Intervista alla cantautrice milanese Roberta Usardi
a cura della Redazione
22 Giu 2021 - Commenti live!
Capita a tutti di perdersi o di smarrire la strada “verso casa” almeno una volta, ma credo che ognuno abbia in sé quella voce e quella forza che presto o tardi incita a ritrovarla. Abbiamo intervistato la cantautrice milanese Roberta Usardi, dopo l’uscita del suo esordio “World”.
Roberta Usardi, musicista e cantautrice milanese, ci regala con “World” (La Stanza nascosta Records) un esordio sofisticato e puro (che abbiamo già segnalato qui: https://www.musiculturaonline.it/esce-lep-world-di-roberta-usardi/).
Una prosa intima si distende su un tappeto sonoro omogeneo pur nella differenziazione e nell’attitudine contaminante: con misura ed eleganza “World” mescola trip hop, new wave e nordic folk.
La vocalità di Roberta Usardi si dispiega in molteplici sfumature, alternando con padronanza ineccepibile registri differenti, in perfetta concordanza con gli arrangiamenti del produttore Salvatore Papotto, che hanno il merito di dare un respiro internazionale al lavoro.
Rimanendo nei confini nazionali, noi di Musicultaonline ritroviamo in Usardi qualche eco della Elisa di Asile’s World, ma riteniamo che la voce di Roberta abbia una specificità che la rende intrinsecamente personale.
Si coglie, a momenti, la frequentazione del canto jazz, ma il tratto predominante sembra essere una inedita limpidezza sacrale, che veste cinque brani ricchi di risonanze emotive, privi dell’acerbità che di norma si suole attribuire agli esordi.
Musiculturaonline ha incontrato l’artista per una bella chiacchierata sul suo primo lavoro solista.
INTERVISTA
D. Il suo ep di esordio, “World”, recentemente uscito per La Stanza Nascosta Records, contiene il brano All the way home. La casa, nel suo lavoro, è metafora di noi stessi e del nostro viaggio esistenziale?
R. La casa è il cuore, l’essenza di noi stessi, il punto di riferimento che non dovrebbe mai essere perso di vista: è il luogo in cui, secondo la mia visione, è racchiusa l’autenticità e la vocazione della propria vita. Capita a tutti di perdersi o di smarrire la strada “verso casa” almeno una volta, ma credo che ognuno abbia in sé quella voce e quella forza che presto o tardi incita a ritrovarla.
D. Children of the sky è stata scritta nel 2020 in occasione del concorso “Voci X La Libertà”e contiene un riferimento alla guerra, definita “wicked storm of guns”, tempesta malvagia di pistole. Condivide la visione speranzosa di Jim Morrison, che scrisse: “Un giorno anche la guerra s’inchinerà al suono di una chitarra.”?
R. Sì, lo condivido molto, interpreto la frase di Morrison come la chiamata all’ascolto, a una comunicazione che invece di erigere barriere contro cui scontrarsi apra al confronto. La guerra non è una soluzione, la violenza rappresenta per me solo il desiderio di dominio sull’altro andando contro il principio di uguaglianza e di libero arbitrio.
D. La title-track World è accompagnata dal videoclip ufficiale, scritto e diretto da Koji Ogawa, fondatore – tra le altre cose – di una società indipendente di produzione video che è diventata punto di riferimento, a Tokyo, anche per le produzioni italiane di videoclip (Coez, The Kolors, ecc.) e documentari (Roberto Bolle).
È soddisfatta del risultato finale? Nel riguardare il videoclip c’è un fotogramma che la emoziona particolarmente?
R. Sì, sono molto soddisfatta del videoclip, rappresenta l’essenza del brano. Prima di effettuare le riprese io e Koji ci siamo confrontati, gli ho spiegato il messaggio che rappresentava: la ricerca dell’identità. Il videoclip racconta il processo di liberazione interiore che serve per ritrovare se stessi. In particolare mi piacciono molto le scene allo specchio con e senza la maschera e anche le scene iniziali di smarrimento.
D. “Ho pensato a “World” come a un viaggio interiore, lo definirei quasi un “inner concept”, ha dichiarato. Per la sua realizzazione ha avuto delle ispirazioni filmico-letterarie?
R. Non ho avuto specifiche ispirazioni. Se penso alla canzone World posso dire che mi colpì molto, durante il lockdown dell’anno scorso, il momento in cui ho visto in tv le immagini in cui la natura si stava riprendendo il suo spazio, ritrovando la sua dimensione, anche se è durato poco. Mi sono chiesta: quanto l’uomo sta danneggiando il pianeta Terra? Ho provato a pensare allo stesso processo trasponendolo al mio interno, da qui la ricerca dell’identità che ho provato a inserire in World. Se penso a Children of the sky mi tornano in mente le immagini delle guerre in Medio Oriente. Gli altri brani dell’EP risalgono a circa sei anni fa e parlano di sentimenti e sensazioni che ho attraversato e messo in musica. L’inner concept di “World” è molto ampio ed è solo l’inizio.