“La Tempesta” dell’Aterballetto alle Muse di Ancona
di Alberto Pellegrino
1 Apr 2019 - Commenti danza, Danza
Il capolavoro di Shakespeare La Tempesta, trasformato in danza in un intreccio di magia, restituito magnificamente sul palco del Teatro delle Muse dall’Aterballetto.
Il Teatro delle Muse di Ancona ha ospitato il 21 marzo 2019 un grande spettacolo prodotto dalla Fondazione Nazionale della Danza/Aterballetto in collaborazione con il Centro Teatrale Bresciano, il Teatro Stabile del Veneto, la Fondazione I Teatri di Reggio Emilia e il Piccolo Teatro di Milano. È stata messa in scena la commedia La Tempesta di William Shakespeare con la coreografia di Giuseppe Spota, le musiche originali di Giuliano Sangiorgi, la drammaturgia di Pasquale Plastino, le scene di Giacomo Andrico, le luci di Carlo Cerri, i costumi di Francesca Messori.
Non era certo impresa facile trasformare in balletto un capolavoro come La Tempesta, un testo teatrale imponente e poetico, capace di suscitare profonde emozioni. Plastino, nel tracciare la trama, ha fatto delle scelte essenziali per poter tradurre in danza quanto si dice con le parole e per questo ha “scelto di dare un corpo a tutto quello che nel testo viene solo detto ma non visto”. Nel comporre le musiche Giuliano Sangiorgi ha sentito come tema fondamentale dell’opera scespiriana soprattutto la malinconia e ha cercato una chiave musicale in grado di raccontare una storia senza usare le parole: “Ho creato un’istallazione di musica, all’interno della quale i corpi diventano essi stessi dialogo”.
Da parte sua il coreografo Giuseppe Spada ha scelto la strada dell’immaginazione che deve espandersi sulla scena, ma deve anche superare la “quarta parete” per arrivare fino al pubblico. Per fare questo ha concentrato l’azione scenica sulla piccola isola dove Prospero e sua figlia Miranda vivono 12 anni lontani da ogni forma di civiltà e in mezzo a esseri non umani. Entro questi confini si compie un viaggio fantasioso fatto di tappe nelle quali corpi e movimenti cambiano in continuazione per trasmettere atmosfere magiche e suggestive. Al centro di questo mondo il coreografo ha posto il personaggio di Calibano, un “servo di Prospero, legato a Miranda da un rapporto che si trasforma negli anni” e che, alla fine, lo porta a riconquistare la propria libertà, ritornando a essere padrone della sua isola, pur rimanendo segnato da una velo di malinconia.
Questo spettacolo rappresenta per l’Aterballetto il primo avvicinamento al mondo del teatro ed è stato scelto con coraggio proprio un mito del teatro scespiriano che affronta in modo del tutto originale e misterioso i temi della magia bianca e della vendetta, della libertà e del riscatto, dell’amore e del perdono. Certamente si tratta di una sfida molto ardita, perché non è stato facile tramutare in danza un tale capolavoro, l’ultimo scritto da Shakespeare, che rappresenta il testamento spirituale del grande Bardo e che contiene una serie di meraviglie teatrali legate a quel mondo della magia frequentato da Prospero. Shakespeare rinuncia all’intreccio delle azioni, al cambiamento dei luoghi, ai salti temporali: un solo luogo, una sola vicenda, un tempo unico secondo le antiche regole aristoteliche.
Per dare libero sfogo alle suggestioni della fantasia la storia assume il diverso linguaggio della danza pur lasciando sempre sullo sfondo i segni della narrazione originale che continua a ruotare intorno alle figure di Prospero, spodestato duca di Milano, e di Miranda, che alla fine sposerà Ferdinando, figlio del re di Napoli.
Quell’intreccio di magie, che doveva portare alla vendetta, si scioglie infine nella vittoria della pietà e della ritrovata convivenza tra esseri umani, mentre Calibano e le altre fantastiche creature rimarranno sulla loro isola, confinati nel meraviglioso regno della fantasia.
Suddivisa in 12 quadri, la vicenda inizia con la lotta per regnare sul ducato di Milano tra Prospero e Antonio che esce vittorioso, condannando il fratello all’esilio su un’isola, dove lo scaraventa una terribile tempesta insieme alla piccola Miranda. Nel buio della notte i due sono circondati da tanti punti luminosi: sono gli occhi dei misteriosi abitanti del luogo guidati da Calibano, che non è un mostro crudele, ma colui che offre ospitalità ai due naufraghi.
Prospero libera con la sua magia Ariel, il bianco spiritello rimasto imprigionato tra i rami di un albero. Questa creatura non tocca mai terra anche se vorrebbe muoversi liberamente, ma è grata a Prospero e diventa la compagna di giochi di Miranda. Passano gli anni e Miranda è diventa una splendida e innocente giovane che attira le voglie di Calibano, il quale ogni volta è fermato da una misteriosa energia. Solo una volta Calibano è trascinato dal suo desiderio ma, quando sta per mettere le sue mani sul corpo della ragazza, è scacciato da Prospero. Si celebra il compleanno di Miranda, mentre un veliero naufraga sull’isola colpito da una tempesta evocata da Prospero. Miranda si trova davanti per la prima volta un essere umano: è Fernando il figlio del re di Napoli e i due si studiano, si sfiorano e scoprono l’amore. Prospero sembra corteggiare Ariel, la quale forma un cerchio magico, uno spazio sacrale dove Prospero non può entrare, essendo preso da un senso di stanchezza. All’interno del cerchio vi sono Miranda e Fernando prigionieri del loro amore; al di fuori si aggira Antonio fiaccato dal naufragio. I due fratelli si predispongono al duello finale per contendersi la corona del ducato, ma Ariel si frappone fra loro come arbitro e la corona cade a terra senza che nessuno dei due uomini la prenda. Ariel può finalmente poggiare i piedi a terra e conquistare la piena libertà, quindi offre la corona a Miranda e Fernando, che salgono su una zattera seguiti da Prospero e Antonio, mentre Calibano rimane solo e malinconico sulla sua isola misteriosa.