“L’infinito”, il nuovo album di Roberto Vecchioni
di Alberto Pellegrino
19 Dic 2018 - Dischi
Dopo cinque anni di silenzio creativo, nel novembre 2018 è arrivata la nuova raccolta di canzoni di Roberto Vecchioni intitolata L’infinito formata da dodici brani inediti accompagnati da una breve scheda introduttiva, che è già il quarto album più venduto in Italia. Parlando del suo ultimo lavoro, Roberto Vecchioni ha voluto precisare che esso non contiene “12 brani ma un’unica canzone divisa in 12 momenti” per sottolineare l’unità d’ispirazione che caratterizza questo suo nuovo lavoro.
L’album è anche impreziosito dalla partecipazione straordinaria di Francesco Guccini, presente nella canzone Ti insegnerò a volare, e dalla collaborazione di Morgan che ha dialogato con l’autore nella canzone Com’è lunga la notte. Di particolare eleganza sono la veste grafica e le fotografie dell’album curate da Oliviero Toscani, uno dei protagonisti della fotografia italiana.
Si tratta di una rinnovata sfida al presente: “Sono stufo di ascoltare canzoni di malcontento, di rabbia, di è solo colpa degli altri, basta, qui è tutto il contrario, la vita è una cosa straordinaria…La vita – come dice Pasternak – non è una sala d’aspetto, è un salone luminoso. Viaggiamo con una valigia in mano, non sappiamo cosa ci sia dentro, non abbiamo spiegazioni, ma sospettiamo che contenga il segreto di questo vivere. Stranamente tutti sospettiamo che sia l’amore per ciò che vivi”.
Vecchioni dice che l’idea dell’infinito arriva da lontano, perché da anni egli si ripete con insistenza: “Bisogna amare ciò che si vive, non solo la vita in sé, che è un’astrazione, ma gli atti, i gesti, le scelte, gli entusiasmi, i tonfi, i progetti che ci costruisce dentro e amarli incondizionatamente che siano gioia o dolore, vittoria o sconfitta , pietre sparse o monumenti”. L’intero album è un ritorno voluto alla canzone d’autore degli anni Settanta, che ora non esiste più, ma che allora ha avuto un suo ruolo e suo peso culturale soprattutto con i suoi valori: “Là è nato e successo tutto – dice Vecchioni – Là tutto è stato come doveva essere, cioè immaginato, scritto e cantato alla luce della cultura, semplice ed elementare oppure sottile e sofisticata, ma comunque cultura”.
Nella canzone Una notte, un viaggiatore si riprende la metafora della Stazione di Dima, dove la stazione è un luogo misterioso sempre diverso al pari del paesaggio che lo circonda, un luogo-non luogo avvolto nella nebbia della memoria dove si entra senza nemmeno sapere perché una persona si ritrova in quel posto, portando con sé una valigia di cui non si conosce il contenuto ma che possiamo immaginare solo cosa c’è dentro e riceverne delle emozioni.
Ci sono delle canzoni che ricordano alcuni personaggi del nostro tempo come Giulio, dove l’autore fa rivivere la storia di Giulio Regeni attraverso le parole della madre che non vuole rassegnarsi a crederlo morto e lo racconta ora bambino, ora adolescente, ora uomo, mentre dorme serenamente nella sua casa. Cappuccio rosso è un omaggio alla giovane curda Ayse, caduta combattendo contro l’ISIS, la quale dal fronte spedisce al suo ragazzo un’immaginaria lettera molto umana e piena d’amore. La canzone del perdono è un omaggio a Papa Francesco che non è mai nominato ma è presente, perché il valore del perdono è importante per chi crede in Dio, ma anche per chi ama il mondo. Ti insegnerò a volare è un inno all’invincibile amore per la vita ed è uno straordinario personaggio come Alex Zanardi a parlare per ricordare ai giovani e a tutti noi che dopo ogni caduta è fondamentale rialzarsi, che se perdi le gambe e non puoi più camminare allora vuol dire che imparerai a volare, per cui il personaggio di Zanardi è diventato il perno centrale di tutto l’album che vuole cantare la bellezza della vita con tutto quelle che contiene: l’amore, la libertà, la giustizia, la passione. Forse per questo Francesco Guccini ha accettato d’interrompere un silenzio durato sette anni e ha accettato di cantare questa canzone insieme al suo autore, lui che è in “cantore” nel senso più antico e più nobile di questa parola.
Con la canzone Vai, ragazzo Vecchioni si rivolge ancora una volta alle nuove generazioni (lo aveva già fatto in precedenza soprattutto con Il lanciatore di coltelli) per dare un segnale di speranza nel futuro, un’esortazione a guardare avanti: “Tieni il sole tra le dita/Tu conosci l’alba della vita/ non il loro sole spento…Salva il fiore del passato/in un mondo di desolazione/Non è il cielo l’infinito/L’infinito è nella tua emozione”. Egli si toglie anche lo sfizio di scrivere il ritornello in greco antico (“Le donne e gli uomini/cantano felici sulla spiaggia./La luna e il sole”) per sottolineare l’immutato valore degli studi classici che aiutano “a tracciare una linea di confine tra vivere la vita o transitarci dentro e basta”.
Bellissima la canzone Formidabili quegli anni, un titolo preso in prestito da Mario Capanna. Non si tratta però di una canzone sul Sessantotto che fa solo da sfondo e non è nemmeno una composizione nostalgica: “Formidabili quegli anni,/Quando dicevamo d’essere compagni,/Una così lieve e fragile parola/Scritta sopra il vento della storia…Traversati come stelle senza cielo/Tra le gocce ritrovate del pensiero/Come briciole di pane sul sentiero/Come briciole di pane sul sentiero”. Il protagonista è Vecchioni che incarna i sogni e le speranze di quel tempo, anche se egli precisa che non esiste un “c’è stato” o un “ci sarà”: “Il mio orologio è fermo in un continuo presente, quello della mia anima e delle mie convinzioni”. Sempre autobiografica è la canzone Com’è lunga la notte, un testo introspettivo per guadare dentro di sé, mentre l’ultima strofa è in terza persona, come se l’autore guardasse se stesso dal di fuori, per cui a cantarla è Morgan.
Non potevano mancare due canzoni a soggetto amoroso: la prima è Ogni canzone d’amore, un madrigale nel quale l’autore immagina che tutti i poeti del mondo abbiano dedicato dei versi d’amore a sua moglie, la donna che ama di più in assoluto; la seconda è Ma tu, una canzone strutturata su due piani temporali che s’intersecano, perché riguardano la prima e l’ultima donna amata. Esiste però tra loro una sostanziale differenza, anche se entrambe hanno un loro posto nella mente del poeta: il primo amore è l’immagine di un sentimento; l’ultimo amore è un sentimento profondo e reale, radicato nel presente. L’album si chiude con la canzone intitolata Parola, un’elegia che Vecchioni dedica alla morte del linguaggio che può sembrare un argomento al di fuori del tema generale dell’intera opera, ma anche in questo caso si parte da una fede nella parola (“tu sei dentro di me/E mi canti e mi culli/Mi addormenti e mi svegli/Camminando sui fogli…Sei dentro di me/io non posso perderti”) per passare a una condizione di malinconica impotenza (“Dai buffoni di ieri/Che oggi sono signori/Mi hai guardato le spalle…Dai bagliori di scena/dai versi di un poema/Ridotta a questa sorte/parola amore mio/Chi t’ha ferita a morte?”).
Concludiamo con la composizione che ha dato il nome all’intera raccolta, L’Infinito di quel Leopardi che è sempre stato il primo pensiero del cantautore milanese, al quale piace credere che il grande poeta non odiasse la vita ma che la sua disperazione e il suo sarcasmo “fossero reazioni di un amante tradito”. Infatti, nell’ultimo soggiorno a Napoli, sembra che egli sia un altro uomo, che non ha cambiato la sua pessimistica visione del mondo, ma che sia stanco di tanto dolore e chieda una tregua, per cui nella Ginestra lo attraversa il pensiero che l’infinito non sia al di là della siepe ma stia dentro di noi: “Mi va diritto al cuore/Questo vivere intorno,/Questo sole nell’aria,/Questo cadere in sogno/E per la pima volta/Da quando sono al mondo/Non muore il dì di festa…E se mi sono perso/A vagar l’infinito/Punivo l’universo/Di un amore tradito:/Tramontata la luna/Torna di nuovo il sole,/vattene via per sempre,/Vattene via dolore”.
Per quanto riguarda le musiche è lo stesso Vecchioni a dettare le linee guida per individuare le caratteristiche melodiche di quest’album che non sono casuali, ma sono il risultato di una ricerca nell’ambito della musica popolare soprattutto italiana. Pertanto in queste composizioni vi sono echi dei cantautori siciliani (Una notte, un viaggiatore); vi sono le frottole rinascimentali (Com’è lunga la notte) e i canti della resistenza (Cappuccio rosso). La Canzone del perdono è invece un salmo; Ogni canzone d’amore è un valzer popolare; Formidabili quegli anni è una canzone “all’italiana” con tanto di strofe e ritornelli. Si esce dall’Italia con Vai, ragazzo che è un “Sirtaki”, mentre Ti insegnerò a volare è una ballata all’irlandese. L’unico collegamento con la musica colta è presente ne L’infinito, dove riecheggiano arie pucciniane.