“La dolce ala della giovinezza”: un’insipida trasposizione teatrale di un grande testo
di Elena Bartolucci
27 Dic 2022 - Commenti teatro
La bravura di Elena Sofia Ricci non è riuscita a risollevare l’interpretazione dell’intero cast.
(Foto di Pino Lepera)
Fermo – Lo scorso 21 dicembre, presso il Teatro dell’Aquila di Fermo, è andata in scena la versione di Pier Luigi Pizzi di uno dei testi più noti di Tennessee Williams ossia “La dolce ala della giovinezza”.
Elena Sofia Ricci interpreta Alexandra del Lago, una star del cinema in declino ormai sul viale del tramonto, alcolizzata, drogata e un po’ depressa, che tenta di fuggire dalle pessime recensioni che crede arriveranno con il suo ultimo film. Decide allora di gettarsi tra le braccia del gigolò Chance Wayne, il quale è tornato nella sua città natale in Florida in compagnia di quella vecchia gloria solo per cercare di fare il gradasso con i suoi vecchi amici, riconquistare il suo primo vero amore e finalmente sfondare come attore, seppur anche lui non sia più nel fiore degli anni.
Il successo che tanto agognava di raggiungere grazie alla sua bellezza resta ormai solo un miraggio, ma la conoscenza con la grande attrice Alexandra sembra restituirgli la speranza di aver finalmente trovato la giusta via di accesso per Hollywood. Questa donna di polso, che conosce la vita ma non accetta però di invecchiare e tanto meno di perdere la sua fama, sembra vittima del suo stesso nome, ma in realtà il vero perdente della storia è quell’uomo che sembra essere tanto sicuro di sé ma che in realtà nasconde solo grandi speranze e scheletri nell’armadio.
Rispetto al celeberrimo film, diversi snodi del racconto sono stati del tutto omessi e alcuni personaggi sono stati tagliati oppure ridotti a una breve voce registrata; persino il finale è stato modificato in maniera semplicistica riducendolo a un lamentoso monologo sulla vanità e sulla giovinezza che svanisce.
L’esclusiva abilità di Tennessee Williams di riuscire a creare personaggi complessi che hanno una rotondità ben definita e che è stata portata alla ribalta anche sul grande schermo si perde completamente nella recitazione di Anagni e degli altri giovani interpreti sul palcoscenico. Al contrario, Elena Sofia Ricci propone una interpretazione magistrale, centrata e graffiante, anche se a tratti rischia di risultare leggermente sopra le righe, ma che non serve a nulla per contrastare il racconto piatto e slegato degli altri attori in scena.
Diversi spettatori in platea e sui palchetti hanno infatti dimostrato di non apprezzare il ritmo particolarmente claudicante del testo in scena e sono state diverse le defezioni che si sono susseguite dopo appena il primo atto. I flebili seppur troppo numerosi applausi al termine della serata hanno sicuramente voluto premiare più la fama televisiva della Ricci che la reale riuscita dell’intera pièce teatrale.
Gabriele Anagni, completamente fuori fuoco, ha fornito un’interpretazione sterile e impostata di Chance Wayne, puntando tutto sul physique du rôle, esibendosi spesso a torso nudo e mostrando in diversi momenti il proprio fondoschiena.
Gli altri attori di contorno si sono dimostrati un pessimo esempio di recitazione alle prime armi, colpa anche della traduzione di Masolino d’Amico che lascia un po’ a desiderare e in diversi punti sembra aver creato delle battute quasi senza senso e del tutto fuori contesto in un testo comunque denso di dialoghi.
Pier Luigi Pizzi firma regia, scene e costumi dello spettacolo, ma la bellezza e la sontuosità della scenografia in stile anni ’50 che quasi ricorda le luci di un quadro di Edward Hopper non regge il confronto con le scelte registiche quasi dal taglio cinematografico e soprattutto l’assurda decisione di non fare nessuna pausa, costringendo così gli astanti a restare in sala per quasi due ore. Solo dei brevissimi cali di sipario cercano di prolungare la tortura per sottolineare i cambi di scena e il tempo che passa.
Prodotto da Fondazione Teatro della Toscana e Best Live, lo spettacolo vede in scena anche Chiara Degani, Flavio Francucci, Giorgio Sales, Alberto Penna, Valentina Martone, Eros Pascale, e Marco Fanizzi; le musiche sono di Stefano Mainetti e il light design, a tratti poco adatto e monotono, è firmato da Pietro Sperduti.