“Le Ninfee di Monet. Un incantesimo di acqua e luce”, anteprima del film a Roma
di Francesco Pascali
23 Nov 2018 - Commenti cinema
“Seguo la natura senza poterla afferrare; questo fiume scende, risale un giorno verde, poi giallo, oggi asciutto e domani sarà un torrente”. Bastano queste parole per cogliere l’essenza di quella che è stata la grande anima di Claude Monet (1840-1926), artista straordinario, considerato dalla critica il padre dell’Impressionismo. Un’anima ardentemente fagocitata dalla luce e dall’acqua, sue grandi passioni che nel corso degli anni diventano veri e propri tormenti. Un’anima che percepisce quell’inafferrabile natura come lo specchio per trasferire i suoi sentimenti più reconditi e impenetrabili, creando così un proprio spazio fisico nel mondo.
Tutto questo racconta Le Nifee di Monet, un altro tassello che Nexo Digital, in collaborazione con Ballandi Arts, aggiunge al progetto “La Grande Arte al cinema”. La struttura narrativa scelta dal regista Giovanni Troilo e dai suoi sceneggiatori D’Introno e Pisoni, è funzionale: un racconto a più voci, articolato sulle tappe (geografiche e pittoriche) fondamentali per la vita e l’opera di Monet, che si sviluppa seguendo il percorso della Senna. Il viaggio parte da Le Havre, per poi risalire a Poissy, Argenteuil, Vétheuil, Giverny. E ovviamente a Parigi, prima al Museo d’Orsay (con il richiamo alla nascita della corrente impressionista, nel 1889, durante l’Esposizione Universale) e infine al Museo de L’Orangerie, nelle magnifiche sale ovali che lo stesso Monet aveva progettato. È proprio questo museo, inaugurato cinque mesi dopo la sua morte dall’amico George Clemenceau, a custodire la “Grand Décoration”, l’immensa e avvolgente opera nella quale l’artista aveva riversato le ultime energie. Riaffiorando da un periodo di depressione che lo aveva portato ad abbandonare la pittura, Monet aveva sentito l’impulso frenetico di riprendere in mano il pennello, senza tregua, per realizzare quest’opera. Intanto, fuori dal suo giardino di Giverny imperversava, in tutta la sua atrocità, la Grande Guerra (sostenuta e incitata da Clemenceau, fervente militarista). Monet cercava la pace. E questi colossali pannelli raffiguranti i suoi stagni di ninfee compongono un’opera di resistenza, che avviluppa gli spettatori in un’atmosfera di serenità e pace.
È un tipico prodotto Nexo Digital che si riallaccia formalmente ai capitoli già usciti della “Grande Arte al cinema”. È forse eccessivo definirlo un film, ma non è neppure un documentario. Prendendo per buona la definizione di evento cinematografico – sarà infatti sugli schermi solo il 26, 27 e 28 novembre – Le Ninfee di Monet ha il grande merito di sfruttare la sala per far conoscere anche ai meno esperti uno dei più importanti protagonisti della storia dell’arte. Riesce infatti a coinvolgere lo spettatore attraverso immagini accattivanti, in perenne movimento e spesso dall’alto, montaggio incalzante e musiche trascinanti di Remo Anzovino: tutti elementi che stanno ormai delineando un vero e proprio canone per formule di questo genere. A tenere desta l’attenzione, ci pensano le varie voci che si intervallano per comporre la trama biografica e artistica di questo genio del colore. Elisa Lasowski, interprete del fortunato Trono di Spade, è una narratrice di bella presenza, onnipresente e a tratti invadente, che si rivolge direttamente al pubblico con tono spesso didascalico. Lo storico Ross King, autore del best seller Il mistero delle ninfee (edito in Italia da Rizzoli), dà il suo contributo come consulente scientifico. Interessanti gli interventi della fotografa fiamminga Sanne De Wilde e della giardiniera della Fondation Monet, Claire Hélène Marron. Anche se in questo viaggio lungo la Senna non ci si immerge mai del tutto, Le Ninfee di Monet va visto, nell’ottica di un buon approccio all’esperienza di uno straordinario genio della storia dell’arte e alla sua opera, che, come recita il sottotitolo del film, è davvero “un incantesimo di acqua e luce”.