L'Arena di Verona zeffirelliana


Alberto Bazzano

14 Lug 2010 - Commenti classica

VERONA. L'ottantottesima stagione lirica dell'Arena di Verona è un grande tributo a Franco Zeffirelli, il regista fiorentino chiamato a firmare tutti i titoli in cartellone. Cinque spettacoli di grande popolarità , secondo la consuetudine del Festival non molto incline alle sperimentazioni.
Nuovo è l'allestimento di Turandot. Le altre quattro realizzazioni (Aida, Carmen, Butterfly e Trovatore) sono riprese di apprezzate produzioni.
Veniamo alle recite di Aida e Butterfly, cui abbiamo assistito nei giorni del 25 e 26 giugno.
Il sontuoso allestimento zeffirelliano di Aida è stato pensato per il palcoscenico areniano nel 2002. Riproposto nel 2003, 2004, 2005, 2006, riaffiora quest'anno sostanzialmente immutato. Domina la scena un'imponente piramide semovente, d'oro e d'argento. Facendo perno su se stessa scopre i vari ambienti del dramma, consentendo rapidi e funzionali cambi di scena. Tutt'intorno, i coloratissimi scenari fatti di sfingi dorate, idoli ed insegne. La piramide, armoniosamente inserita nel contesto, costituisce una volumetria di marcato fascino. Unico neo: la sua imponente mole costringe i personaggi a muoversi sul proscenio.
Come nelle precedenti edizioni, anche quest'anno la direzione dell'orchestra è affidata a Daniel Oren, conduttore abile e talentuoso ma spesso guidato da un temperamento che lo induce a strafare prevaricando il palcoscenico. Questa volta, però, l'istinto dell'istrione si mantiene entro i margini di un elegante equilibrio e lo spettacolo ne guadagna. I momenti più lirici come l'aria O cieli azzurri trovano nell'orchestra un contraltare morbido e alato mentre i passaggi furenti ed impetuosi vengono adeguatamente enfatizzati con sonorità piene e mordenti.
Amarilli Nizza è un'Aida di buona tenuta vocale. Emerge soprattutto nei passaggi lirici della partitura. L'interpretazione potrebbe essere approfondita ulteriormente ma, nel complesso, il fraseggio è adeguato. Marco Berti è un tipico tenore da Arena. La voce spande bene ed in certi momenti è addirittura tonitruante. L'enfasi nel centro lo penalizza però sugli acuti che appaiono depauperati di squillo. Poche anche le intenzioni interpretative, confinate in alcuni passaggi della scena finale dell'opera. Dolora Zajick è un'Amneris di consumata professionalità , ma della grandezza di un tempo conserva solo il riflesso. Disomogenea nella gamma, risolve il personaggio scenicamente. Da Alberto Mastromarino non ci si attendono particolari finezze: è un Amonasro di imponente spessore vocale, ma discontinuo e plateale nell'emissione. Di corretto impatto vocale è il Ramfis Carlo Striuli. Credibili, infine, le parti di fianco: Enrico Iori (Re) ed Enzo Peroni (messaggero).
Per l'ottava volta Madama Butterfly trova posto nel cartellone del festival (in precedenza è stata rappresentata nel 1978, 1983, 1987, 1997, 1999, 2004, 2006). Di grande suggestione l'allestimento firmato Zeffirelli. Si tratta dello spettacolo del 2004, che segna il debutto del maestro nel titolo pucciniano. Il dramma psicologico di cui si tratta, basato sulla attesa spasmodica della protagonista, si arricchisce, nelle mani di Zeffirelli, di azione e di colore. Sin dalle prime battute, geische e marinai occupano la scena, in un vorticoso andirivieni. Al centro, una collina rocciosa che dà sul porto. Ad un tratto, secondo uno stilema classico del teatro di Zeffirelli (qualcosa di simile si nota nell'Aida), la collina si apre scoprendo la piccola casa di Butterfly, luogo di amore, sofferenza ed espiazione.
Antonio Pirolli dirige l'orchestra con grande professionalità , mettendo in evidenza le sfumature di una partitura ricchissima, funzionale alla raffigurazione di un dramma intimista. Impresa non facile, specie al cospetto di spazi estesi, come quello areniano. Il soprano cinese Hui He è una recente rivelazione. La vittoria, nel 2002, al concorso Voci verdiane di Busseto le ha aperto le porte di importanti teatri, nei quali si è prodotta soprattutto in Verdi e Puccini. La voce è quella ricca e doviziosa di un soprano lirico spinto, saldamente controllata dalla tecnica. Capace di smorzature e inflessione sfumate, convince vocalmente ma anche scenicamente. I tratti somatici, inoltre, l'agevolano nell'intercettazione dell'eroina orientale.
Carlo Ventre è un tenore dai buoni mezzi vocali, idonei a fronteggiare i vasti spazi areniani. Dotato di comunicativa, convince sulla scena ma il suo canto non conquista. La linea, tesa e monocorde, risulta inadeguata ad esprimere il lirismo di cui è intessuta la parte di Pinkerton.
Apprezzabile Gabriele Viviani che rende la figura sovente scialba di Sharpless un autentico protagonista del dramma. Omogeneo nella gamma, si esprime attraverso un fraseggio sorvegliato e coerente. Rossana Rinaldi, nonostante qualche suono periclitante nell'intonazione, si disimpegna bene nella parte, disegnando una Suzuki premurosa e partecipe al dramma di Butterfly. Completano il cast, ad un livello di onesto comprimariato, Ausrine Stundyte (Kate Pinkerton), Manrico Signorini (zio Bonzo), Angelo Ferrari (Goro) e Luigi Mancini (Principe Yamadori).
(Alberto Bazzano)


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