“La finta giardiniera” e “Acis and Galatea” a Bruxelles
di Alma Torretta
4 Lug 2022 - Commenti classica
Per la sesta edizione del Festival MidSummer Mozartiade di Bruxelles successo de “La finta giardiniera” di Mozart. Presentato anche “Acis and Galatea” di Haendel. Il bilancio complessivo del Festival è sicuramente molto positivo anche quest’anno, pur con qualche scelta discutibile della messa in scena delle opere.
Quest’anno la sesta edizione del MidSummer Mozartiade ha presentato non una, come di consueto, ma due opere. Ma non due opere di Mozart, come era naturale pensare, ma anche una di Haendel. Il perché è legato a ragioni pratiche: due opere per il buon numero di giovani cantanti meritevoli da volere fare esibire dopo lo stop forzato causato della pandemia; poi Haendel perché legato a Mozart dalla figura del barone Gottfried van Swieten (1733-1803), melomane austriaco e mecenate a cui quest’anno il Festival ha dedicato la conferenza di approfondimento tenuta dal musicologo Hugo Rodriguez à la Maison CFC e i concerti gratuiti di maestri compositori del 18° secolo; infine perché in entrambe le due opere la natura è in primo piano, anche se, diciamo subito, nell’Acis and Galatea proposto non si vedono il pastore, la ninfa e la costa siciliana della mitologia, ma un’escursione sulle Alpi di un gruppo di ragazzi d’oggi.
Se La Finta giardiniera è stato il primo dramma giocoso scritto da Mozart appena diciottenne per Monaco nel 1775 (una curiosità, proprio nell’anno in cui a Bruxelles è stata costruita la bella place des Martyrs neoclassica su cui si affaccia il teatro in cui ha luogo il Festival), invece Acis and Galatea è stato il primo lavoro in inglese di Haendel, scritto nel 1718 per la residenza di campagna del primo duca de Chandos, nel Middlesex, non lontano da Londra. Un lavoro quest’ultimo, come sia sa, poi ripreso e ampliato dallo stesso Haendel per farne una vera opera dal successo duraturo, ma adattato anche da molti altri compositori, tra cui proprio Mozart, su commissione del barone van Swieten per essere eseguito a Vienna nel 1788, ecco il legame. A Bruxelles è stata proposta la prima deliziosa piccola versione originale di Haendel, peccato solo che l’idea dell’escursione in montagna che in teoria poteva funzionare, anche se lontana dal testo del libretto, nella realizzazione pratica ha suscitato diversi dubbi, mentre invece La finta giardiniera è stato un successo pieno, e comunque ottime voci e buone esecuzioni orchestrali si sono potute ascoltare in entrambe i lavori.
La finta giardiniera ha la regia firmata, com’è di consueto nel Festival per le opere di Mozart, da Eric Gobin, uno dei benemeriti fondatori della manifestazione insieme a Keith Tillotson. Si è scelta la prima versione in italiana, poi sostituita da una in tedesco e andata perduta, finché negli anni ‘70 è stata ritrovata e rimessa in scena. Anche questo lavoro è stato attualizzato al Novecento presentando i protagonisti in bei costumi estivi chiari, e sulla scena sono sufficienti i tronchi di alcuni alberi ed un tavolo con qualche sedia per far svolgere chiaramente tutto l’intrigo. Sette le voci protagoniste, tra cui spiccano innanzitutto quelle dei due protagonisti principali: il giovane tenore portoghese João Terleira nel ruolo del contino Belfiore colpisce subito per bel timbro, ottima tecnica, acuti luminosi e pianissimi altrettanto ben controllati e sicuri, chiarissima dizione italiana e naturalezza nell’interpretazione del personaggio, davvero la bella sorpresa quest’anno del Festival, ricorda Juan Diego Florez anche nell’aspetto; molto brava anche il soprano francese di coloratura Amélie Robins come la giardiniera Sandrina, che in verità è la marchesa Violante, amante di Belfiore, anche lei come Terleira e molti altri del cast, data la bravura, in verità già con un’avviata carriera professionale. Tutto giocato sull’ironia il Don Anchise del tenore Kenny Ferreira e piena di spirito pure il soprano Dorine Mortelmans come la cameriera Serpetta; dolce e tenero il Roberto/Nardo del baritono Ivan Thirion, finto giardiniere pure lui, in realtà cameriere della marchesa; giustamente stizzosa, ma dalla recitazione ancora un po’ da affinare, il soprano Laura Telly Cambier come Arminda, la nipote di Don Anchise; funziona anche il mezzosoprano spagnolo Gema Hernández García nel ruolo, originariamente affidato ad un castrato, di Ramiro, ex amante di Arminda. Tutti molto bravi, tutti con il giusto timbro per il personaggio che interpretano. Anche se la storia è complessa, l’intrigo è chiaro, e il regista vi ha pure aggiunto un altro personaggio, dato che il secondo tempo gli richiamava un po’ Il sogno di una notte di mezz’estate di Shakespeare, un Oberon interpretato dal figurante Sina Noushmehr che non aggiunge molto a livello interpretativo all’opera ma è un bel vedere. Sul podio dell’Orchestre Royal de Chambre de Wallonie il giovane, ma già ben apprezzato, maestro Gabriel Hollander.
Lo stesso allestimento è utilizzato anche per l’opera di Haendel, sempre con l’orchestra che si intravede in scena in fondo a sinistra oltre un velo. Ma in questo caso con delle proiezioni di montagne ai lati e sacchi per addormentarvisi sopra e forse anche per dare l’idea delle rocce, veramente informi e brutti a vedersi. Anche i costumi sono poco curati, non caratterizzano i personaggi, sembra quasi di assistere ad una ripetizione con gli artisti che indossano il proprio casuale abbigliamento di montagna. Buona invece pure l’idea di dare a Polifemo solo una pietra con cui spaccare la testa di Aci e di farlo scendere in sala, ma nel complesso la regia del fiammingo Hugo Segers non convince. Ad ogni modo, la parte musicale è assai godibile: nel ruolo di Acis c’è il tenore Enguerrand de Hys la cui voce chiara ricorda il fatto che nella versione del 1732 l’opera fu interpretata dal famoso castrato Senesino; Polypheme è il bravo basso Shadi Torbey perfetto nella parte; Galatea è il soprano belga Laurie Janssens, solo un po’ troppo altera, più adatta forse per interpretare altri personaggi. Completano il cast altri cinque validi giovani: si fa notare, per timbro caldo e buon volume, il tenore Mathis Van Cleynenbreugel come il pastore Damon, il miglior amico di Aci; poi Leander Van Gijsegem è Corydon, Marion Bauwens è Phyllida, Gert-Jan Verbueken è Alexis, Tom Van Bogaertche è Cimon, tutte voci interessanti, i loro cori sono deliziosi e curati gli interventi solisti. Assai precisa e con i giusti tempi, prima sensuale e vivace per celebrare l’amore ma anche poi dar forma alla gelosia impetuosa di Polifemo, poi lamentosa dopo che Polifemo uccide Aci, l’esecuzione musicale dell’Ensemble baroque le Pavillon de Musique sotto la direzione del maestro Thibaut Lenaerts. Infine, si sente il rumore di un elicottero di soccorso in arrivo e tutto termina lì. Anche se non ci si poteva più aspettare la trasformazione in fontana di Aci come nella storia originale tratta dalle Metamorfosi di Ovidio, lo spettacolo sembra finire tronco, si esce dalla sala un po’ delusi. Ma il bilancio complessivo della settimana è sicuramente molto positivo anche quest’anno, per un Festival che ha centrato ancora una volta il suo obiettivo principale promuovere Mozart e di mettere in valore giovani artisti promettenti con spettacoli essenziali e di buon gusto. L’anno prossimo appuntamento con Il Flauto magico.