L’eterno fascino de "La Locandiera"
di Elena Bartolucci
11 Dic 2012 - Commenti teatro
Macerata – Domenica 9 dicembre 2012, il Teatro Lauro Rossi di Macerata ha ospitato la nuova e strabiliante versione della Locandiera del celebre capolavoro di Goldoni che porta la firma del regista Giuseppe Marini, abituato alle sfide e alle riletture critiche dei grandi classici.
La Locandiera riesce ancora oggi a conquistare gli spettatori per la bellezza dei suoi personaggi, le gag comiche e le battute così riuscite nonostante sia un testo scritto nel lontano 1752. È la commedia goldoniana per eccellenza e forse anche la più rappresentata. La storia si sviluppa nella locanda della bella Mirandolina (Nancy Brilli) a Firenze. Donna laboriosa, schietta, accorta negli affari e padrona di se stessa, non ha bisogno che gli uomini le diano degli ordini e tantomeno di un marito, almeno fin quando non vorrà. Sa mutarsi in ciò che gli altri vogliono che sia, adattandosi alle esigenze di ciascuno dei suoi corteggiatori. Riesce perfettamente a incarnare la duplice veste di semplice popolana e di padrona della locanda, mettendosi al servizio di aristocratici clienti di cui sa ben sfruttare la loro ricchezza. I suoi due più agguerriti corteggiatori sono lo spiantato Marchese di Forlipopoli (uno straordinario Fabio Bussotti) e il conte d’Albafiorita (Maximilian Nisi) che ostenta continuamente i suoi averi. Il primo è capace ormai di offrire alla bella locandiera solo la sua protezione, mentre l’altro, il classico arrampicatore sociale, che ha comprato il titolo di cui si fregia, sfoggia il lusso del suo casato facendole continuamente dei regali. Eppure si credono tanto diversi. “Son chi sono” non fa che ripetere il Marchese, ma sono entrambi dei perdenti che Mirandolina prende in giro con facilità.
La svolta avviene quando l’altro cliente della locanda, il cavaliere di Ripafratta (Claudio Castrogiovanni), si dimostra un burbero misogino, il quale crede che le donne rappresentino per l’uomo solo un’infermità. Al dunque Mirandolina decide di vendicare l’onore del proprio sesso, cercando di attrarlo nella propria rete facendolo innamorare di sè. Così sarà. Il povero Cavaliere si spoglierà della sua corazza da aristocratico scontroso e sprezzante e, ammettendo la sconfitta, fuggirà poi via col cuore spezzato.
Alla fine la bella locandiera capisce di aver spinto troppo in là quel gioco di parole e seduzioni e decide che in realtà l’unico uomo che può far per lei è il bel cameriere, Fabrizio (Andrea Paolotti), al quale il padre l’aveva destinata come moglie poco prima di morire. Eppure l’uomo ha visto come la donna riesce a illudere l’altro sesso, quindi chi potrà mai garantirgli che non lo farà altrettanto con lui?
Lo stesso Marini ha specificato che la Locandiera non ha mancato di esercitare nel tempo, un lungo tempo, proprio come la sua protagonista, una certa misteriosa malia incantatrice. Mistero che apre oggi delle possibili fessure di comprensione (e interpretazione) in quella sorta di trattato, lucido e precisissimo, sull’egotismo o, meglio ancora, sul narcisismo o battaglia di narcisismi che da sempre sembra trovare nella sfera amorosa il suo terreno di applicazione privilegiato. Ogni personaggio è collocato in un classe sociale ben definita, ma tutti ruotano intorno al cardine portante ovvero la bella Mirandolina, che, soltanto alla fine, capisce che l’unico modo per salvare la sua onorabilità è quello di legarsi per la vita a Fabrizio anche se fino ad allora aveva saputo fare a meno della protezione degli uomini e deve quindi arrendersi, rinunciando alle lusinghe e ai regali dei suoi clienti e attenersi a quelli che erano i progetti di suo padre, stimolando nello spettatore ammirazione e risentimento allo stesso tempo.
Nancy Brilli, nota attrice del piccolo e grande schermo, ha scelto con oculatezza un’opera dal sapore contemporaneo per sancire il suo ritorno in teatro dopo diversi anni, circondandosi di ottimi interpreti tra cui va menzionato Fabio Fusco, nei panni della pseudo-baronessa Ortensia, che, nonostante sia un travestito, riesce a civettare come una vera dama con tutti gli uomini della locanda, regalando anche le scene più divertenti. La traduzione e l’adattamento del testo originale di Carlo Goldoni sono dello stesso regista Giuseppe Marini. Lo spettacolo è stato prodotto da Società per Attori, le magnifiche scene di una scenografia minimale ma di grande effetto sono di Alessandro Chiti e i costumi dai tessuti pregiati e dai colori sgargianti portano la firma di Nicoletta Ercole.