Intervista ad Alex Astegiano
di Francesca Bruni
5 Set 2023 - Approfondimenti live, Arti Visive, Interviste
Francesca Bruni ha intervistato per noi Alex Astegiano, fotografo e prima voce dei Marlene Kuntz.
(Le fotografie sono state gentilmente concesse dallo stesso Alex Astegiano)
Ho avuto l’onore ed il piacere di intervistare Alex Astegiano, artista poliedrico, noto fotografo di personaggi celebri e primo cantante del gruppo rock Marlene Kuntz, che si racconta per noi a Musiculturaonline.
D. Ci puoi raccontare della tua esperienza con i Marlene Kuntz?
R. Nasce dall’amicizia con Cristiano Godano, nata nel 1985, ci incontravamo per parlare di musica, fino a far nascere il primo gruppo, i Jack On Fire. Finita quell’esperienza, mi chiamò per propormi un nuovo progetto, Luca Bergia e Riccardo Tesio spingevano per formare un nuovo gruppo. Con Cristiano decidemmo di provarci, lui preferiva dedicarsi di più alla chitarra ed io, batterista, mi misi alla voce e percussioni…Sperimentammo molto il primo anno fino ad avere abbastanza pezzi per proporre un concerto, nacquero così i Marlene Kuntz. Due anni dopo per problemi lavorativi, lasciai il gruppo a malincuore, e Cristiano tornò alla voce definendo con il gruppo il primo lavoro “Catartica”…
D. Avete utilizzato molteplici strumenti non convenzionali, a tal proposito ci parli del famoso boghetto?
R. Inizialmente il mio progetto per i Marlene era molto improntato sul teatro e mi occupavo di scenografia ed “effetti scenici”. Reti ombreggianti nere tra il gruppo e il pubblico, una sirena di un’ambulanza trovata da un amico meccanico. Insieme ad alcune percussioni usavo un bidone in ferro (una caldaia per fare la grappa), appeso ad uno stativo, emetteva un bel suono di campana. Non so perché ma Cristiano lo battezzò Boghetto, venne usato in tutti i live fino alla mia uscita. In un live, per la foga del pubblico, cadde in faccia ad un ragazzo con tanto di sangue alla mia postazione. Usammo anche dei nastri preregistrati da mandare in audio prima di salire sul palco, portavamo allo stremo il pubblico facendo sentire il Bolero di Ravel registrato lentissimo o addirittura al contrario per una buona mezz’ora. In un live venne anche usata una cassetta di Ilona Staller…Cicciolina e le banane al cioccolato.
D. Quando è iniziata la tua passione per la fotografia?
R. Ho cominciato a fotografare da ragazzino, usando la macchina fotografica di mio padre, aveva una tipografia e continuamente mi capitavano in mano libri di fotografia o illustrazione. Scialacquai ingenti somme di denaro in sviluppo e negativi, ma mi servì molto. Ancora adesso fotografo come se fosse in analogico anche se il digitale ha velocizzato il tutto.
D. Tu hai fotografato svariati personaggi celebri, che significato ha per te il ritratto?
R. È un po’ come fotografare se stessi, una sorta di specchio. Inizialmente parte sempre dall’incontro, il dialogo. La fotografia arriva sempre dopo…ed a volte non capita neanche quello. Non riesco a ritrarre una persona se prima non trovo un punto d’incontro, parlando di un po’ di tutto.
D. Che evoluzioni ha avuto la fotografia dai tuoi esordi fino ad oggi?
R. Come sopra, prima si usava il negativo e non avevi più di 36 scatti in un rullo. Dovevi farti bastare quelli, sperando di avere del materiale buona da salvare. Ora con la comodità del digitale sì è persa quella certezza interiore di dover fare assolutamente buoni scatti, con la “magia” dello sviluppo fatto magari giorni dopo. Il digitale è buono perché assicura almeno il risultato a prima vista. Giusta evoluzione del mezzo. Ma è sempre meraviglioso lavorare in camera oscura per stampare in analogico.
D. Con quale artista hai provato più emozioni durante la realizzazione di un tuo servizio fotografico?
R. Con tutti emozioni diverse. Dipende dal lavoro e dal personaggio. In alcuni casi mi sono emozionato molto, magari trovandomi davanti un mito della mia giovinezza come Werner Herzog, Lou Reed e John Cale o Vivienne Westwood, etc…Lou Reed venne addirittura a presentarsi lui nel backstage del Traffic Torino Free Festival, non riuscii quasi ad intavolare un discorso dall’emozione. Godere di aver passato 4 giorni con Ezio Bosso durante le registrazioni con l’orchestra nelle Langhe, bellissimi e indelebili ricordi.
D. Professionalmente sei nato e cresciuto nell’ambito musicale, quali sono le differenze tra l’essere un musicista e raccontarlo con i tuoi scatti?
R. Nella mia biografia scrivo che sono nato nel piombo, cioè sono cresciuto nella tipografia di mio padre, amante delle arti figurative. In mezzo a libri di ogni genere, anche fotografici. La musica è la colonna sonora della vita passata in vari ambiti, ascoltando prima la radio con mia madre, i primi dischi della famiglia e i primi vinili comprati con la paghetta settimanale. Prendendo il treno, si andava a Torino da Rock’n’Folk per scegliere i dischi appena usciti. E proprio qui mi innamoravo delle immagini delle copertine, il grande lavoro che c’era dietro, di grafica, concept e fotografia. Ora i giovanissimi non sanno neanche cosa sia una copertina. Mi rifaccio molto a quelle immagini quando scatto o inconsciamente trovo delle similitudini dopo aver finito il lavoro.
D. Puoi raccontarci della tua mostra “Dialoghi Fotografici” in esposizione al SIGN festival di Barolo?
R. È una piccola mostra nel Castello di Barolo, sono 25 ritratti in bianco e nero di personaggi vari come: Gianmaria Testa, Davide Toffolo, Giuseppe Cederna, Werner Herzog, Asia Argento, Abel Ferrara, Charlotte Gainsbourg…Tutti personaggi con cui ho avuto un dialogo, non solo fotografico. Ci si parla durante un ritratto, prima a voce, poi si dialoga con la macchina fotografica. In alcuni casi è nata un’amicizia che porto avanti con grande piacere, ci si incontra dopo tempo e si prosegue il dialogo. Come con Asia Argento o Giuseppe Cederna, si mantiene un rapporto dove alla prima occasione ci si incontra.
D. Hai mai pensato di tornare a fare musica?
R. La voglia c’è sempre, la magia del palco anche, ma penso di essere più bravo nel far suonare la macchina fotografica.
D. Cosa consiglieresti ad un giovane che vuole intraprendere la carriera di fotografo?
R. Di leggere molti libri, non solo fotografici. Di viaggiare il più possibile. Per chi ha la possibilità, di frequentare buone scuole di arte e fotografia, soprattutto all’estero.
D. Come si arriva a fotografare un artista sotto il palco?
R. Come in tutte le cose si dovrebbe iniziare a fotografare piccoli eventi per farsi un po’ di esperienza, cercare di essere sempre disponibile (in base alle capacità acquisite), tanta umiltà bilanciata al carattere. Ci vuole molta pazienza.
Grazie Alex per averci concesso questa bellissima intervista.
Grazie molte a voi.