La “Beatrice di Tenda” e il premio a Grace Bumbry al Festival della Valle d’Itria
di Andrea Zepponi
28 Lug 2022 - Commenti classica
Trionfo della Beatrice di Tenda di Bellini, in forma di concerto, al 48° Festival della Valle d’Itria di Martina Franca. Incastonata tra il primo atto e il secondo la premiazione, per il suo ritorno al Festival, del soprano americano Grace Bumbry.
(Fotografie di Clarissa Lapolla)
Il 48° Festival della Valle d’Itria a Martina Franca quest’anno ha segnato l’en plein nella continuità cronologica delle opere liriche in programma: abbiamo il ‘600 con lo Xerse di Cavalli, il ‘700 con La scuola dei gelosi di Salieri, il ‘900 rappresentato da Le Joueur di Prokofiev e infine l‘800 romantico italiano con la Beatrice di Tenda di Bellini che andò in scena al Teatro La Fenice il 16 marzo 1833, due anni dopo la sublime Norma, con la grandissima Giuditta Pasta, Giovanni Orazio Cartagenova, Anna Del Sere, Alberico Curioni. Il libretto di Felice Romani, tratto dal dramma omonimo di Carlo Tedaldi Fores del 1825, ebbe una faticosissima ultimazione da parte del poeta che lo consegnò a Bellini con il contagocce e il lavoro fu segnato da non poche discussioni fra il musicista catanese e il poeta ligure: a quest’ultimo Bellini addossò la colpa dell’esiguo successo dell’opera, troncando il loro sodalizio lavorativo. La trama, ispirata a una vicenda reale avvenuta nel 1418 nei pressi di Milano, vede come protagonista assoluta Beatrice – affine come destino alle regine donizettiane Stuarda e Bolena ma in realtà da esse molto diversa – che fu sposa infelice, consapevole dell’ineluttabilità del fato che la condanna alla morte terrena, ma tranquilla nella speranza della pace celeste. Una tipica figura femminile angelicata, innocente eppure schiava della sorte, per la quale Bellini compose alcune delle sue più ispirate melodie.
L’esecuzione dell’opera belliniana Beatrice di Tenda cui ho assistito in seconda serata al Palazzo Ducale di Martina Franca il 26 luglio alle 21 ha incastonato tra il primo atto e il secondo la premiazione, per il suo ritorno al Festival, del soprano americano Grace Bumbry, un appuntamento tra i più imperdibili per gli appassionati di belcanto che hanno avuto l’occasione di rivedere, dopo ben quarantacinque anni, una delle artiste che lo hanno reso celebre in tutto mondo. Cito dal comunicato stampa: “Era il 1977 quando la Bumbry fu ospite di un Festival agli esordi, che aveva però già chiara la sua missione: proporre l’ascolto di opere rare o di versioni filologiche dei titoli più noti. Così andò in scena una delle produzioni più iconiche e leggendarie della manifestazione martinese che contribuì in modo sostanziale alla riscoperta del Belcanto e a trasformare la città pugliese in una “meta di pellegrinaggio” per i melomani: la Norma di Bellini, eseguita con le parti della protagonista e di Adalgisa affidate a due soprani, così come era avvenuto nella prima edizione del 1831. Era la prima volta in tempi moderni che si faceva questa scelta interpretativa e, ad affiancare Grace Bumbry, che appunto vestiva i panni di Norma, era stato chiamato dall’allora direttore artistico Rodolfo Celletti – al quale il premio è dedicato – il soprano Lella Cuberli. Nell’albo del Premio Celletti, istituito nel 2010, sono presenti nomi di grandi artisti: da Mariella Devia a Daniela Dessì, da Alberto Zedda e Luciana Serra sino alla già citata Lella Cuberli. Con la premiazione di Grace Bumbry, si chiude quindi idealmente un cerchio che consacra definitivamente la Norma del ‘77 e il Belcanto nella storia del festival.” Grace Bumbry ha ricevuto la tradizionale targa con un’immagine realizzata dall’artista pugliese Nicola Andreace (Taranto 1934 – Massafra 2014) che fu commissionata dal Festival e poi ceduta gratuitamente dal Maestro: la targa è una sintesi iconografica del Festival della Valle d’Itria rappresentato dal fauno suonante.
(In calce all’articolo potete leggere, in italiano e inglese, la motivazione del Premio a Grace Bumbry e il breve discorso dell’artista americana n.d.r.).
La scelta di eseguire l’opera in forma di concerto con un’appena accennata gestualità scenica mi ha trovato in pieno accordo e il successo della serata, dovuto certamente all’eccellenza degli esecutori, fa pensare che oggigiorno non pochi preferirebbero questa modalità esecutiva, sobria, virtualmente allusiva e comunque seria e composta, alle tante “scenoregie” presuntamente ri-creative ma volutamente destrutturanti e moleste per cantanti e spettatori. E questo può essere suffragato dal fatto che nel libretto di Romani in realtà in scena non succede nulla di visibilmente drammatico: tutto si basa sui racconti degli attanti e sulle loro emozioni susseguite a eventi accaduti fuori palcoscenico.
Il trionfo della performance va tributato soprattutto al soprano Giuliana Gianfaldoni, giovane artista di spessore ormai internazionale e dotata di straordinaria ampiezza nella vocalità, anche se la sua taglia è quella di lirico leggero: la zona acuta le si apre però a ventaglio e invade sensibilmente l’uditorio: per il resto i recitativi belliniani erano espressi con equilibrio drammatico e l’aria finale Ah! La morte a cui m’appresso ben scandita da variazioni di pregio belcantistico con un fluviale sovracuto finale mentre l’aria del primo atto Ah! La pena in loro piombò era più affidata espressivamente alle diminuzioni. Peraltro, la Gianfaldoni era attorniata da artisti di non minor vaglia: il baritono Biagio Pizzutiin Filippo Visconti ha dato molto dal punto di vista espressivo giocando sul valore della parola ma anche sulla pienezza della vocalità dal timbro perfetto, elegante e calato generosamente sul dramma e anche negli slarghi lirici del tipo Come t’adoro e quanto con gli sbalzi sincopati in acuto ben proiettati e netti. Il mezzosoprano Theresa Kronthalerin Agnese ci è parsa meno allineata sulla emissione belcantistica, seppur con esiti molto efficaci dal punto di vista espressivo – il duetto con Orombello del prim’atto risulta difficile nella stretta finale per il mezzo che dovrebbe divenire in momenti come questi un soprano drammatico – così il tenore Celso Albeloin Orombello ha un’ampia e ben timbrata vocalità di tenore lirico ancora impostata sull’estetica decisamente tardodonizettiana-verdiana che tuttavia ha cercato di adeguare allo stile tenorile belliniano, basato sul falsettone, mettendo in atto dei pianissimi in alcuni passi acuti, ma non sono la stessa cosa. Credo che un discorso storico e definitivo sulla vocalità tenorile belcantistica nelle opere belliniane vada prima o poi affrontato soprattutto in un ambiente dove la filologia vocale, nel segno del grande Rodolfo Celletti, è di casa. Molto ben scelto il tenorismo in tal senso di Joan Folqué,ambivalente in Anichino e in Rizzardo che ha esibito una vocalità “di grazia” molto funzionale al ruolo di amico e di confidente; complice e pronubo alla riuscita musicale dell’esecuzione in pura forma di concerto dell’opera il direttore M° Michele Spotti il quale ha condotto la strumentazione belliniana, non sempre così scarna come diceva Gavazzeni, facendo intravedere quanto Verdi avrebbe attinto da questa musica e dal suo spirito melodrammatico nella corresponsione tra il mondo del canto e la fossa orchestrale. Alla fine, applausi per tutti e anche per la Bumbrey che ha tenuto un breve e intenso discorso in italiano.
Beatrice di Tenda Musica di Vincenzo Bellini Tragedia lirica in due atti su libretto di Felice Romani Prima rappresentazione: Venezia, Teatro La Fenice, 16 marzo 1833 Edizione Casa Ricordi, Milano In forma di concerto Locandina Direttore Michele Spotti Filippo Maria Visconti Biagio Pizzuti Beatrice di Tenda Giuliana Gianfaldoni Agnese del Maino Theresa Kronthaler Orombello Celso Albelo Anichino / Rizzardo del Maino Joan Folqué Orchestra e coro del Teatro Petruzzelli di Bari Maestro del coro Fabrizio Cassi Palazzo Ducale, Martina Franca, 23, 26 luglio 2022.
Motivazione Premio “Rodolfo Celletti” 2022 a Grace Bumbry
Onorando Grace Bumbry con il Premio “Rodolfo Celletti” 2022, il Festival della Valle d’Itria vuole ricordare il direttore artistico Rodolfo Celletti e il suo lavoro rivoluzionario che ha contribuito alla diffusione del repertorio operistico in generale e del Belcanto in particolare e del ruolo della voce artistica. In occasione del suo 85° compleanno, vogliamo celebrare un artista di livello internazionale che ha indubbiamente contribuito ad una maggiore comprensione della voce femminile, rompendo gli stereotipi riguardanti ciò che un soprano – o un mezzosoprano – possono fare o cantare, andando oltre le categorie accademiche. In questo Grace Bumbry è un vero e proprio esempio: ha dimostrato che ogni voce è unica nella sua individualità e che i ruoli possono essere cantati in base alla voce di ogni cantante invece di appartenere solo ad una precisa categoria. La sua interpretazione di Norma 45 anni fa al Festival della Valle d’Itria nel 1977, su invito proprio di Rodolfo Celletti, segna un evento indimenticabile per tutti coloro che erano presenti. Per tutti gli altri la registrazione dal vivo di questo evento rimarrà per sempre come testimonianza indiscutibile. Grace Bumbry è stata una presenza affascinante in tutti i più importanti teatri d’opera per oltre cinque decenni e continua tutt’ora a condividere la sua enorme esperienza nelle masterclass dedicate ai giovani cantanti.
In honouring Grace Bumbry with the Premio Celletti 2022, Festival della Valle d’Itria wishes on the one hand to remember its historical Artistic Director Rodolfo Celletti and his groundbreaking work for a better understanding of the operatic repertoire in general and the Belcanto repertoire in particular and the role of the artistic voice therein. On the other hand, on the occasion of her 85th birthday earlier this year, we recognise an internationally celebrated, accomplished artist who has undoubtedly contributed to a more fluid understanding of the female voice, breaking the stereotypical insisting on an academic categorisation of what a soprano or a mezzosoprano are and can or cannot sing. By her example, Grace Bumbry has shown that each voice is unique in its individuality and that what roles can be sung therefore depends on each singer’s physiologically individual instrument and technical and artistic preparation, rather than belonging to one category or the other. Her interpretation of Norma at Festival della Valle d’Itria 45 years ago, in 1977 upon invitation by Rodolfo Celletti, marks an unforgettable experience for all those who remember it and for all of us for whom the live recording remains as indisputable witness. Grace Bumbry has been a mesmerising presence in all major opera houses for over 5 decades and she continues to share this vast experience in masterclasses with aspiring singers. Premio Celletti 2022 thus honours the lifetime achievements of both, the recipient as well as Celletti himself.
Discorso di Grace Bumbry
«Signore e signori, mi sento onorata di essere qui oggi a Martina Franca dove ho avuto il piacere di cantare la mia prima Norma. È qui a Martina Franca dove ho conosciuto Rodolfo Celletti e più tardi ci siamo incontrati, ancora una volta, a Mosca come giudici del Concorso Tchaikovsky. Abbiamo avuto l’opportunità di discutere del canto e dei problemi vocali e ho potuto vedere che aveva conoscenza sul canto e le voci. Era sempre un gentiluomo ed estremamente chiaro nelle sue opinion. Mi sento particolarmente onorata di essere qui per ricevere questo prestigioso riconoscimento e poter essere la prima afroamericana a ricevere questo onore, e vi rigranzio».
«Ladies and gentlemen, I’m really honored to be in Martina Franca today where I had the pleasure to sing for the first time as Norma. Here I met Rodolfo Celletti and later we met once again in Moscow where we were judges of the Tchaikovsky Competition. We had the chance to discuss together about singing and vocal problems and at that time, I really understood his competences in this field. He was a gentleman, extremely clear in his opinion. I feel exceptionally honored to be here to receive this prestigious award but also to be the first Afro-American woman who receive this tribute, and for that I thank you».