La Boheme a Venezia
di Marco Ranaldi
2 Apr 2011 - Commenti classica
VENEZIA. La bellezza di questo allestimento è pari alla bellezza di un’opera che da tragica riesce a giocare sui toni della commedia, arrivando così a rendere più accettabile la morte di Mimì e quindi la morte della figura femminile per eccellenza, tanto cara ai romantici e tanto cara a Giacomo Puccini. Pertanto La Boheme allestita al Teatro La Fenice di Venezia da Francesco Micheli è ricca di riferimenti, di ancien regime che passa come il tempo che si trasforma sulla scena e nella vita dei protagonisti. Il bello è nel tourbillon dei primi due atti, Micheli crea un trait d’union con un’estrema cura dell’animo umano, cercando cioè di capacitare i personaggi di un’umana vita, fatta di dolori e di gioie, di felicità brevi e di amori lunghi, importanti e divertenti. Questa è la bravura di Micheli che è attento ad ogni particolare, sa sfondare l’immaginario collettivo di un’opera popolare sicuramente, ma ben lontana dagli stilemi verdiani e da quel teatro tragico che non ha la possibilità di redenzione, la possibilità di parlare al cuore anche degli spettatori. In questo viaggio nella sensibilità , nella femminilità lieve di Puccini, ottimo lavoro lo hanno fatto i protagonisti, ad iniziare da un bravissimo Jurai Valchua, bravissimo, dal gesto sicuro, preciso, incisivo e dalla forte musicalità . Questo giovane direttore sa cos’è dirigere, lo sa fare come se fosse per lui la cosa più naturale. à bravo ed è brava l’orchestra, pulita e intensa nel suono, come poche volte si sente la compagine veneziana (spesso la routine distrugge il maestro d’orchestra). Su tutte spicca la bellissima presenza della protagonista, Lilla Lee, perfetta, drammatica e intensa al punto giusto, innamorata del suo personaggio e carica di quella giusta tessitura per cantare un Puccini amabile, dolce come lo sa essere attraverso quella musica che ha poco altro da dire. Sebastien Guezè è un bravo Marcello, un po’ troppo impaurito, tanto che soprattutto nel primo atto, la sua voce vacilla, non sempre è intonata; recupera però nei due atti finali, dove deve uscire il suo personaggio di buono, fin troppo e forse Guezè ha incarnato l’animo del personaggio, tanto da renderlo caduco, un po’ fragile. Tutto il resto del cast funziona, sono bravi i comprimari, i compari di Marcello. Il coro è bravo, quello dei bambini un po’ meno, la banda splende nel secondo atto e tutto il grande carnevale che si muove sulla scena, brilla di colori, dei costumi bellissimi di Silvia Aymonino, semplice lei, semplici i suoi panni di cui veste il grande tourbillon dei soggetti di scena. Insomma, questo nuovo allestimento della Boheme è veramente bello, funziona come sanno funzionare le cose fatte con la competenza ma anche con la passione, motore primo dell’arte.