Macerata: “L'Elisir” in nome di Marconi
Alberto Pellegrino
23 Ago 2002 - Commenti classica
Una gigantesca scatola rossa si spalanca sulla scena, rivelando la presenza di una gradinata blu con sopra l'orchestra che indossa una divisa fuori ordinanza dello stesso colore. E' questa l'apertura de L'elisir d'amore di Donizetti, che ha debuttato sabato 27 luglio con l'attesa regia di Saverio Marconi, l'uomo del musical, chiamato ad un primo, importante appuntamento con l'opera lirica nella prestigiosa sede dello Sferisterio. Quando un seducente gioco di luci ha sottolineato i vari passaggi musicali del Preludio si è subito intuito quale sarebbe stato il clima dello spettacolo: un'opera concerto tutta incentrata su un gioco di intelligenti rimandi tra orchestra, direttore, interpreti e coro. E' sempre pericoloso togliere l'orchestra dalla sua naturale collocazione nel golfo mistico , se non si riesce a coinvolgerla nell'azione scenica e a renderla in qualche modo protagonista al di là della sua funzione puramente musicale. Marconi ha condotto in porto questa impresa, sfruttando al massimo le capacità recitative dei cantanti, sui quali si è avvertita la cura di una regia che ha puntato su di un taglio decisamente teatrale e che ha saputo adattare i personaggi alle caratteristiche fisiche e alla personalità degli interpreti. Così la grazia e le doti canore di Valeria Esposito hanno dato vita ad un'Adina capricciosa e civetta, allegra e sentimentale; le capacità mimiche e interpretative del giovane tenore Aquiles Machado hanno consentito di evidenziare messo più la componente comica che quella sentimentale del personaggio di Nemorino (con la inevitabile eccezione della celebre romanza Una furtiva lacrima ), mentre il sergente Belcore ha assunto un tono marziale da impenitente sciupafemmine , fermamente convinto di essere un irresistibile incrocio fra Marte ed Apollo. La migliore intuizione registica è stata quella di sfruttare l'aspetto fisico e le doti di attore del basso Erwin Schrott, che è entrato con disinvoltura nel personaggio di un Dulcamara capace di indossare i panni di un giovane avventuriero amante del denaro e delle donne, astuto e intrigante, pronto a cogliere ogni occasione che possa procurargli un qualche vantaggio, un simpatico impostore spavaldo e sornione che ha riempito la scena con le sue apparizioni. Marconi, ben assecondato da una duttile orchestra e dalla spiritosa direzione di Niels Muus, non ha risparmiato nell'uso delle trovate e della gags, muovendo con agilità le masse, facendo ricorso a spiritose citazioni dal mondo contadino e militare, con passaggi di danza e gustose intrusioni di Adina e Nemorino in mezzo all'orchestra anche a stretto contatto con il direttore. Lo straordinario capolavoro di Donizetti, una delle opere più belle del repertorio italiano, è uscito ringiovanito da questo allestimento, che ha saputo rispettare in pieno lo spartito e che ha nello stesso tempo sottolineato al meglio i passaggi teatrali suggeriti dal libretto di Felice Romani con piena soddisfazione del pubblico che ha salutato i protagonisti e il regista con intensi applausi finali.
(Alberto Pellegrino)