La 45 Stagione lirica di Jesi


4 Set 2012 - News classica

di Alberto Pellegrino

Jesi (AN).La 45 Stagione Lirica di Tradizione di Jesi si svolge quest'anno all'insegna dei tre più grandi compositori italiani dell'Ottocento: Bellini, Donizetti e Verdi. La Fondazione Pergolesi-Spontini si propone anche di celebrare il ventennale della scomparsa del grande scenografo cecoslovacco Josef Svoboda (1920-2002), rimettendo in scena due suoi celebri allestimenti di Macbeth e Lucia di Lammermoor. Inoltre sono state ampliate le collaborazioni produttive con gli enti lirici nazionali dei Teatri di Napoli, Trieste e Genova, con i Teatri del Circuito Lirico Lombardo e con il Teatro dell'Aquila di Fermo. La collaborazione con l'ASLICO si è concretizzata con la messa a concorso della Lucia di Lammermoor per il 63 Concorso per giovani cantanti lirici d'Europa.
La Stagione 2012 si apre con I Puritani (3-5-7 ottobre), il capolavoro di Vincenzo Bellini di un assoluto valore ma che raramente entra nei cartelloni lirici, tanto è vero che il melodramma ritorna sul palcoscenico del Teatro Pergolesi dopo 150 anni, essendo stato rappresentato una sola volta nel 1851. Questa nuova messa in scena, che sarà diretta dal giovane maestro marchigiano Giacomo Sacripanti con la regia di Carmelo Rifici, costituirà pertanto un'occasione da non perdere per tutti gli appassionati della lirica.
I Puritani è l'ultima opera composta da Bellini e andata in scena a Parigi il 25 gennaio 1835 cogliendo uno straordinario successo che tuttavia il maestro può godere solo in parte, in quanto muore il 24 settembre dello stesso anno, senza poter portare a termine quelle correzioni e modifiche che a suo avviso avrebbe richiesto il libretto scritto da un Carlo Pepoli che, avendo una scarsa esperienza drammaturgica, presentava delle complicazioni di adattamento scenico e musicale. Bellini riteneva, infatti, che il libretto avesse poca forza drammatica, perchè secondo la sua concezione romantica egli sosteneva che il dramma per musica deve far piangere, inorridire, morire cantando . Il libretto aveva subito diversi passaggi, perchè era tratto dal dramma Tetes ronde set cavaliers di Franà ois Polycarpe d'Ancelot e Boniface Xavier Saintaine, che loro volta si erano ispirati al romanzo I Puritani di Scozia di Walter Scott.
Nonostante queste difficoltà del libretto, questo melodramma è uno dei più riusciti tra quelli del primo Ottocento, perchè contiene pagine di straordinaria effusione lirica e una grande varietà di motivi musicali. Ad esso Bellini ha lavorato a lungo e con grande impegno, tenendo conto di doversi rivolgere ad un pubblico molto esigente come quello parigino e della ingombrante presenza del grande Rossini che Parigi era considerato il più grande compositore italiano. Sotto gli influssi del mondo musicale francese e della nascente grand opèra, Bellini s'impegna nello studio dell'orchestrazione, nella composizione di quadri storici collettivi e di grandi arie, per cui l'opera, pur senza raggiungere la straordinaria coerenza tragica della Norma, rappresenta un'assoluta novità nell'ambito del melodramma italiano ed apre la strada alla successiva ed eccezionale stagione romantica soprattutto nelle parti affidate al tenore. Bellini esprime in questo lavoro, oltre al suo genio lirico, un'aura drammatica di notevole intensità , una particolare cura della forma, una grande versatilità musicale, una particolare raffinatezza nella partitura che gli consentono di aprirsi a nuovi orizzonti espressivi che precorrono i tempi nuovi.
Il melodramma è ricco di grandi pagine musicali, di armonie ricercate ed eleganti alternate ad altre possenti e incisive a cominciare dalle iniziali intonazioni militari con il coro che introduce il tema della guerra, seguito dalla preghiera a quattro voci che è la prima gemma dell'opera, a cui si aggiungono il duetto basso-soprano Sorgea la notte folta, il quartetto e coro A te o cara, la splendida e lacerante scena della pazzia, una grande elegia del dolore che sfocia nella follia. Nel secondo atto risaltano l'aria O rendetemi la speme che eguaglia per intensità sentimentale Casta diva e il celebre duetto Suoni la tromba, e intrepido, destinato a suscitare nell'immediato futuro scene di entusiasmo patriottico. Nel terzo atto infine hanno un particolare rilievo la canzone d'amore di Arturo, il terzetto più coro Qual mai funesta e il duetto conclusivo tra Elvira e Arturo.
La trama dell'opera è abbastanza complessa. Nel primo e secondo Atto l'azione si svolge in una fortezza presso Plymouth nel secolo XVII, quando l'Inghilterra è sconvolta dalla guerra tra i seguaci di Cromwell (i Puritani) e i seguaci degli Stuart. All'alba i Puritani si raccolgono in preghiera, poi fanno festa per le nozze di Lady Elvira (soprano), figlia di Lord Guglielmo Valton, governatore della fortezza (baritono). Nelle stanze della giovane, lo zio Sir Giorgio Valton (basso) annuncia alla nipote che nessun ostacolo si frappone alle sue nozze con Lord Arturo Talbot (tenore), che sta giungendo al castello. Nello stesso tempo paggi e damigelle preparano i festeggiamenti per gli sponsali, i quali iniziano con un corteo di dame e cavalieri che recano doni agli sposi. Dopo gli auguri del coro, lo sposo dichiara il suo amore per Elvira, quindi tutti si avviano al rito. Guglielmo consegna ad Arturo un lasciapassare per uscire dalla fortezza occupata e gli affida la figlia, quindi si allontana perchè deve partecipare a un processo con una misteriosa dama, ritenuta una spia degli Stuart. Arturo, rimasto solo con la sconosciuta, scopre che si tratta di Enrichetta, la regina vedova di Carlo I Stuart, per cui non esita a metterla in salvo, usando il lasciapassare e ponendo sul suo capo il velo nuziale di Elvira in modo da farla passare per la sua sposa. Durante la fuga incontrano Sir Riccardo Forth (baritono) che, sconvolto dall'amore e dalla gelosia, vuole impedire l'uscita di Arturo con quella che crede essere Elvira. Quando Enrichetta si fa riconoscere, Riccardo non esita a farli passare, pur essendo consapevole di tradire la propria causa facendo fuggire la prigioniera, ma egli spera in questo modo di poter riconquistare l'amore di Elvira, rivelandole la fuga e il tradimento di Arturo proprio nel giorno delle nozze. Elvira, quando viene a sapere che il suo sposo è fuggito con un'altra donna, impazzisce, mentre i Puritani si preparano ad inseguire i due fuggiaschi. In una sala della fortezza Sir Giorgio Valton racconta agli ospiti come la povera e infelice Elvira sia caduta in preda alla follia e in quel momento entra in scena la fanciulla, esprimendo in modo delirante il suo dolore, figurandosi con gesti e parole commoventi di celebrare le sue nozze con Arturo. Sir Giorgio Valton, che ha intuito la parte avuta da Riccardo nella fuga della regina e di Arturo, convince Guglielmo a non condannare a morte il fuggiasco per il bene di Elvira. Quindi i due capi puritani si preparano a combattere e, se necessario, a morire per la loro causa. Nel terzo Atto l'azione si svolge in una campagna nei pressi della fortezza in un boschetto nel quale durante un uragano Arturo, braccato dai Puritani, si è nascosto e dove sente giungere la voce di Elvira che intona una canzone d'amore che lui gli ha insegnato. Commosso da quel canto, dopo aver lasciato passare un drappello di inseguitori, Arturo ripete la stessa canzone sotto le finestre della fanciulla che esce per poterlo riabbracciare. Arturo le spiega le ragioni della sua fuga e le dichiara di nuovo tutto il suo amore, ma dal comportamento di Elvira si accorge che la giovane è pazza, mentre sopraggiungono i Puritani che catturano Arturo e lo condannano a morte. Elvira, sentendo la sentenza di condanna, riacquista improvvisamente la ragione, mentre arriva la notizia della vittoria di Cromwell e del perdono che il nuovo dittatore ha concesso a tutti i seguaci degli Stuart. Arturo può di nuovo aspirare alla mano di Elvira e la tragedia si trasforma in una scena di festa per le prossime nozze fra i due amanti finalmente riuniti.
Il cartellone 2012 comprende altre due opere: che riprendono le scenografie di Josef Svoboda: Macbeth di Giuseppe Verdi (7/9/11 novembre) con la direzione di Giampaolo Maria Bisanti e la regia di Henning Brockhaus; Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti (21/23/25 novembre), affidata alla direzione di Mario Beltrami e ancora la regia di Brockhaus secondo la celebre edizione maceratese del 1993, interpretata da Valeria Esposito, Roberto Aronica e Roberto Servile, quando Svoboda seppe inventare delle magiche atmosfere attraverso una serie di velature e di proiezioni in grado di ricreare le atmosfere della fortezza e dei boschi di Scozia.
Josef Svoboda è stato quasi certamente il più grande scenografo del secondo Novecento, certamente il più innovativo per aver compiuto un'autentica rivoluzione scenografica creando uno stile che ha poi influenzato intere generazioni di scenografi. Svoboda è stato un mago della luce perchè nei suoi spettacoli la componente luministica ha assunto un'importanza linguistica ed espressiva determinante, grazie alla capacità che egli aveva di disegnare con le luci ambienti e personaggi. Un altro merito assoluto di Svoboda è stato quello di avere introdotto l'uso delle immagini fotografiche e cinematografiche sulla scena teatrale attraverso un organico e funzionale impiego dei linguaggi iconici con i quali egli riusciva a creare atmosfere assolutamente magiche senza mai tradire la natura e i contenuti dei testi teatrali o operistici messi in scena. Infine egli sapeva impiegare delle strutture architettoniche e una oggettistica che non soffocavano mai l'azione teatrale, ma la esaltavano al massimo. Svoboda può essere quindi considerato l'inventore della scenografia multimediale quando, a partire dal 1958, comincia ad usare a Praga le tecniche della Lanterna Magika, realizzando in seguito settecento scenografie di opere di prosa, balletti e melodrammi, collaborando con centinaia di grandi registi e coreografi i quali, grazie al suo apporto determinante, crearono degli allestimenti scenici di assoluto valore che sono entrati a pieno diritto nella storia teatrale del Novecento.


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