Intervista al cantautore Giovanni Luca Valea


a cura della Redazione

27 Gen 2023 - Approfondimenti live, Dischi, Interviste

Abbiamo incontrato il poeta e cantautore toscano Giovanni Luca Valea, che ha appena pubblicato per l’etichetta La Stanza Nascosta Records l’ep “La disciplina del sogno”.

Disponibile dal 20 gennaio su tutte le piattaforme digitali l’ep La disciplina del sogno del cantautore e poeta toscano Giovanni Luca Valea.

Anticipato dal singolo Colibrì (ne abbiamo parlato qui: https://www.musiculturaonline.it/disponibile-il-singolo-colibri-di-giovanni-luca-valea/ n.d.r.), in radio e sui digital stores dal 25 novembre,La disciplina del sogno, distribuito da La Stanza Nascosta Records, è il secondo lavoro in studio di Valea.

La copertina dell’ep è un bozzetto del pittore Paolo Staltari.

La disciplina del sogno riconferma Valea come battitore libero, capace di emanciparsi da una dimensione meramente derivative – la melodia del cantautorato colto anni settanta – e di regalare all’ascoltatore squarci folgoranti di inedita contemporaneità.

Il suo discorso poetico-musicale travalica ogni confine di genere, confluendo in unritratto metatemporale e semanticamente policromatico, dominato dallasuggestioni pervasive del violinoe sospeso traumori umbratili e improvvisa redenzione luminosa.

Un tempo, come oggi, gli uomini marciano via con coraggio: toccherà sognare il sole, sperare appena in un raggio. Gioco accanto alle parole, respiro aria da ultimo viaggio – canta Valea in Vivo in modo straordinario, – abstract concettuale di unadolente sinfonia dell’inquietudine.

Gli arrangiamenti esulano dalle stereotipie del pop-rock tradizionale; i tratteggi folk(si ascolti in particolare Una gatta di nome A), le suggestioni barocche(Sì!ha un andamento quasi da rondò, che alterna felici variazioni alla fissità dell’episodio di base) e le atmosfere vicine agli eightiesdei synth iniettano nelle maglie compositive benefice – e sconfinanti – aperture.

INTERVISTA

D. Parliamo del suo nuovo lavoro discografico, “La disciplina del sogno”, appena uscito per La Stanza Nascosta Records, iniziando dal titolo, a nostro avviso estremamente suggestivo. Come le è venuta l’idea di accostare disciplina e sogno?

R. Beh, è una ragione talmente intima che non riesce semplice spiegarla. L’idea è venuta, ad onor del vero, da certe assurde fragilità della mia vita. Il sogno è un caos meraviglioso, ma non sempre opportuno. Quando mi sono accorto che interveniva con così grande costanza nella mia esistenza, ho scelto di affrontarlo, disciplinandolo, dandogli lo spazio che meritava senza lasciare che mi divorasse.

D. A livello di sonorità e di testi si sente il suo debito verso la canzone d’autore anni settanta…quali sono stati in particolare i suoi riferimenti?

R. A me piacciono Stefano Rosso e Claudio Lolli, ma non ho riferimenti, purtroppo. Sarebbe più comodo. Diciamo che mi sporgo dal terrazzo e guardo chi passa, senza infatuazioni e senza pregiudizi.

D. Se potesse dare un suggerimento alla critica musicale come le piacerebbe che venisse definita la sua cifra stilistica?

R. Libera e suggestiva.

D. Lei ha un gusto particolare per l’inserimento, nei brani, di parti corali.

R. È un vizio che mi concedo volentieri. Certe canzoni ne hanno bisogno, fosse anche solo per sottolineare una parola alla quale sono particolarmente legato. Le condivido volentieri, principalmente perché sono egoista.

D. Non solo cantautore, Valea è anche poeta. Un poeta del Novecento a suo avviso sottovalutato e da riscoprire?

R. Charles Bukowski, che viene considerato una specie di sporcaccione mentre è tra i poeti più sensibili, duri e – sorprendentemente – elitari del nostro tempo.

D. La copertina dell’ep è un bozzetto del pittore Paolo Staltari, che ha firmato anche la copertina del singolo di lancio, “Colibrì”. Cosa l’ha colpita, in particolare, dello stile di Staltari?

R. Lo stile di Paolo Staltari, che è un amico infinito, un’anima affine, non conosce limiti. Ha una cifra riconoscibile, è vicina al mondo magno greco – dal quale proveniamo entrambi – e ha una capacità di raccogliere il cuore di ciò che osserva. Non è soltanto un pittore, è uno degli amanti privilegiati dell’arte del colore, un eletto.

D. Nella nota stampa di accompagnamento al disco lei viene definito un “battitore libero”. Si rivede in questa espressione?

R. Spero di esserne degno, sì.

La disciplina del sogno nel racconto, traccia per traccia, di Giovanni Luca Valea

Colibrì

Colibrì è un brano che deve qualcosa, lo confesso, al titolo di una poesia di Raymond Carver. È una canzone che fatico a definire d’amore, è il ritratto di una donna e insieme una vecchia storia che aveva qualcosa da dire. Non ricordo la notte della stesura definitiva, faccenda che mi fa pensare che sia sempre esistita; ad ogni modo carta e chitarra erano lì e, per fortuna, c’ero anche io. E tra la guerra, le fughe e il dolore c’è sempre una luce, e l’unica luce è proprio essere amati sulla terra, non altrimenti si vive. Un brano che gioca sul senso dello splendore, credo. Ho avuto la fortuna di farmi affiancare da collaboratori straordinari: da Virginia Settesoldi a Claudio Biancalani, passando per Elia Martellini e il prezioso lavoro di missaggio di Salvatore Papotto. Colibrì apre il lavoro “La disciplina del sogno” come un compromesso tra le varie canzoni dell’EP. Qualcuno ha detto che il compresso è l’antica arte della nobiltà. Può darsi, ma Colibrì l’avrei scelta in ogni caso, nobiltà a parte.

Una gatta di nome A

È una canzone per la mia giovane gatta. Non sapevo che nome darle ma poi, vedendola così bella e libera, ho pensato di chiamarla A, A di amore e di anarchia. Mi è parso subito perfetto. Nei suoi occhi così comuni e tuttavia di uno splendido verde ho visto le piazze e la felicità, la peculiare capacità degli animali di accettare un essere umano – in questo caso me – senza possibilità di pregiudizio.

Si!

Sì! è una canzone d’amore e di rimpianto. È la triste certezza che molte cose devono morire e che, date le spalle ai sogni con il cappello e gli occhiali scuri – come d’abitudine – tocca rassegnarsi alla vita degli altri, ai loro spostamenti del cuore. Vuole esprimere davvero, con il verso “e ti ho vista splendere e oscurare”, i tratti del carattere di questa donna, il suo irresistibile disordine. E, in fondo, c’è la parola, questa forza primitiva che fa urlare “Sì!” e concede di scrivere, di cantare.

Julie

È una storia piuttosto vera, forse troppo. L’ho scritta davanti a questa giovane donna in un vecchio locale della città. Julie era soltanto l’ultimo dei suoi nomi e i vestiti erano, come al solito, di fortuna. Credeva di essere magica e non ho mai pensato di contraddirla. Mi è sembrata, nei suoi tratti, eroica. Per questo l’ho paragonata a Giovanna d’Arco, la sfortunata pulzella d’Orleans, che si spoglia finalmente della leggenda e si abbandona alla sensualità, alla sete d’amore che accomuna tutti noi. L’ho vista ballare di notte in una piazza, senza imbarazzo. Era la libertànel suo stato più puro, forse la parte più nascosta di ciascuno di noi.

In fondo

In fondo è una canzone che racconta degli amori che appaiono quando la bottiglia è vuota e tocca tornare, in qualche maniera, verso casa. Ho amato molto l’uso dei synth e l’andamento crescente del brano, che esplode alla fine anche grazie alla voce di Giulia Mugnaioni. Ha qualcosa di scanzonato, anche se sembra esordire con un tono grave, di rimpianto. C’è una certa sordida felicità nel finire la bottiglia e vedersi comparire un volto, oltre ad una strana fierezza. E poi racconta un tratto del mio carattere, il silenzio di chi avrebbe troppo da dire, che sento molto vicino alla mia personalità.

Vivo in modo straordinario

È la canzone più malinconica dell’EP, scritta in un momento diprofonda sofferenza e tuttavia dotata di una veste musicale molto in contrasto con il testo. È stata una buona scelta, suppongo. Non avrei voluto concedere troppo della mia sensibilità. Ho scritto i primi versi a Roma, sulla panchina di un binario, e l’ho finita – non ricordo come e dove – qualche tempo dopo. Credo che l’arrangiamento ne valorizzi certi aspetti. Lo apprezzo molto, in particolare per l’uso del pianoforte.

Note biografiche

Giovanni Luca Valea nasce a Firenze il 27 dicembre 1988. Dopo la pubblicazione di tre raccolte di poesie con case editrici indipendenti del territorio toscano, Canzoni di rabbia, poesie d’amore (2016), Una Storia che credevo di aver dimenticato (2019) e Una rosa al Padrone (2021) si avvicina dapprima come autore al mondo della canzone. Ha all’attivo l’ep Iniziali (La Stanza Nascosta Records, 2021) (ne abbiamo parlato qui: https://www.musiculturaonline.it/disponibile-lep-iniziali-di-giovanni-luca-valea/ n.d.r.)

Link utili:

IG: https://www.instagram.com/newskinfortheoldceremony/

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