La “Penelope” di Cesare Catà al TAU 2022
di Alberto Pellegrino
18 Lug 2022 - Commenti teatro
Cesare Catà fa rivivere per il TAU AMAT 2022 lo splendido personaggio di Penelope.
Cesare Catà, nel quadro di TAU Amat 2022, ha proposto in diverse località marchigiane uno spettacolo intitolato Nell’ abbraccio di Penelope, nel quale approfondisce la conoscenza della regina di Itaca, una donna di grande intelligenza e di forti passioni che si fondono fino a farne, insieme a Odisseo, la vera protagonista del poema omerico, senza la quale l’eroe greco non avrebbe trovato la forza e il coraggio di compiere il suo fantastico e avventuroso viaggio e di fare infine ritorno alla sua isola. Cesare Catà, scrittore-filosofo autore di diverse pubblicazioni e traduzioni, acuto e disinibito storyteller, calca le scene come un moderno aedo che riesce a fondere nelle sue lezioni-spettacolo la narrazione degli avvenimenti, l’approfondimento ermeneutico e filologico, l’analisi psicologica dei personaggi, l’esame accurato dei loro sentimenti, il tutto nel segno della leggerezza e dell’ironia con lo scopo di fornire una diversa e chiarificatrice lettura dei grandi miti della classicità. Al suo fianco, a dare corpo e voce a Penelope, c’è Paola Giorgi, attrice professionista e operatrice culturale di consolidata esperienza, che interpreta alcuni passi dell’Odissea, una appassionata e immaginaria lettera indirizzata da Ovidio a Penelope, una poesia di Kavafis dedicata all’eroe omerico.
Catà, attraverso vari parallelismi, prende in esame il rapporto tra la Weltanschauung omerica e il mondo contemporaneo, mettendo in evidenza i rimandi e il valore attuale dell’Odissea nel contesto sociale del nuovo Millennio, concentrando la sua attenzione sul personaggio di Penelope che, con la sua forte personalità e le drammatiche vicende di cui è protagonista, diventa un archetipo della donna contemporanea. Odisseo, nell’ambito della storia mitologica dell’antichità, è una figura particolare di eroe che si distingue non tanto per il suo valore e la sua forza, quanto per la sua straordinaria intelligenza che gli consente di trovare con fulminante rapidità la soluzione valida per quel particolare momento della sua vita. Lo ha dimostrato quando ha inventato la micidiale macchina del cavallo senza la quale Troia non sarebbe stata mai conquistata; quando ha conteso ad Aiace l’eredità delle armi di Achille; quando ha sfidato e sconfitto il mostruoso Polifemo, le Sirene e ha perfino resistito alle lusinghe della maga Circe. Da parte sua la regina di Itaca, oltre ad avere una straordinaria bellezza, possiede una vivace intelligenza che la tiene unita al suo uomo anche se è distante. I due personaggi sono complementari, i loro caratteri si sovrappongono e si fondono fino a formare un solo essere: questa simbiosi consente a Odisseo di vagare per le immense distese del mare, di superare tanti percoli, ma di rimanere costantemente fisso col pensiero alla sua isola e alla sua regina; nello stesso tempo Penelope supera, con l’astuzia e con l’amore per il suo uomo, le prepotenze e le pretese dei Proci, protegge il giovane Telemaco, attende fiduciosa il ritorno dell’eroe. Ora Odisseo vive sull’isola di Ogigia, praticamente prigioniero di Calipso che lo ama, lo vuole solo per sé e gli ha promesso l’immortalità, ma l’eroe vuole rimanere un essere mortale e piange sulla sponda del mare, perché pensa continuamente alla sua donna. Allora Zeus ordina alla dea di lasciarlo libero e Odisseo, dopo diverse avventure, può finalmente rimettere piede sulla sua isola, dove con l’astuzia e la violenza stermina i suoi nemici e ritorna padrone del trono. Ma Penelope non è una donna qualsiasi e, pur avendolo riconosciuto sfolgorante nei suoi abiti regali, vuole sottoporlo a un’ultima prova: ordina alla nutrice Euriclea di portare fuori dalla stanza nuziale un letto per questo ospite sconosciuto. Odisseo sorride e dice che questo è impossibile, perché è stato lui stesso a intagliare il talamo nel tronco di un ulivo che ancora affonda le sue radici nel terreno e intorno al quale è stata costruita la reggia. Solo allora Penelope lo abbraccia e i due possono amarsi e raccontarsi le loro storie. Odisseo dice persino alla regina che dovrà lasciarla di nuovo, secondo la profezia di Tiresia, per morire lontano da Itaca, ma la donna risponde che per ora il suo eroe è tornato, è tra le sue braccia e questo le basta.
Lo spettacolo si chiude con i versi che Konstantinos Kavafis dedica a Odisseo con la sua Itaca (1911):
Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga, fertile in avventure e in esperienze. I Lestrigoni e i Ciclopi o la furia di Nettuno non temere, non sarà questo il genere di incontri se il pensiero resta alto e un sentimento fermo guida il tuo spirito e il tuo corpo. In Ciclopi e Lestrigoni, no certo, né nell’irato Poseidone incapperai se non li porti dentro se l’anima non te li mette contro. Devi augurarti che la strada sia lunga. Che i mattini d’estate siano tanti quando nei porti – finalmente e con che gioia – toccherai terra tu per la prima volta: negli empori fenici indugia e acquista madreperle coralli ebano e ambre tutta merce fina, anche profumi penetranti d’ogni sorta; più profumi inebrianti che puoi, va in molte città egizie impara una quantità di cose dai dotti. Sempre devi avere in mente Itaca – raggiungerla sia il pensiero costante. Soprattutto, non affrettare il viaggio; fa che duri a lungo, per anni, e che da vecchio metta piede sull’isola, tu, ricco dei tesori accumulati per strada senza aspettarti ricchezze da Itaca. Itaca ti ha dato il bel viaggio; senza di lei, mai ti saresti messo sulla via. Nulla di più ha da darti. E se la trovi povera, non per questo Itaca ti avrà deluso. Fatto ormai savio, con tutta la tua esperienza addosso già tu avrai capito ciò che Itaca vuole significare.