“Le figure per dirlo. Storia delle illustratrici italiane” di Paola Pallottino
a cura di Alberto Pellegrino
12 Mar 2020 - Libri
Presentiamo il volume Le figure per dirlo. Storia delle illustratrici italiane, edito da Treccani e curato da Paola Pallottino. Un’opera di grande rilevanza storica, un lavoro bellissimo anche sotto il profilo grafico.
Paola Pallottino, la maggiore storica dell’illustrazione, è l’autrice di molte pubblicazioni, tra cui due volumi di fondamentale importanza come la Storia dell’illustrazione italiana (1988) e Dall’atlante delle immagini (1992). È stata docente di Storia dell’illustrazione moderna nell’Università di Bologna e di Storia dell’arte contemporanea nell’Università di Macerata. Ha anche scritto i testi di celebri canzoni come 4 marzo 1943, Un uomo come me, Il gigante e la bambina, Annabellanna composte da Lucio Dalla; Giovanna d’Arco e La ragazza e l’eremita musicate da Angelo Branduardi.
La Pallottino ha ora pubblicato un altro volume di grande rilevanza storica intitolato Le figure per dirlo. Storia delle illustratrici italiane , un’opera bellissima anche sotto il profilo grafico e corredata di una vasta bibliografia, che colma un vuoto nel panorama storico dell’illustrazione italiana, perché fa risalire in superfice il mondo dell’illustrazione femminile che nel tempo aveva subito una quasi totale cancellazione.
Dal Medioevo all’Ottocento
La Pallottino sottrae all’anonimato o alla disattenzione un grade numero di artiste, che hanno operato a partire dal Medioevo fino all’era del disegno digitale. L’autrice ha ricostruito le loro vicende e il loro profilo artistico attraverso un minuzioso lavoro di ricerca condotto su libri, ex-libri, pubblicità, calendari, fumetti, periodici di ogni genere con il risultato di fornire una serie di notizie e una documentazione di illustrazioni in grado di sconfiggere quel processo di emarginazione che, fino a un recente passato, ha escluso le donne da quel mondo dell’illustrazione legato alla letteratura per ragazzi e per adulti, al fumetto, alla caricatura, alla moda, alla grafica pubblicitaria. Eppure la storia di queste artiste affonda le sue radici addirittura nel Medioevo, quando le donne godevano di una ridotta libertà espressiva che consentiva raramente di mostrare le loro capacità, per cui la loro attività era circoscritta nel campo della tessitura, del ricamo di arazzi, drappi e paramenti sacri realizzati tra le mura dei palazzi aristocratici o dei conventi. È soprattutto in questi ultimi luoghi dove si formano le prime donne-artiste che decorano testi sacri e pareti delle chiese, oppure producevano oggetti destinati al mercato esterno per il sostentamento della loro comunità. Si arriva nel XV e XVI secolo quando alcune monache, provenienti dalle classi aristocratiche e colte, si dedicano alla miniatura come testimoniano i pochi nomi arrivati fino a noi: Caterina de’ Vigri, Laura de’ Bossi, Eufrasia Burlamacchi, Dorotea Broccardi e Pautilla (Polissena) de’ Nelli citata dal Vasari come “prima donna pittrice di Firenze”. Nella seconda metà del Cinquecento cominciano ad emergere alcune personalità femminili nel campo dell’incisione, della pittura e della scultura: Properzia de’ Rossi, Diana Scultori Ghisi, Geromina Parasole Cagnacci e la giustamente celebre Sofonisba Anguissola (1532-1625), una grande pittrice sulla quale il Vasari riporta un giudizio dell’Ariosto: “Le donne son venute in eccellenza/di ciascun’arte ov’hanno posto cura”.
Con il Barocco le donne cominciano a conquistarsi uno spazio leggermente più ampio nella pittura e nell’incisione, dove emergono Elisabetta Sirani, Chiara Bellini, Teresa del Po, Veronica Fontana, Suor Isabella (Elisabetta) Piccini. Sempre nel Seicento si affermano nel campo della pittura botanica e nella natura morta Isabella Cattani Parasole, Fede Galizia, Suor Orsola Maddalena, la marchigiana Giovanna Garzoni, Anna Maria Vaiani, Margherita Volò Caffi.
Nel Settecento aumenta il numero delle donne che si dedicano all’arte dell’incisione: Felicita Sartori Hoffmann, Fiorenza Marcello, Angelica Kauffman, Valentina Monaco, Caterina Zuliani, Prudenzia Astori. Nell’Ottocento, nonostante lo sviluppo dell’editoria, si assiste a una ricaduta nell’ombra delle illustratrici, tanto che nei 19 volumi del Catalogo dei libri italiani dell’Ottocento compaiono solo tre donne; nessuna artista figura tra gli illustratori della Divina Commedia e dei Promessi Sposi; mentre da questa damnatio memoriae si salvano i nomi di Isabella Bozzolini, Ernesta Legnani Bisi, Leopoldina Zanetti, Massimina Fantastici, Carolina Piotti Pirola, Maria Assunta Elvira Pochini.
La prima metà del Novecento
Nel primo Novecento la situazione non cambia molto nonostante lo sviluppo tecnologico della stampa e l’avvento delle riviste illustrate. Basti sapere che La Tribuna illustrata ha come unica collaboratrice Marcella Lancellotti e la storica L’Illustrazione Italiana assume Adelina Zandrino solo nel 1913. In controtendenza troviamo la rivista bolognese Italia Ride, dove collaborano quattro disegnatrici: Maria Barberi, Olga Lugaresi, Gemma Himeri ed Elsa Zamorani che morirà ad Auschwitz.
Nel primo dopoguerra qualcosa comincia a cambiare nel mondo femminile, perché le artiste, anche se emarginate, entrano in modo conflittuale nel Movimento Futurista e, nonostante il “virilismo” del regime fascista, cominciano ad avere qualche affermazione nell’Art Deco. Cambiamenti più sostanziosi si avvertono negli ambienti della stampa periodica con la pubblicazione delle riviste Donna e Almanacco della donna italiana dove compaiono numerose illustratrici come Tullia Rossi Berardi e l’elegantissima Neli Marchese. Al di fuori di queste riviste operano Elvia Oliva Borzino, Gina Pellegrini, Adriana Fabbri Bisi cugina di Umberto Boccioni, Titina Rota, Emma Teresa Bonazzi (Tigiù), Lilla Lipparini, Natalia Azzoni, la camerinese Emilia Zampetti, Adelina Remorino, Gabriella Fabbricotti Bertonelli, Sofia Chiostri, Adelaide Vanzetti. Accanto agli storici periodici La Domenica del Corriere e Il Corriere dei Piccoli, compaiono le riviste femminili Novella, Annabella, Eva, Grazia, Bellezza, La vita femminile, Lidel, dove lavorano Ester Sormani, Tina Visconti, Maria Pezzi, Edina Altara, Bruna “Brunetta” Moretti. Accanto alle riviste dedicate a un pubblico femminile si moltiplicano i periodici per ragazzi e compaiono le prime autrici di fumetti prima sul “Corriere dei Piccoli” poi su Il Vittorioso, dove si afferma Paola Bologna, mentre Lina Buffolente (detta “la signora del fumetto”) diventa famosa per i personaggi di Jane Calamity e Liberty Kid.
Nel 1929 si apre a Urbino il Regio Istituto per la Decorazione e Illustrazione del Libro che riunisce prestigiosi insegnanti fra cui Francesco Carnevali. Oltre a diplomare diverse valide allieve, crea un gruppo di illustratrici marchigiane come Maria Ciccotti, Concetta Ciancamerla, Anna Maria Santancini e Amelia Gamberini Rossano Olivi. Altre illustratrici, che lavorano per riviste e case editrici, sono Hedda Celani, Augusta Cavalieri, Bona Gigliucci, Emma Calderini, l’elegante Corinna Calegaris, l’anconetana Fausta Berr, Maria Viviani, Rosetta Cavallari (moglie di Sergio Tofano), Felicita Frai, le future scrittrici Gianna Anguissola ed Elsa Morante, le pittrici Leonor Fini e Anna Salvatore. Si muove il mondo cattolico con le sue case editrici (SEI, La Scuola, Pia Società San Paolo) e una serie di pubblicazioni rivolte ai bambini e agli analfabeti, applicando il motto “pictura est laicorum sciptura” e dando il via a libri per il catechismo (il più bello è di Maria Soffiantini), vite apologetiche di santi e un Vangelo narrato ad un fanciullo dalla sua mamma di Marina Battigelli.
Nel primo dopoguerra il PCI e il PSI dichiarano di arrivare alla parità della donna, ma per le illustratrici c’è ancora poco spazio fatta eccezione per la rivista Il Pioniere, dove si distinguono Dina Rinaldi e Giulia Mafai, che collaborano anche per illustrare i libri di Gianni Rodari.
Il nuovo corso
Nel secondo dopoguerra si registrano notevoli cambiamenti sociali ed economici legati all’industrializzazione e all’urbanizzazione, al diffondersi dell’istruzione e dei nuovi mass media. In questa fase storica trova uno spazio maggiore la creatività della donna e nasce un universo artistico femminile favorito dalle nuove conquiste sociali e politiche, dai più ampi scambi culturali, da inedite possibilità espressive, per cui si moltiplicano le opportunità di lavoro per le artiste nel campo dell’illustrazione, della grafica, della moda.
Nel 1961 nasce a Tolentino la Biennale della caricatura. L’umorismo nell’arte che apre le porte alle disegnatici nel campo della satira e nel 1964 s’inaugura la Fiera Internazionale del Libro per l’Infanzia e la Gioventù che darà un notevole impulso all’editoria per ragazzi ormai dominata dalle donne illustratrici che si distinguono per eleganza, sensibilità e fantasia. Vanno segnalati i nomi Silvana Migliorati, Elena Pongiglione, Mariaelisa Leboroni, Carla Di Pancrazio, Cinzia Ghigliano, Octavia Monaco, Nella Bosnia, Nicoletta Ceccoli, Maria Cristina Lastrego, Giosetta Fioroni, Chiara Rapaccini, Simona Mulazzani. Nel 1965 viene fondata la rivista Linus, nella quale appaiono diverse disegnatrici di valore come Ellekappa (Laura Pellegrini). Con l’ampliarsi del mercato di libri per ragazzi le illustratrici riescono ad esprimere una nuova visione del mondo e costituiscono una presenza sempre più determinante: “il potenziale semantico del loro potenziale artistico – dice la Pallottino – sempre più acuto, si traduce in un numero di immagini di crescente e consapevole qualità premiata dal mercato”. Fra le tante autrici si distinguono Antonella Abbatiello, Giulia Orecchia, Pia Valentinis, Francesca Biasetton, Sonia Maria Luce Possentini. Con la diffusione del digitale si ampliano ancora di più i confini culturali e si afferma una nuova generazione di autrici dotate di notevoli qualità artistiche come Olimpia Zagnoli, Maddalena Sisto, Francecs Ghermandi, Gabriella Giandelli, Betatrice Alemagna, Anna e Elena Balbusso.