati che anticamente la musica faceva parte del cosiddetto quadrivium, insieme all’aritmetica, alla geometria e all’astronomia. Ben vengano le lingue, l’informatica e tutti i mezzi utili per leggere la contemporaneità, ma ritengo che il cibo dell’anima sia altrettanto fondamentale per costruire una società civile. Dove sono la storia dell’arte e soprattutto la musica? Dimenticata, sottovalutata, svalutata. Ecco che le nuove generazioni non hanno gli strumenti per comprendere ciò che ascoltano, non ne riconoscono né il valore né il potere. Senza educazione non può esserci comprensione e senza comprensione non può esserci apprezzamento. Il nostro patrimonio artistico, un valore immenso che i secoli passati ci hanno lasciato in eredità, sta per essere rinchiuso in una cassaforte di cui pochi, ahimè, posseggono la chiave…
D. Quali sono i musicisti, pianisti ma anche compositori, che hanno più influenzato il suo percorso artistico?
R. Fra i compositori sicuramente Mozart,
Rossini, Bellini e Schumann sono quelli che hanno maggiormente influenzato il
mio percorso. Fra i pianisti in primis Arturo Benedetti Michelangeli, il titano
della perfezione, il cultore del suono. Un altro riferimento per me è Maria
Tipo, riconosco nel suo modo di suonare tutta la grande eredità della grande
scuola italiana, la classe del tocco sempre misurato e calibrato. Fra gli
artisti contemporanei amo profondamente Maria João Pires, artista sublime, di
cui ammiro il fraseggio, l’ispirazione costante, la trascendenza interpretativa
ed il fuoco sacro che risplende in ogni suono che il pianoforte produca sotto
le sue dita. Un sogno nel cassetto? Poter suonare con lei a quattro mani…
D. Ci parli del suo incontro col violinista Yury Revich.
R. Con Yury ci siamo incontrati in occasione dei festeggiamenti rossiniani nel 2018. Già dalla prima prova insieme l’intesa musicale è stata folgorante per entrambi. Yury è custode della più alta scuola violinistica russa, è il quinto per generazione, di una lunga discendenza di violinisti e il suo talento è travolgente. Apprezzo il suo rapporto con la musica, il modo con cui è in grado di far vivere e palpitare le note con il suo magico strumento. Stimo il suo coinvolgimento anche in ambito sociale ed umanitario: siamo impegnati insieme anche su questo fronte, in particolar modo con Unicef, con cui abbiamo realizzato eventi di beneficenza.
D. #MISSION PAGANINI: un progetto ambizioso su un “monumento” della storia della musica. Com’è nata l’idea e qual è la particolarità del progetto stesso?
R. L’idea è nata dalla volontà di celebrare con un concerto evento una delle figure più enigmatiche e allo stesso tempo amate della storia della musica. In particolar modo il 2020 sarà l’anno in cui ricorrerà il 200° anniversario della pubblicazione dei Capricci (1820). È un anniversario significativo per i virtuosi del violino ed è stato lo sprone a creare questo progetto. Nel programma musicale compaiono anche altri compositori come Tartini, Rossini e De Bériot, figure in qualche modo legate al compositore genovese. Invito i lettori a scoprire #MissionPaganini alla prima italiana, il 21 gennaio a Torino, nella prestigiosa stagione di Lingotto Musica.
D. Può darci qualche anticipazione sui suoi progetti futuri?
R. Oltre all’attività concertistica sono impegnato sul fronte della ricerca musicologica, della pianificazione culturale e della divulgazione musicale. Partirà ad ottobre un nuovo progetto di ricerca legato a Rossini in collaborazione con la Deutsche Rossini Gesellschaft in cui sono coinvolto in prima persona. Sul piano della programmazione culturale sto lavorando come Consulente Artistico a due progetti per la Fondazione Toscanini di Parma, ovvero il Concorso per giovani direttori “A. Toscanini”, che lanceremo a breve e il Festival Toscanini 2020, anno in cui Parma sarà capitale italiana della cultura. Prima di Natale uscirà su Sky il mio documentario sul Belcanto prodotto per Classica HD: avrò un’ospite d’eccezione, Mariella Devia.
Grazie Maestro e buona musica.