Maddalena Crippa interpreta Giorgio Gaber
di Alberto Pellegrino
11 Ago 2013 - Senza categoria
Teatro: Recensioni
Riportare sulla scena il Teatro-canzone di Giorgio Gaber non è certo un'impresa facile (in diversi ci hanno provato e non sempre con risultati convincenti), perchè si tratta di una forma di spettacolo del tutto originale, nata dalla felice intuizione di un cantautore (sempre affiancato dal fedele Sergio Luporini) che ha deciso di interpretare il ruolo di un intellettuale non disposto ad accettare equivoci e compromessi, impegnato ad evitare ogni forma di servilismo come spesso hanno fatto e fanno molti intellettuali di professione . Si può dire che Gaber è stato un intellettuale collettivo, non nel senso tradizionale del termine, ma perchè ha scritto, parlato e cantato, cercando di interpretare i sentimenti, le emozioni, gli ideali e le crisi di coscienza di molti di noi. Egli ha saputo usare sia i mezzi di comunicazione sia la cultura alta senza complessi d'inferiorità ; ha analizzato dall'interno e interpretato la cultura di massa, sfidandola sul suo stesso terreno, quello della canzone commerciale e della televisione. Per portare avanti questa impresa , ha scelto l'antico sistema di comunicazione del teatro, l'unico che consente di stabilire un contatto diretto e immediato con gli esseri umani. Gaber è riuscito a dare un prezioso apporto intellettuale al nostro mondo così immiserito e confuso, un apporto che gli è stato riconosciuto da qualsiasi ambiente politico e culturale, perchè egli ha saputo coniugare la canzone e il monologo in prosa, coniando un linguaggio diretto e capace di arrivare a tutti, dove si mescolano lo sberleffo e l'ironia, il dileggio e il pessimismo, la poetica del sentimento e l'apertura verso un futuro di speranza e di fiducia nell'uomo. Senza preoccuparsi troppo delle critiche che gli sono piovute addosso negli ultimi dieci anni di vita a causa delle scelte politiche dalla moglie Ombretta Colli, egli ha continuato a lanciare le sue sfide e le sue provocazioni fino a poco prima della morte; ha affrontato con il coraggio e l'indipendenza di sempre quegli argomenti esistenziali che sono stati il fulcro della sua poetica e del suo mondo teatrale, riuscendo a richiamare l'attenzione anche delle nuove generazioni e a muoversi dentro un paesaggio sociologico e politico decisamente diverso da quello del passato millennio.
L'impresa di far rivivere sulla scena il teatro-canzone di Gaber è riuscita a una grande attrice come Maddalena Crippa che con molto coraggio ha deciso entrare nei panni di un personaggio maschile difficile da interpretare senza ricoprire un ruolo en travesti. La stessa Crippa si è resa conto del pericolo di cadere nell'imitazione dei gesti e della voce di un personaggio così complesso e inimitabile, per cui ha detto che il suo è un Gaber attraversato dal mio essere donna, e dunque assolutamente inedito. Ho sostituito il mio corpo al suo, i miei gesti ai suoi .
La Crippa, insieme alla regista Emanuela Giordano, ha scelto E pensare che c'era il pensiero, uno degli spettacoli di Gaber più impegnativi e provocatori, andato in scena nelle stagioni teatrali 1994/95 e 1995/96. Si tratta di testi, scritti insieme a Luporini, dai quali emerge la figura di un intellettuale che ama il pensiero, ma che ama ancora di più la realtà , testi che possono apparire persino sgradevoli , ma che sono perfettamente connaturati alla sua personalità di pensatore scomodo , capace di misurare ideologie, pensieri e parole con il metro della realtà quotidiana. Naturalmente l'interprete e la regista hanno fatto delle scelte selettive, degli aggiustamenti e inserimenti dettati dal mutare dei tempi e dal carattere della protagonista, la quale è riuscita a dare ai brani in prosa quello spessore interpretativo tra l'ironico e il drammatico che sono propri di un'attrice di valore, la quale ha fatto risaltare in pieno i significati profondi e profetici dei testi, usando le intonazioni, le pause, le inflessioni, le variazioni di umore sempre giuste. Da parte sua il M Massimo Gagliardi, che ha curato gli arrangiamenti e ha accompagnato al pianoforte l'intero spettacolo, ha contribuito a valorizzare le doti di bravissima cantante della Crippa.
Lo spettacolo si apre con il celebre monologo La sedia da spostare, ironica e raggelante metafora sull'impotenza del sistema politico e della classe intellettuale; seguono l'amara ballata Mi fa male il mondo, il monologo L'equazione, la cruda e originale meditazione contenuta nel brano La canzone della non appartenenza. La protagonista sfodera poi tutte le sue qualità attoriali nell'affascinante monologo Sogno in due tempi, dove si scava nella coscienza individuale e collettiva per riportare in superficie quel tanto di violenza, vigliaccheria e xenofobia che cova dentro ognuno di noi. Si ha il primo inserimento da un altro spettacolo con la bellissima canzone Il dilemma (1982), storia di un uomo e di una donna che, di fronte al crollo dei propri ideali e al consumarsi del loro amore, scelgono di darsi la morte. Segue la canzone-capolavoro Se io sapessi, sintesi dei dubbi e della crisi esistenziale dell'uomo contemporaneo, collegata all'inserimento di un celebre monologo intitolato Qualcuno era comunista (1992), partecipata e ironica analisi della fine di un mito, del crollo di una fede popolare, del nascere di tanto squallido trasformismo, poi subito arriva incalzante il travolgente sarcasmo di Destra-Sinistra, una delle più celebri composizioni gaberiane. A questo punto calza a pennello l'ultimo degli inserimenti La presa del potere, canone dalla sconvolgente attualità che risale addirittura al 1972. Lo spettacolo si chiude con il monologo Una nuova coscienza, nel quale la Crippa mette in evidenza tutte le sue qualità di interprete di razza. Ma le sorprese per il pubblico non sono terminate, perchè la protagonista, il M Gagliardi e le tre brave coriste (Chiara Calderale, Miriam Longo e Valeria Svizzeri) eseguono con un canto a cappella , giocato tra stile melodico e lo swing, una carrellata di successi del Gaber chansonnier (La ballata del Cerruti, Non arrossire, Goganga, Ciao ti dirò, Barbera e champagne, Torpedo blu) per poi concludere con il primo Gaber impegnato che conosce il successo grazie a Come è bella la città (1970), Shampoo (1972) e La libertà (1972), canzone-simbolo per eccellenza dell'universo gaberiano.
(Alberto Pellegrino)