“La buona novella” di Fabrizio De André diventa un graphic novel
di Alberto Pellegrino
2 Feb 2021 - Libri
Nel novembre 1970 usciva il disco “La buona novella” di Fabrizio De André, una delle creazioni più alte e nobili di questo cantautore, un’opera di poesia ispirata da una profonda religiosità, capace di calare il sacro in mezzo agli uomini per mettere il mondo di fronte al grande mistero della fede, per esaltare chi si è opposto al potere e alla violenza. Feltrinelli ne ha pubblicato un graphic novel di Paolo Castaldi.
Dopo cinquant’anni Paolo Castaldi, un affermato autore di fumetti ha interpretato in immagini i testi di Fabrizio nel graphic novel intitolato anch’esso La Buona Novella (Feltrinelli Comics, 2020). L’autore ha voluto trasferire sulla carta l’impasto di carne e sangue, la figura delicata e poetica di Maria, la saggezza di Giuseppe, il sacrificio di un profeta, quell’insieme di emozioni e sentimenti contenuto nelle canzoni di De André. “La buona novella – dice Paolo Castaldi – è una delle grandi opere poetiche del Novecento, ancora oggi, quando lo ascolto, mi meraviglio di come De André sia riuscito a raggiungere una vetta tanto sublime. Quando, nel 1970, uscì questo disco, il movimento studentesco e gli operai accusarono De André di perdere tempo con inutili tematiche cristiane anziché dare voce alle loro proteste. In realtà lui stava veicolando un messaggio che abbracciava perfettamente le istanze del tempo, ma non venne capito. Un messaggio universale e sempre attuale”.
Ne 1998 Fabrizio De André ha voluto dare una risposta pubblica sia a quei scandalizzati cattolici conservatori che definirono blasfemo il suo disco, sia al movimento studentesco che lo aveva contestato, definendolo un qualunquista politicamente disimpegnato. Il cantautore rivendicò l’attualità, la forza rivoluzionaria e l’universalità del messaggio contenuto nella Buona Novella, con la quale aveva voluto proporre “una desacralizzazione dei personaggi del Vangelo a vantaggio di una maggiore umanizzazione” e raccontare la storia di un uomo crocefisso duemila anni prima, che si era opposto agli abusi del potere, alle prevaricazioni e ai soprusi delle autorità, dando nello stesso tempo una rappresentazione poetica della vocazione umana, provocatoria e rivoluzionaria della figura di Gesù di Nazareth, un profeta capace di predicare l’abolizione delle classi sociali e dell’autoritarismo a favore dell’egualitarismo e della fratellanza universale.
Paolo Castaldi ha usato integralmente i testi di De André per scrivere la sceneggiatura di un’opera strutturata come il disco, dove ogni capitolo corrisponde a uno dei brani originali. I versi delle canzoni sono stati inseriti nei balloon, oppure usati come didascalie, mentre nelle varie sequenze le vignette tradizionali sono alternate a disegni a tutta pagina, riuscendo a mantenere una narrazione coinvolgente e sorretta da un incalzante ritmo visivo attraverso una raffinata operazione di montaggio, senza mai sacrificare l’eleganza, le atmosfere e l’intensità dei sentimenti dell’intero racconto. Castaldi è stato capace di trasmettere nelle sue tavole una forte carica di umanità attraverso uno stile basato su forme chiare e sintetiche, su precisi elementi connotativi nei quali assumono particolare rilevanza sia i tratti a matita, sia i colori acquerellati dominati dalle tonalità dei grigi e dei marroni rafforzati, nei passaggi più drammatici, da una esplosione di rosa e di rossi che avvolgono abiti e volti.
Il libro si apre con una grande tavola, appare un’umanità raccolta in una grande valle di Giosafat, poi inizia la sequenza dell’infanzia di Maria chiusa a tre anni dentro le fredde mura del tempio con la sola compagnia di un angelo che gli misura il cibo e la voce del Signore; quando a 12 anni la sua verginità comincia a “tingersi di rosso”, i sacerdoti d’indire una lotteria del corpo di una vergine che il destino assegna a Giuseppe, un “reduce del passato” che si allontana tenendo per mano quella sposa-bambina e che ha mani troppo secche e un cuore troppo vecchio per cogliere quella rosa. L’uomo va lontano per un lavoro e per quattro anni lascia quella bambina nella casa solitaria a giocare con le bambole ma che sta diventando una donna. Dopo avere attraversato gli spazi sabbiosi del deserto con la sola compagnia del suo asino, arriva a casa dove lo aspetta, ritrova una giovane impaurita per il mistero che reca nel grembo ma, invece di condannarla, questo uomo buono più padre che marito la accoglie con una poetica, umana, semplice carezza.
Castaldi è estremamente efficace nel creare le atmosfere oniriche e delicatamente sensuali dell’incontro di Maria con l’angelo che trasforma le sue mani in ali per volare sopra il mondo e “vedere il colore del vento”, per perdersi nella luce del tramonto e nel verde della natura fino a conoscere il potere di questo amore soprannaturale che le lascia impresso nel ventre colui che chiameranno figlio di Dio. Ora Maria vive la sua stagione di giovane madre in mezzo alla gente e vede crescere accanto a sé quel figlio straordinario e intanto nella bottega di un falegname si piallano i tronchi per fare tre croci, una delle quali aspetta quel messia venuto a insegnare la pace e l’amore fraterno. La sequenza Via della Croce, che vede protagonista Gesù, è la più drammatica del libro, perché accompagna il lettore sul doloroso cammino di sangue fino al Calvario, mostra l’atroce sofferenza di chi è stato crocifisso tra due ladri, l’abbandono dei discepoli, l’indifferenza della folla, il “silenzio” del Padre. Sotto quel patibolo sono rimaste solo le madri con il loro carico di dolore: sono le madri di Dimaco e Tito che piangono quei loro figli solo umani, la Maddalena e Maria che esala il suo ultimo grido d’amore “Non fossi stato figlio di Dio/t’avrei ancora per figlio mio”.
Nel Testamento di Tito l’autore compie un salto temporale per comporre una sequenza- mosaico con il ricordo di nove uomini e donne, vittime “sacrificali” della nostra società, persone che incarnano le tragedie causate da discriminazioni razziali e religiose, da pregiudizi legati alla sessualità, da ingiustizie politiche e sociali, dall’aver soffocato il desiderio di emancipazione, da maltrattamenti e abusi subiti da esseri umani, i quali sono stati giudicati e condannati da coloro che “sanno a memoria il diritto divino e scordano sempre il perdono”. Kemal Smalovic è un mussulmano bosniaco morto suicida per le continue discriminazioni religiose e razziali. Prince Ani Guibahi Laurent Bartthélémy a 14 anni muore assiderato nel carrello di un Boeing, perché cerca di fuggire dalla miseria e dalla guerra. Henriette Karra è un’israeliana di 17 anni assassinata dal padre per avere una relazione con un giovane palestinese. Franca Viola è la prima donna italiana che nel 1965 rifiuta il “matrimonio riparatore” dopo aver subito uno stupro. Lucio Urtubia è un muratore anarchico che, negli anni Settanta, stampa dollari falsi per aiutare le famiglie degli esuli antifascisti durante il regime franchista. Amparo Poch y Gascón è una donna-medico che durante la guerra civile spagnola aiuta molte operarie a superare i pregiudizi maschilisti. Katiuscia Favero, arrestata nel 2005 per il furto di un orologio, muore nell’Ospedale psichiatrico di Castiglione delle Stiviere dopo aver subito maltrattamenti e abusi dal personale sanitario. Edoardo “Baleno” Massari è un anarchico No Tav che s’impicca in carcere dove è stato rinchiuso con l’accusa di aver organizzato gli attentati contro il cantiere di Val di Susa e assolto dopo la sua morte. Pietro Cavallero è un bandito milanese che negli anni Sessanta, dopo una rapina al Banco di Napoli, partecipa a una sparatoria con la polizia durante quale muoiono tre passanti e altri dieci rimangono feriti; in carcere è tormentato dai rimorsi e dice alla madre di avere scoperto che la pietà deve cedere al rancore e di avere “imparato l’amore”. Il libro si chiude con un Laudate Dominum dove l’intera umanità circonda Maria e quel suo Figlio che il Potere ha ucciso nel nome di Dio, quell’uomo che aveva sempre predicato l’amore e tutto si conclude con il Laudate Hominum: Maria si allontana da quel corpo ormai senza vita e dice “Non voglio pensarti Figlio di Dio ma Figlio dell’Uomo” e la folla degli umani risponde “Fratello anche mio”.