La Maddalena nella pittura tra peccato e penitenza


di Alberto Pellegrino

9 Gen 2019 - Arti Visive

Benedetto Luti – Cena in casa di Simone Fariseo (1707)

Maria Maddalena è uno dei personaggi più affascinanti e controversi del Nuovo Testamento: bella e dissoluta, adultera e prostituta redenta, indemoniata guarita e sposa di Gesù. Secondo le fonti testamentarie questa donna ha sicuramente fatto parte della ristretta cerchia dei discepoli di Gesù e nella chiesa primitiva era chiamata “l’apostolo degli apostoli” (definizione ripresa oggi da Papa Francesco) per aver accompagnato il Redentore fin sotto la croce e per avere incontrato per prima il Risorto che le ha dato l’incarico di “andare e riferire”. Nei Vangeli gnostici (di Filippo, di Tommaso, di Maria) si avanza l’idea che lei sia stata la sposa o la compagna di Gesù, ma probabilmente si è fatto riferimento a una relazione mistica tra il Figlio di Dio e una donna che rappresentava la sapienza e la conoscenza. In un papiro, venuto alla luce nel 2012, Maria Maddalena veniva definita discepola e moglie di Gesù ma, dopo infinite polemiche e studi contrastanti, si è definitivamente dimostrato la falsità del documento ottenuto assemblando espressioni tratte dal Vangelo copto di Tommaso, aggiungendo le parole chiave “Maria” e “moglie” e trasformando al femminile il termine “discepolo”. Recenti studi biblici e teologici hanno stabilito che Maria di Magdala non è mai stata una prostituta e che la presenza delle donne accanto a Gesù è stata sempre di grande rilievo al pari degli uomini secondo l’insegnamento rivoluzionario del Rabbi di Nazareth, altrimenti non si spiegherebbe la loro presenza ai piedi della Croce e il fatto di essere state le prime testimoni del Risorto. L’equivoco è nato quando il papa Gregorio Magno nel VI secolo ha identificato Maria Maddalena con la prostituta che bagna i piedi di Gesù con le sue lacrime e glieli asciuga con i capelli, episodio riferito nel capitolo 7 del Vangelo di Luca e nel Vangelo di Giovanni, dove alla donna viene dato il nome di Maria di Betania. I versetti di Luca non consentono nessuna identificazione, mentre è ragionevole pensare che Maria Maddalena

Caravaggio – Maddalena

“fosse una donna benestante assuntasi il compito insieme ad altre di sostenere Gesù e i discepoli con in i suoi beni come riconoscenza per essere stata guarita da una grave malattia a cui il vangelo accenna dicendo che da lei erano usciti i sette demoni (Vito Mancuso).
Probabilmente gli uomini del tempo rimasero sconcertati dal fatto che un Maestro rivolgesse la parola in pubblico a una donna e che la tenesse al suo fianco. Purtroppo fino ai tempi recenti scrittori e predicatori hanno ripetuto che Gesù fece di una meretrice la sua discepola prediletta. In una società maschilista, come quella ebraica, la donna era priva di identità e di status se non come moglie, per cui nell’Antico Testamento emergono due modelli di donna: la sposa fedele (oppure la vergine casta); la donna adultera, prostituta e seduttrice (“Dalla donna ha avuto origine il peccato”); la prima è considerata una benedizione per l’uomo; la seconda rappresenta una minaccia potenzialmente nascosta in ogni corpo femminile. Gesù è un ebreo che vive la sua esperienza storica di uomo nella società e nella cultura del suo tempo, si mette continuamente a confronto con la realtà che lo circonda e, anche se afferma di non essere venuto per abolire la legge e i profeti, concretamente incide sulla società in modo decisamente rivoluzionario sul piano sociologico e

Carlo Crivelli – Maria Maddalena (polittico di Montefiore 1471)

religioso. È evidente che, anche nei confronti della visione della donna nella Palestina del suo tempo, egli ne riconosce la dignità individuale e personale, sconfessando pregiudizi e atteggiamenti maschilisti. Questo giustifica il fatto che siano progressivamente cadute le espressioni “adultera”, “prostituta”, “penitente” riferite alla Maddalena per lasciare il posto all’espressione “apostola tra gli apostoli” (cfr. M. Garzonio, Gesù e le donne, Rizzoli, Milano, 1990; L. Sebastiani, Tra/sfigurazione: il personaggio evangelico di Maria di Magdala e il mito della peccatrice redenta, Queriniana, Brescia, 1992).
Nonostante gli studi storici e filologici, il mito della Maddalena divisa tra sensualità e santità, seduzione e misticismo, peccato e penitenza ha affascinato e continua ad affascinare scrittori e poeti come Gibran o Pasternak (“È appena notte ed ecco qui il demone,/l’espiazione per il mio passato./Vengono e mi mordono il cuore/i ricordi di dissolutezza,/quando, schiava dei capricci maschili,/ero una stolida ossessa/e la strada era il mio asilo”). Sono, tuttavia, i pittori di tutti i tempi, dal Romanico al Gotico, dal Cinquecento all’Ottocento, a fare in modo che Maria Maddalena diventi la santa più raffigurata spesso nuda o seminuda e, in ogni caso capace, di sprigionare una forte carica di erotismo.
Su questa linea si colloca la Mostra per l’Anno Giubilare La Maddalena tra peccato e penitenza allestita a cura di Vittorio Sgarbi nel Museo Antico-Tesoro della Santa Casa di Loreto, aperta dal 3 settembre 2016 all’8 gennaio 2017. Il critico d’arte sceglie la strada della voluttà e della seduzione unita alla penitenza, perché “Gesù rispetta anche la vita peccaminosa della donna,

Luca Giordano – Maddalena col crocifisso (1660 circa)

che Cristo comprende, ammette e riconosce. In questo senso, Maddalena è la figura di riferimento della donna nella storia dell’arte”. Il percorso della mostra è costituito da opere di alto valore artistico e si apre con Simone Martini e Bernardino Daddi per continuare con artisti meno noti o notissimi come l’Alemanno, il Moretto, Palma il Giovane, Tintoretto, Orazio Gentileschi, Guido Reni, Giovanni Francesco Guerrieri, Simone Cantarini, Guido Cagnacci, Carlo Dolci, Luca Giordano, Sebastiano Conca. Molti quadri sono dedicati al tema del Noli me tangere presente in mostra con le opere di Mattia Preti, Andrea Vaccaro, Giuseppe Puglia il Bastaro, Gregorio De Ferrari. Completano infine il panorama espositivo alcune sculture che vanno da XV secolo ad Antonio Canova. Tutte le opere hanno un altro

Tiziano – Santa Maria Maddalena (1533)

grado di spettacolarità e drammaticità (soprattutto quelle del periodo barocco) e tendono a rafforzare il mito della Maddalena diviso tra sensualità e santità. In questo senso è stato dato un particolare rilievo alla Maddalena di Carlo Crivelli, che Sgarbi così mette in rilievo: “È di profilo, insinuante, seduttiva, con i lunghi capelli biondi legati e i meravigliosi riccioli incorniciati sul capo da un diadema…Trapela una tensione nervosa che fa sentire Maddalena in tutta la potenza della sua seduzione. Crivelli dipinge una donna che cattura con lo sguardo fatale, elegantissima e determinata a ottenere ciò che desidera”.

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