“La Gioconda” a Pisa
10 Feb 2005 - News classica
PISA. Assente dalle tavole del Verdi da ben quarantacinque anni (godette di grande fortuna tra il 1884 e il 1939 – anno in cui venne rappresentata in Piazza del Duomo dal Carro di Tespi – per essere quindi ripresa nel 1960 al Teatro Verdi e cadere infine nell'oblio più totale), questo fine settimana torna nella nostra città , attesissima, La Gioconda di Ponchielli: in scena sabato 12 febbraio alle ore 20.30 e domenica 13 febbraio alle ore 16.
L'allestimento è quello firmato dal CEL Teatro di Livorno, che ha felicemente debuttato a fine gennaio al Teatro Goldoni. Coprodotto sotto l'etichetta Città Lirica (che unisce i Teatri di Pisa, Livorno, Lucca), insieme con il Teatro Sociale di Rovigo e il Teatro Comunale di Modena, questa edizione del capolavoro di Ponchielli è fortemente segnata dalla direzione del M Lukas Karytinos, direttore artistico dell'Opera Nazionale di Atene, e dal regista-coreografo Micha van Hoecke, tra i più noti e amati artisti internazionali, firma prestigiosa di emozionanti spettacoli di teatro-danza, molti dei quali creati per la sua compagnia, L'Ensemble (ora protagonista, in questa Gioconda, delle parti coreografiche, tra cui la popolarissima Danza delle Ore), ma anche di importanti allestimenti lirici nei Teatri del calibro della Scala di Milano, del San Carlo di Napoli o del Massimo di Palermo, solo per citarne alcuni.
La Gioconda, l'opera più celebre di Ponchielli, fu anche il suo progetto più ambizioso e tormentato, preoccupato com'egli era di deludere le aspettative del pubblico di fine '800, diviso fra fedeltà alla tradizione e richiesta di rinnovamento.
La vicenda è ambientata nella Venezia seicentesca. Qui si dipana la drammatica storia dell'amore di Gioconda per il nobile Enzo, a sua volta ancora legato a Laura, da cui fu separato dall'esilio e che ora è sposa del potente Alvise, capo del'Inquisizione. Scoperta la verità sul legame che unisce Enzo a Laura, Gioconda sceglie di sacrificarsi promettendo a Barnaba, spia dell'Inquisizione, invaghito di lei, di concederglisi se farà fuggire i due amanti. Quando l'uomo, a cose fatte, reclamerà il dovuto, Gioconda si trafiggerà a morte davanti a lui.
Caratterizzata da una vocalità intensa ed insieme misurata, da una notevole sapienza compositiva e da una capacità di disegno psicologico dei personaggi, tanto da essere considerata il ponte ideale tra il rigore ritmico di Verdi e le ampie arcate melodiche del Verismo, La Gioconda non deluse affatto, ed anzi registrò – fin dal suo debutto alla Scala, l'8 aprile 1876 – un successo immediato, forte del suo equilibrio fra legame con la tradizione, coerenza con le nuove tendenze drammatiche del melodramma italiano, adesione al gusto internazionale di fine secolo, in particolare francese.
Grand-Opèra all'italiana, germinato dal clima della scapigliatura lombarda anche per il libretto di Arrigo Boito, qui celato dallo pseudonimo Tobia Gorrio, La Gioconda ben s'inserisce nel filone strategico del Progetto Mascagni, cifra progettuale del CEL: il compositore cremonese fu infatti il maestro del musicista livornese (e di Puccini), che avvertì la fascinazione 'malata' di Gioconda, il suo poliformismo decadente.
Fedele alla partitura, attento a rendere la particolarità innovativa di questo titolo, molto impegnativo per gli artisti, la direzione del M Karytinos, che ne vuole rendere l'inconsueta coloritura, la caratterizzazione musicale dei personaggi, sospesi tra bene e male. Una Venezia sfuggente, sospesa fra i vapori avvolgenti di nebbia lontana, frivola, cupa, ghignante e ridente è l'atmosfera creata da Micha van Hoecke. Perno della scena (di Cristiano Bacchi) un ponte che, come in un caleidoscopio, si scompone creando luoghi diversi e ben riconoscibili per il pubblico, usando in modo evocativo, mai, oleografico le proiezioni di Gianni Guerrini. Non una Venezia da cartolina, ma una città fantasma, evanescente ed oppressiva, tra l'acquosità azzurrina e bluastra che si colora di pece, bagliori di fiamma, algide oscurità ed ironici tocchi solari di giallo e arancio nella celeberrima Danza delle Ore. Anche i costumi (della nota stilista catanese Marella Ferrera) non hanno una connotazione precisa: ispirati all'epoca in cui vide la luce La Gioconda, nella scelta di tagli e tessuti sfuggono a canoni storici attraverso melanges inconsueti, inafferrabili. Nelle due compagnie di canto che si alterneranno nelle recite spiccano due importanti voci di soprano drammatico, quella celeberrima di Denia Mazzola Gavazzeni (sab 12) cui si alternerà , domenica, Stefania Spaggiari, prossima Turandot al Teatro Regio di Torino. Accanto a loro nomi consolidati e giovani in carriera, quali Ignacio Encinas (sabato) e Sergio Panajia (domenica) nel ruolo di Enzo Grimaldo; Vittorio Vitelli (sabato), impostosi negli ultimi anni in sedi prestigiose quali il San Carlo di Napoli, il Regio di Torino ecc., e Carlo Morini (domenica) nel ruolo di Barnaba; Graciela Araya (sabato) e Laura Brioli (domenica) nel ruolo di Laura Adorno; Annamaria Chiuri (sabato) e Fulvia Bertoli (domenica) nel ruolo della Cieca; Marco Spotti, recentemente acclamato in grandi ruoli mozartiani e verdini all'Opera di Roma, all'Arena di Verona e al Massimo di Palermo, nel ruolo di Alvise. Completano il cast Graziano Polidori (Zuane), Stefano La Colla (Isepo), Alessandro Manghesi (Barnabotto/Un pilota/Un cantore). Orchestra e Coro Città lirica; Maestro del Coro Marco Bargagna; Coro di Voci Bianche – Progetto Didattico del CEL Teatro di Livorno; Maestro del coro di voci bianche Marisol Carballo.
Pochi i biglietti rimasti disponibili.
Info:
050941111