Lindbergh
11 Ago 2013 - Dischi
Ivano fossati o del viaggio. Un avventuroso cercatore, solitario e ardito esploratore di terre, mari e cieli, un poeta musicista di frontiera, schivo e taciturno, costantemente in fuga dalla musica che gira intorno , quella furba, stantia e preconfezionata delle classifiche, di quelli che cantano dentro nei dischi perchè ci hanno i figli da mantenere , per dirla con il buon Jannacci.
Al suo undicesimo albun, Lindbergh , il cantautore genovese, vent'anni di mestiere alle spalle (dai furori stile hippy, eroici , acerbi, giovanili, dei Deliriun: ricordate Jesahel? ) si conferma una presenza originalissima, inconfondibile, tra le più sensibili e ispirate, nella canzone d'autore italiana. Lindbergh come emblema , prototipo d'uomo, e come messaggio, per usare un'espressione pure data e usurata. Sulle ali della sua epica impresa si libra in volo Fossati, nella scia luminosa di questo eroe-angelo (così nella fantasia popolare) umile e positivo, cortese gentiluomo e intrepido pioniere, che nel 1927 (quando la civiltà degli uomini era ancora una civiltà di uomini, non governata e schiacciata dalla macchina) vola, in solitaria, col suo piccolo monoplano, da New York a Parigi, pagandosi anche la benzina, per dar fiato, semplicemente, ad un imperativo del cuore: Non sono che il contabile/Dell'ombra di me stesso/Se mi vedete qui a volare/E' che so staccarmi da terra/ E alzarmi in volo/Come voialtri stare su un piede solo/Difficile non è partire contro il vento/Ma casomai senza un saluto/Non sono che l'anima di un pesce/Con le ali/Volato via dal mare/Per annusare le stelle/Difficile non è nuotare contro la corrente/Ma salire nel cielo/E non trovarvi niente (Lindbergh) .
Dal suo piccolo aereo oltre le nuvole, Fossati-Lindbergh, volatore controvento , osserva il mondo , le cose, col suo occhio dolente, elegiaco, capace anche, tuttavia, dopo il pessimismo doloroso, straziante, di Discanto e pur tra presagi di guerra e inquietudini assortite, di accensioni d'amore, di fiduciose attese, di relative speranze nell'avvenire (Ci sarà ). Il disco ha un sottotitolo eloquente e suggestivo, Lettere da sopra la pioggia, quasi a suggerire una prospettiva privilegiata di osservazione, una distanza che consenta la necessaria chiarezza dello sguardo, oltre e al di là delle miserie del quotidiano e delle tragedie del vivere (su tutte la guerra, uno dei temi fondamentali dell'album, a cui sono dedicate tre delle dieci canzoni). Mediterranei sono i ritmi e gli stili, impreziositi, qua e là , da raffinatezze sonore, da timbri insoliti, imprevedibili, grazie anche all'intervento di strumenti diversi, atipici, in sintonia con l'inesausta ricerca musicale di Fossati. Un suggestivo oboe, ad esempio, trama La Madonna nera, un brano tirato, incalzante, mentre l'arpa di Vincenzo Zitiello, ne La barca di legno di rosa, evoca vaghe nostalgie. Il disco è un canto alto al viaggio e alla musica popolare e si apre proprio con un pezzo intitolato La canzone popolare, quasi un manifesto, un brano che nella struttura circolare e nella sua robusta ritmica, canta la vitalità del nostro patrimonio tradizionale ed è un invito efficace al suo recupero, alla riscoperta delle nostre radici: Alzati che si sta alzando la canzone popolare! ( )Se c'è qualcosa da dire ancora/Ce lo dirà !Se c'è qualcosa da imparare ancora/Ce lo dirà .
In questo disegno di rivalutazione del passato, non solo a livello programmatico, ma anche stilistico, in questa riproposta dei temi e degli schemi musicali di una civiltà contadina non lontana, ma indubbiamente allontanatasi, si iscrivono altri due brani, che raccontano due diverse maniere, nei toni e nel sentire, di rifiutare la guerra. Da una parte quella eroica, sdegnosa, corrosiva, del Disertore, lo splendido e incisivo atto d'accusa di Boris Vian, composto ai tempi della guerra d'Algeria, dall'altra quella elegiaca, malinconica e sottilmente straziata di Poca voglia di fare il soldato. La voce dolce e indignata di Fossati, una voce piena, potente, corposa, che rallenta volutamente la corsa delle parole, ne dilata i confini, per conferire loro più pregnanza e incisività , quella maniera tutta sua di cantare, a volte quasi parlata, scandita, recitante, a volte violenta, battente, gonfia di determinazione, riesce spesso in interpretazioni intense e toccanti. E pensiamo, qui, anche, a Sigonella, altro brano doloroso, sulla Sicilia che trama anche, invasa da una paura che fa chiudere gli occhi/ E il cuore e ancora calpestata e offende la speranza: Senti cosa ti scrivo amore/ Che non c'è profumo di melograno/E non c'è arancio che sia veramente in fiore/Che tutta l'isola è un vulcano/Dove non passa la paura/Come da noi cambia una stagione . Molto bella e più che mai attuale e urgente è anche Mio fratello che guardi il mondo in cui Fossati canta la fratellanza e la solidarietà verso l' altro , chi sta ai margini, chi soffre, verso l'uomo senza potere e senza armi. L'ultimo brano, Lindbergh , che dà il titolo all'album, è forse il più suggestivo ed emozionante. Una struggente poesia che si libra in un'area, vagante leggerezza, dentro una musica (tastiere e chitarra classica) atmosferica, fasciante, avvolgente che dà quasi la sensazione fisica e visiva del volo, della vastità dei cieli e degli orizzonti. Le ultime parole, bellissime della canzone, sono insieme una scommessa con se stessi e un richiamo che ci coinvolge tutti, in quanto uomini, nel cerchio stesso della nostra destinata avventura, un invito, come Fossati cantava nei primi solchi, in apertura, ne La canzone popolare, a prenderla fra le braccia/Questa vita danzante/Questi pezzi di amore caro/Quest'esistenza tremante . E ora, dunque, in chiusura, al termine del percorso musicale, ma ancora nel cuore del viaggio, della trasvolata (che ognuno di noi deve realizzare): Dal mio piccolo aereo/Di stelle io ne vedo/Seguo i loro segnali/E mostro le mie insegne/La voglio fare tutta questa strada/fino al punto esatta in cui si spegne .
(Fernando Romagnoli, 1992)