La quinta Biennale di Bologna dedicata alla fotografia dell’industria e del lavoro


a cura di Alberto Pellegrino

23 Ott 2021 - Arti Visive

“FOTO/INDUSTRIA 2021 FOOD”, dieci mostre fotografiche della Biennale di Bologna dal 14 ottobre al 28 novembre, promossa dalla Fondazione MAST e dedicata all’alimentazione.

La Fondazione MAST di Bologna ha promosso la Biennale FOTO/INDUSTRIA 2021 FOOD, dedicata a un tema di fondamentale importanza come l’alimentazione che pone problemi di ordine filosofico e biologico, storico e scientifico, politico ed economico. Questa quinta edizione della Biennale si svolgerà dal 14 ottobre al 28 novembre 2021 con 10 mostre a cura di Francesco Zanot, collocate in sedi storiche del centro cittadino e una al MAST.

Il soggetto centrale della Biennale 2021 è l’industria alimentare, per cui il bisogno primario del cibo si coniuga con il linguaggio delle immagini secondo un percorso che affronta una materia di stringente attualità, considerati i rapidi sviluppi di un settore sempre più collegato alle più importanti trasformazioni in atto su scala globale come la questione demografica, il cambiamento climatico e la sostenibilità. Attraverso la fotografia, che appare sempre più uno “specchio dotato di memoria”, l’alimentazione diventa lo specchio di un’epoca e di una civiltà, capace di raccontarne il rapporto con la tradizione, la natura, la tecnologia e il futuro. Il cibo diventa un mezzo per analizzare e comprendere intere civiltà attraverso le modalità con cui gli alimenti vengono prodotti, distribuiti, venduti, acquistati e consumati in un costante cambiamento che racchiude alcuni caratteri distintivi di un periodo storico, in ambito culturale e sociale. Nelle mostre in programma è possibile ripercorrere un secolo di storia, dagli anni Venti ad oggi, per quanto riguarda l’industria alimentare e il suo impatto sul territorio; il rapporto tra cibo e geografia; la meccanizzazione della coltivazione e dell’allevamento; l’evoluzione del cibo nel corso del tempo; l’alimentazione organica e naturale; le tradizioni locali; le trasformazioni dei mercati; la pesca nei mari e nei fiumi.  

La Biennale 2021 ospita undici fotografi di caratura internazionale

HANS FINSLER, SCHOKOLADENFABRIK (San Giorgio in Poggiale)

Senza titolo / Untitled, 1928, Courtesy Fondazione Rolla, Bruzella

Tra i maggiori fotografi industriali del Novecento, lo svizzero Hans Finsler (1881-1972) ha studiato architettura a Stoccarda e Monaco, si è specializzato in storia dell’arte nell’Università di Monaco e ha iniziato la sua attività fotografica nel 1928, acquisendo notorietà come pioniere e protagonista della nuova fotografia oggettiva (Sachfotografie) specializzata nella rappresentazione degli oggetti. Questa mostra è dedicata a una serie di immagini realizzate nel 1928 su commissione della fabbrica dolciaria tedesca Most. Tutti i soggetti sono i prodotti dell’azienda, dolci di cioccolato e marzapane, descritti nei minimi particolari grazie a una combinazione tra capacità tecnica e sensibilità estetica, per cui si presentano come opere uniche dell’ingegno artigianale e industriale in una serie che si colloca a metà strada tra comunicazione pubblicitaria e autentici valori scultorei.

ANDO GILARDI, FOTOTECA (Fondazione MAST)

Giovani donne portano zucche sulla testa. “Le zucche, d’estate sono mangime, d’inverno cibo”. Quando il gallo canta a Qualiano, ampia fotoinchiesta di Gilardi sulla sindacalizzazione dei braccianti agricoli, in questo paese particolarmente sentita. Qualiano (Napoli), ottobre 1954. © Fototeca Gilardi

Ando Gilardi (Italia, 1921-2012), fotografo, teorico e storico della fotografia, è stato una delle figure più eclettiche e originali della fotografia italiana. Ha iniziato la sua attività a partire dal secondo dopoguerra, rivalutando il valore documentario e storico della fotografia. Negli anni Cinquanta e Sessanta si è dedicato come fotografo prevalentemente ai temi del lavoro, dell’industria, dell’agricoltura, dell’etnografia e della società. Nel 1959 ha fondato la Fototeca Storica Nazionale, uno dei primi esempi di archivio iconografico che attualmente contiene un patrimonio di oltre 500 mila immagini. Ha scritto numerosissimi articoli, saggi e libri, tra i quali la Storia sociale della fotografia (Feltrinelli, 1976) che è uno studio fondamentale sugli aspetti sociologici di questo mezzo di comunicazione. La mostra presenta una selezione degli innumerevoli materiali prodotti e raccolti da Gilardi sul tema dell’alimentazione, a partire dalle foto-inchieste degli anni ’50 e ’60, riguardanti il lavoro nei campi e nelle industrie, i materiali conservati e riprodotti per arrivare alle collezioni di figurine, incarti, scatole, pubblicità, libri, riviste, erbari, che costituiscono una esplorazione dell’iconografia del cibo resa viva e accessibile dal potere della fotografia.

HERBERT LIST, FAVIGNANA (Palazzo Fava, Sala di Giasone e Medea)

Grandi tranci di tonno vengono puliti a mano e inscatolati, Favignana, Italia / The big tuna steaks are trimmed by hand and placed into big tins, Favignana, Italy 1951. Collezione MAST. Courtesy of The Herbert List Estate / Magnum Photos

Herbert List (Germania, 1903- 1975) è uno dei grandi maestri della fotografia che ha lavorato sotto l’influenza del Surrealismo e della Metafisica. A partire dal 1936 è vissuto tra Londra e Parigi e ha collaborato con le importanti riviste di moda come Vogue, Harper’s Bazaar e Life. Nel 1951 è entrato a far parte dell’agenzia Magnum Photos e ha esposto nelle celebri mostre Subjektive Fotografie (1951) e The Family of Man (1955). Herbert List è dei maggiori esponenti della “fotografia metafisica” ispirata all’arte classica greca e italiana. Il progetto presentato in questa mostra è stato realizzato durante un viaggio fatto nel 1951 nell’isola siciliana di Favignana. Sono 41 fotografie che documentano la maturità artistica raggiunta dall’autore e che danno un particolare rilievo alla mattanza e al processo di lavorazione del tonno, una tradizione ancora viva nella popolazione locale nonostante corra il pericolo di scomparire. Con la consueta eleganza List celebra la vita e la morte degli animali visti come figure mitiche, i volti e i costumi dei lavoratori isolani considerati gli ultimi custodi di un sapere arcaico.

JAN GROOVER, LABORATORY OF FORMS (Museo di Arte Moderna)

Senza titolo / Untitled 1985 © Musée de l’Elysée, Lausanne – Jan Groover Archives

Jan Groover (USA, 1943- 2012) si è artisticamente formata nel Pratt Institute di New York e nella Ohio State University, si è quindi dedicata alla fotografia, occupandosi particolarmente della natura morta con l’utilizzo sperimentale del colore quando le immagini usate per la ricerca erano ancora in bianco e nero. Considerata una delle maggiori protagoniste della fotografia mondiale, impegnata anche in campo politico-sociale e nella difesa della donna, la Groover ha richiamato l’interesse della critica e del pubblico con una serie di oggetti fotografati nella cucina della sua abitazione, combinando una sensibilità compositiva che rimanda ai quadri rinascimentali e alle moderne composizioni di Giorgio Morandi con una continua ricerca sulla forma degli oggetti e il loro potenziale visivo. Questa mostra è la prima retrospettiva dedicata in Italia alla sua produzione artistica.

MISHKA HENNER, IN THE BELLY OF THE BEAST (Palazzo Zambeccari)

Feedlots, Tascosa Feedyard, Bushland, Texas 2013 © Mishka Henner. Courtesy of the artist and Galleria Bianconi, Milano

Mishka Henner (Belgio, 1976) è un artista che s’interroga sulla ridefinizione del ruolo della fotografia nell’epoca di Internet. Le sue opere spesso includono immagini prelevate dal web o generate attraverso software digitali. Ha ricevuto diversi riconoscimenti internazionali ed è considerato uno dei principali sperimentatori del linguaggio fotografico contemporaneo. Particolarmente interessato ai cambiamenti introdotti dalle nuove tecnologie, spesso non realizza direttamente le immagini dei suoi progetti, ma le preleva dalla rete, attribuendovi nuovi significati. A Bologna presenta tre progetti dedicati al rapporto tra uomo, tecnologia e animali, all’incessante processo basato sul consumo e sullo scarto. Feedlots è costituito da gigantografie realizzate attraverso la combinazione di centinaia di immagini di Google Earth raffiguranti enormi allevamenti di bovini, in una stretta combinazione tra la descrizione di minimi dettagli e particolari astrazioni. Scopes è un montaggio di video riguardanti animali e reperiti su YouTube. The Fertile Image è un’accumulazione di oltre 300 immagini generate da un software costruito dall’artista.

TAKASHI HOMMA, M + TRAILS (Padiglione dell’Esprit Nouveau)

Chambéry 2000/2010 © Takashi Homma. Courtesy Galleria Viasaterna, Milano

Takashi Homma (Giappone, 1962) ha studiato fotografia al Nihon University College of Art di Tokyo e nel 1991 si è trasferito a Londra dove ha successo il suo libro Tokyo Suburbia (1998), nel quale applica i principi della nuova topografia al territorio nipponico. Ha concentrato poi la sua ricerca sul rapporto uomo-natura visto nei suoi aspetti positivi e negativi, sul paesaggio urbano. In particolare ha dedicato una serie allo studio delle finestre nelle architetture di Le Corbusier, pubblicata nel volume Looking Through Le Corbusier Windows. Nella mostra, pensata per gli spazi del Padiglione progettato a Bologna da Le Corbusier e Pierre Jeanneret, ha esposto due serie realizzate tra il 2000 e il 2018. In M mette a confronto le facciate di una serie di negozi di McDonald’s in diverse parti del mondo, soffermandosi sulle loro differenze e sulle innumerevoli somiglianze che sottolineano la standardizzazione del cibo. In Trails mostra le tracce di sangue lasciate sulle montagne di Hokkaido da alcuni cacciatori di cervi, che considerano il sacrificio dell’animale come rito consumistico.

MAURIZIO MONTAGNA, FISHEYE (Sistema Museale di Ateneo)

Landwasser #CF037045, 2021 © Maurizio Montagna

Maurizio Montagna (Italia, 1964) è un fotografo specializzato nell’investigazione del territorio, dell’architettura e del rapporto uomo-ambiente attraverso un linguaggio fotografico utilizzato come strumento di documentazione. Montagna esplora nei suoi progetti il rapporto tra passato e presente di un luogo, tra spazio urbano e spazio naturale per lasciare una testimonianza di quanto rimane del passato e di quello che è stato assoggettato a mutamenti. Il progetto Fisheye, realizzato per Foto/Industria, è un’indagine sul territorio della Valsesia, selezionata come campione per lo studio della trasformazione di un paesaggio fluviale con particolare attenzione per la pesca come si è sviluppata nel corso dei secoli secondo una tradizione tra le più antiche al mondo. L’autore analizza come questo territorio sia cambiato nel tempo per cause naturali e per l’intervento dell’uomo, il quale ha inciso massicciamente sull’ambiente (dalla costruzione di una diga all’emissione di gas serra), alterando il corso dei fiumi e la sopravvivenza delle specie autoctone che abitano quelle acque.

BERNARD PLOSSU, FACTORY OF ORIGINAL DESIRES (Palazzo Fava)

Chez Troisgros, Roanne 2000 © Bernard Plossu

Bernard Plossu (Francia, 1945), dopo avere compiuto gli studi di filosofia a Parigi, si è dedicato alla fotografia a partire dal 1958, affermandosi come uno dei maggiori protagonisti della fotografia francese. Plossu ha sempre concentrato la sua attenzione sulla rappresentazione della vita quotidiana in tutti i suoi particolari; ha fatto inoltre dell’alimentazione uno dei suoi soggetti preferiti e in questa mostra ha presentato una inedita selezione di immagini nelle quali mescola indicazioni topografiche del cibo e figure umane: le grandi insegne dei diner del West americano affiancate a paesaggi più o meno antropizzati, nature morte di oggetti e ritratti che evidenziano il complesso rapporto tra persone e cibo in un continuo alternarsi di attrazione e bisogno, desiderio e necessità, piacere ed eccesso.

VIVIEN SANSOUR, PALESTINE HEIRLOOM SEED LIBRARY (Palazzo Boncompagni)

Palestine Heirloom Seed Library, El Bir Arts & Seeds, Beit Sahour 2017 © Vivien Sansour. Palestine Heirloom Seed Library

Vivien Sansour è una fotografa antropologa e ambientalista palestinese impegnata sul piano culturale e politico, che integra la pratica artistica con la ricerca scientifica. Ha lavorato con agricoltori di tutto il mondo, producendo testi, fotografie e altri materiali per documentare le tradizioni locali e sostenere la protezione delle biodiversità. Palestine Heirloom Seed Library è un progetto realizzato nel 2014, in collaborazione con Linda Quiquivix, Dalen Saah, Samar Hazboun e Charin Singh, per promuovere attraverso il coinvolgimento attivo dei cittadini e delle istituzioni la salvaguardia di antiche varietà di semi, considerate delle vere e proprie unità viventi di storia e di cultura. La mostra è stata progettata come un vero ambiente naturale e integra diversi linguaggi (fotografia, video, scrittura) per accompagnare i visitatori in un percorso multisensoriale. Per l’occasione sono stati realizzati un video, una mappa, e un libro d’artista che costituiscono i punti cruciali di un lavoro che tocca questioni di straordinaria rilevanza economica e geopolitica, proponendosi anche come un fondamentale strumento di formazione per i palestinesi e d’informazione per il resto del mondo.

LORENZO VITTURI, MONEY MUST BE MADE (Palazzo Pepoli Campogrande)

Praying Mat Fragments, Pink Soap, Egg and Coconut Oil 2017 © Lorenzo Vitturi

Lorenzo Vitturi (Italia, 1980) è un autore che combina la fotografia con altri linguaggi espressivi come la scultura, la pittura, l’installazione e la performance. Interessato alle economie informali, alla fusione di culture diverse e all’incontro con le comunità locali, ha maturato il progetto Money Must Be Made durante una sua residenza a Lagos su invito della African Artists Foundation. Il reportage è ambientato nel Balogun, uno dei più grandi mercati di strada al mondo, dove Vitturi ha scattato immagini e raccolto i materiali anche alimentari, che sono in seguito diventati sculture e nature morte realizzate in studio. Questo lavoro indaga con originalità sui vari aspetti di un ecosistema fragile e sconfinato, nel quale antiche tradizioni si confrontano con l’economia globale.

HENK WILDSCHUT, FOOD (Fondazione del Monte, Palazzo Paltroni)

WAKKER DIER, AMSTERDAM, MARCH 2012 © Henk Wildschu

Henk Wildschut (Paesi Bassi, 1967), dopo aver studiato nella Royal Academy of Art di The Hague, ha realizzato tra il 2005 e il 2017 una trilogia fotografica sul tema dei campi profughi iniziata con la serie Shelter sulle architetture provvisorie, proseguita con Ville de Calais sulla cosiddetta “jungle” sorta nei pressi della Manica e abitata da circa 1.500 persone, per concludersi con Rooted, dedicata alle piante seminate e accudite dagli esuli.  Questa fotografa si dedica in particolare ai problemi delle comunità, alle loro regole, ai loro riti, visti tra passato, presente e futuro. Il suo progetto Food, realizzato tra il 2011 e il 2013, è il risultato di una vasta ricerca sul tema dell’industria alimentare con particolare riguardo per le tecnologie più avanzate e generalmente sviluppate per aumentare il volume della produzione e adeguarsi sempre di più alle norme sull’igiene e la sicurezza. Si tratta di un viaggio nel backstage di quello che mangiamo ogni giorno attraverso gli allevamenti con decine di migliaia di animali, le sterminate serre in cui vengono riprodotte le condizioni ideali per accelerare la crescita delle piante, i laboratori delle Università in cui si studiano gli organismi più nutrienti e resistenti.

INFO

  • FOTO/INDUSTRIA 2021 V BIENNALE DI FOTOGRAFIA DELL’INDUSTRIA E DEL LAVORO
  • FOOD 14 ottobre – 28 novembre 2021
  • www.fotoindustria.it
  • Ingresso gratuito
Tag: , , ,

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *