La “Medea” di Pamela Villoresi
di Alberto Pellegrino
30 Lug 2014 - Commenti teatro
Urbisaglia (MC) – 20.07.2014. Il personaggio di Medea si riappropria dell’affascinante scenario dell’Anfiteatro di Urbisaglia attraverso la magistrale interpretazione di Pamela Villoresi, che si riconferma la prima signora della scena italiana. Il regista Maurizio Panici si è costretto a confrontarsi con una figura femminile attraverso la quale Euripide introduce all’interno della tragedia classica un elemento di assoluta modernità, poiché Medea è la prima donna a mettere in discussione la superiorità dell’uomo nei confronti della donna, gettando le premesse di un nuovo rapporto fra i due sessi che nessun altro drammaturgo greco aveva pensato di mettere in discussione. Medea è pertanto una delle figure più affascinanti e inquietanti del mondo classico, perché non agisce sotto la spinta di un sentimento o di un impulso erotico, ma perché vuole rispondere a una violenza morale e a un’ingiustizia compiuta nei suoi confronti. La donna è perfettamente consapevole che il suo destino è segnato dalla sventura, che le azioni violente, con cui intende punire il padre dei suoi figli, si rivolgeranno contro di lei in modo terribile, eppure persegue il suo fine con determinazione e lucida consapevolezza. Il conflitto, rispetto alle precedenti tragedie, si sposta in questo caso dall’azione esterna all’interno della protagonista, come dimostra il ruolo determinante che hanno i monologhi nello sviluppo della struttura drammaturgica. E’ dall’interno del personaggio che scatta quella molla destinata a scatenare la tragedia: Medea la barbara, Medea la sapiente, Medea la maga si manifesta in tutta la sua “diversità” di esule, di straniera, di moglie e di madre che non è disposta ad accettare ingiustizie, decisa a innescare un circuito devastante all’interno della famiglia e delle istituzioni, a schierarsi contro il potere maschile (Giasone) e contro lo Stato (Creonte).
Panici, partendo anche da attuali e preoccupanti fatti di cronaca, ci presenta una storia tremenda che deve farci riflettere sul nostro essere uomini di questo tempo, invitandoci a percorrere il cammino di Medea fatto di dolore, passione e orrore, quello che lei stessa prova quando decide di compiere un gesto tremendo come quello di sopprimere i propri figli. Panici tende a trasformare la tragedia, “corrompendola” nel senso migliore del termine, cioè attualizzandola come un dramma borghese: questo tipo di lettura appare evidente fin dalla traduzione-riduzione del testo fatta dallo stesso Panici insieme con Michele De Martino, dalla scelta dei costumi decisamente moderni, dalla impostazione registica che tende a privilegiare l’aspetto intimistico-psicologico del personaggio nel solco tracciato da Corrado Alvaro (La lunga notte di Medea) e dalla Medea pasoliniana. Non a caso è Medea ha dominare la scena scarna come un deserto, avvolta nel suo splendido abito rosso, un perfetto connubio tra un peplo e un moderno abito da sera che la Villoresi agita come una bandiera, senza rinunciare a una certa dose di glamour. Questa Medea bella e attraente, riesce a giustificare il male che compie fino a trascinare il pubblico dalla sua parte, sempre presente a se stessa e agli altri fino al momento finale del dramma, quando si ritrae sullo sfondo con il capo avvolto in un grigio velo, lasciando la scena a un disperato Giasone.
La regia elimina le due piccole vittime e la nutrice e riduce la funzione del coro alla voce recitante della brava Evelina Meghnagi, interprete anche di suggestive nenie latino-ebraiche. La struggente e coinvolgente prova della Villoresi fa sì che Medea prenda il sopravvento sui personaggi di Creonte, Egeo e Giasone, tutti interpretati dallo stesso Panici, il quale riesce tuttavia a conferire loro una diversa caratura, resa possibile da chi ha indagato la loro personalità dall’interno come regista. Pamela Villoresi, in stato di grazia, domina la scena passando dall’invettiva alla preghiera, dall’anatema alla supplica, dall’accattivante dolcezza alla durezza della donna che vuole essere padrona del proprio destino, regalando al pubblico una Medea tra le più umane, feroci e femminili del teatro contemporaneo, una persona vera che sfugge a qualsiasi archetipo attraverso la carica di energia che l’attrice sa sprigionare attraverso il corpo e la voce.