Intervista a Vittorio Cuculo in occasione dell’uscita del disco “ENSEMBLE”
a cura di Vincenzo Pasquali
20 Mag 2021 - Commenti live!
In occasione dell’uscita di “ENSEMBLE”, il nuovo bellissimo disco firmato da Vittorio Cuculo Quartet che incontra i Sassofoni Della Filarmonica Sabina “Foronovana” (che abbiamo presentato su queste pagine), abbiamo intervistato il giovane e talentuoso sassofonista Cuculo.
INTERVISTA A VITTORIO CUCULO
D. Salve. Cominciamo con una domanda sul titolo del disco. Riporto qui una sua dichiarazione: “Caratterizzato da uno spirito di incontro, “ENSEMBLE” rappresenta un’idea di aggregazione fra generazioni diverse ed esperienze differenti, generi e stili musicali anch’essi diversi, mettendo in risalto la dimensione del “Noi”. Una dichiarazione piuttosto “impegnativa” che però centra pienamente, a mio avviso, il clima che si respira ascoltando i brani che compongono questo bellissimo lavoro. Ci parli un po’ della genesi dell’album e come mai l’idea di aggregare appunto così tanti musicisti che provengono da esperienze musicali diverse.
R. Questo nuovo progetto musicale, “Ensemble”, si riallaccia in parte al primo (Between, il mio esordio discografico) e ne sviluppa la tematica di fondo: la musica come occasione, opportunità di incontri e di dialogo. Ho maturato l’idea che lo spirito comunitario, il senso di appartenenza ad un tutto, ad un organismo più grande (il Jazz), debba essere patrimonio di ogni singolo jazzista e che vada recuperato e rinvigorito, dandogli acqua e linfa, così come si usa fare con una pianta, per farla crescere robusta e vigorosa. E così, in linea con questo spirito di empatia e di incontro, il cammino del Vittorio Cuculo 4et feat. Gegè Munari approda oggi a questa nuova tappa, “Ensemble”, un lavoro discografico che vede il quartetto dialogare con un’orchestra di sassofoni: un piccolo organico, ben amalgamato dal primo tratto di strada fatto insieme, si confronta, si integra e si differenzia, quando occorre, con un organismo strumentale più grande.
D. Leggo nella sua biografia “profondo conoscitore del linguaggio bebop”. Si sente la sua versatilità verso il jazz più nobile ma le sonorità create nei vari brani (arrangiati magistralmente) sono pregnanti di paesaggi popolari e contemporanei rievocati con molta forza espressiva. Ci racconti un po’ il suo viaggio di formazione e le suggestioni più intense avute nella sua storia, nonostante la giovane età.
R. La musica è sempre stata presente nella mia vita, sin da quando ero piccolo. Questa versatilità è probabilmente dovuta ai vari incontri che ho avuto modo di fare con importanti figure della musica e del jazz. Rimango sempre colpito da ogni singolo incontro musicale, umano e penso che ogni musicista lasci un “pezzettino di sé” nell’incontro con l’altro… Credo non ci sia cosa più bella al mondo della diversità e dell’unione attraverso il confronto musicale ed umano. Ho avuto inoltre la fortuna di poter vivere esperienze al di fuori dell’Italia, riscontrando tanto interesse e curiosità in tutte le persone e i musicisti che ho incontrato. E posso sicuramente dire che chi fa musica è davvero fortunato!
D. Non posso non chiedere qualche impressione sui molti talenti con i quali ha condiviso il palco. C’è qualche aneddoto, qualche episodio, qualche evento, qualche personaggio che ricorda con particolare affetto?
R. Suonando a fianco di altri musicisti, ogni incontro è stato davvero importante e significativo. Ma un episodio che ricordo con particolare affetto è quello che riguarda la conoscenza del leggendario batterista e colonna del Jazz italiano, europeo e non solo, Gegè Munari. Ero intimorito dall’importanza della sua figura e dalla sua significativa autorevolezza nel mondo Jazzistico. Ma una delle prime cose che vidi fu il suo sorriso e la sua grande vitalità, mi disse e mi dice sempre che la cosa più importante nella musica è il divertirsi e lo star bene: fu un momento che mi toccò l’anima e il cuore. Vedere una grande figura come quella di Gegè, che ha suonato con tutti i più importanti Jazzisti del mondo, aver sempre la voglia e l’entusiasmo di suonare e di divertirsi con altri musicisti, mi ha davvero emozionato e colpito positivamente, trasmettendomi il desiderio di far sempre del mio meglio. ” The Legend” Gegè Munari è e rimarrà sempre un punto di riferimento per la mia vita.
D. Il suo sax “canta” melodie di qualità limpidissima su un tappeto sonoro davvero straordinario. Ci dica come è nato il suo quartetto e per quanto possibile, ci descriva quello che succede in studio di registrazione e sul palco.
R. Vi ringrazio con tutto il cuore per questo bellissimo complimento che mi rende felice. La composizione del quartetto asseconda lo spirito di incontro, pur nella differenza delle singole esperienze maturate: il Vittorio Cuculo 4tet feat. Gegè Munari, infatti, mette insieme personalità diverse, con approcci strumentali, stili e modi di suonare che nella diversità trovano un punto di equilibrio all’interno del gruppo. Con Enrico Mianulli, al contrabbasso, mio assiduo collaboratore, ci conosciamo e ci frequentiamo musicalmente da un po’ di tempo, e con il suo black sound mainstream apporta precisione, leggerezza al progetto. Danilo Blaiotta, poliedrico pianista, contribuisce, con il suo approccio fresco e moderno, a dare ulteriore spinta al nostro stare insieme, dando un tocco di eleganza e stimolando percorsi ulteriori. E c’è poi the Legend Gegè Munari, colonna del jazz italiano, europeo e non solo, un grandissimo batterista che con il suo drumming è punto di riferimento di intere generazioni, un drumming che viene da lontano, carico di uno swing trascinante che ha respirato e immagazzinato musica sui più rinomati palchi italiani ed europei. Gegè rappresenta per me, per il gruppo e per il progetto, quella benefica esperienza sempre pronta a donarsi. Quando si ha la fortuna di poter contare su compagni e musicisti così, nel lavoro di registrazione in studio si evita anche il rischio della dispersione organizzativa e alla fine tutto si incastra magicamente nel modo giusto. Sul palco, invece, quando è così tutto è magia e il resto viene da sé.
D. I Sassofoni della Filarmonica Sabina “Foronovana”: insolita scelta, ma azzeccatissima, quella di arricchire la sua formazione con una vera e propria orchestra di sassofoni che non fa certo rimpiangere gli archi, come ad esempio in My Funny Valentine, un brano così famoso ma arrangiato in maniera originale e suggestiva. Ci dica le motivazioni di questa scelta.
R. La sorte ha voluto che incontrassi la formazione di sassofoni Filarmonica Sabina Foronovana, con la quale ho avuto modo di registrare dal vivo, senza il mio quartetto, una versione del brano My funny Valentine (versione ora inclusa nel nuovo lavoro discografico) e da questo primo incontro è nata la spinta per una collaborazione più approfondita. Con l’orchestra dei sassofoni della Filarmonica Sabina Foronovana è stato bello rinnovare il piacere dell’incontro. Essendo il mio secondo CD, il lavoro vede un’orchestrazione per strumenti a fiato e dunque realizza la voglia di condividere il percorso discografico con altri musicisti che suonano il mio stesso strumento, un insieme appunto di sassofoni, un insieme coeso come la Filarmonica Sabina Foronovana.
D. Il jazz in Italia: negli ultimi anni sono diversi i talenti che si sono affacciati sulla scena nazionale e internazionale. Come vede il futuro di questo genere in un’epoca in cui i confini tra generi si sono assottigliati e si sono arricchiti di potenzialità dialogiche incredibili tra esperienze diverse spazio-temporali?
R. È bellissimo vedere tante realtà e tanti talenti presenti sulla scena del jazz odierno. Questo vuol dire che il jazz è vivo. Sono sempre piacevolmente colpito dall’alto livello di tanti meravigliosi musicisti, coetanei e non. Viva la musica, viva la magia del Jazz!
D. Tanto per gradire ha “infilato” nel disco anche la voce umana nel brano Brava cantato da Lucia Filaci. Il suo sax, come detto, esso stesso “canta”, ma ha mai pensato a un disco interamente composto da brani cantati?
R. La scelta di questa bellissima idea è stata fatta da tutti noi. Avendo collaborato più volte con diverse e importanti cantanti, posso sicuramente dire che mi piacerebbe poter realizzare l’idea da lei propostami. La voce è uno strumento che mi ha sempre affascinato tantissimo.
D. Chiudiamo con la classica domanda sui progetti in atto e futuri in questo periodo così difficile per la musica dal vivo.
R. Intanto avrei un piccolo, grande sogno che mi piacerebbe realizzare: che questo lavoro discografico potesse avere un riscontro positivo anche in termini di accoglienza nei festival, nelle sale da concerto o all’aperto, dove poterlo suonare, magari riuscire ad organizzare un piccolo tour. Sulla bontà del progetto, nelle note di copertina, si si sono espresse figure capitali del Jazz: Stefano Di Battista, Paolo Fresu e Eugenio Rubei (li ringrazio e li ringrazierò sempre tanto, per il loro incoraggiamento e sostegno). Progetti per il futuro ne ho, avrei già in mente un’idea da sviluppare per un prossimo impegno discografico, ci devo lavorare in termini di ideazione, ma il seme è già presente.
APPENDICE
Vogliamo aggiungere, in calce all’intervista, le liner notes di Paolo Fresu e le note di copertina, a cura di Stefano Di Battista.
«Ascoltando questo lavoro del giovane sassofonista VITTORIO CUCULO, ci si rende immediatamente conto della grande maturità raggiunta dal jazz italiano. Ma sarebbe riduttivo parlare di Italia. Il nostro jazz, e in particolare quello delle nuove generazioni, rappresenta una lingua del mondo capace di rapportarsi ad armi pari con chiunque. L’originalità del progetto, con suoni e arrangiamenti raffinati, eseguiti da un organico che vede coinvolto il suo gruppo stabile, oltre all’orchestra di sassofoni della FILARMONICA SABINA FORONOVANA, è un corretto rapporto tra tradizione e modernità, ricerca ed emozione. Ma è il suono caldo e controllato del leader l’anello di giunzione che lega tutto il progetto discografico. Un suono giovane ma allo stesso tempo pregnante. Capace di volare come “BIRD” sui tempi up sostenuti dal drumming dell’immenso GEGÈ MUNARI, ma anche capace di cantare liricamente in una ballad come MY FUNNY VALENTINE. E se gli arrangiamenti di SPADONI, CORVINI, NEBBIOSI e VALENTINI cercano nel presente, seppure con gli attenti rimandi alla tradizione, LUCIA FILACI ripercorre un pezzo di storia interpretando magistralmente l’elogio/capolavoro tecnico di MINA: BRAVA. ENSEMBLE è un vero lavoro di insieme, al quale interplay contribuiscono anche DANILO BLAIOTTA al pianoforte ed ENRICO MIANULLI al contrabbasso. Questa idea di coralità sarebbe più che sufficiente a dare un giudizio positivo a questo lavoro, che supera qualsiasi valutazione nello stupore della bellezza e nell’emozione percepita all’ascolto. Perché quella maturità del nostro jazz, di cui dobbiamo andare fieri, si esplica nel perfetto equilibrio tra storia, innovazione e pathos. Elementi presenti in questa opera, alla quale auguriamo meritata fortuna». (Paolo Fresu)
«VITTORIO CUCULO 4ET è un bel viaggio nell’entusiasmo di fare musica insieme, che è un po’ l’obiettivo del jazz: unire le persone. E lui qui ci riesce benissimo, grazie anche alla partecipazione di un gigante quale GEGÈ MUNARI, un autentico sponsor dei giovani e non. VITTORIO riesce a migliorarsi sempre e lo fa con estrema facilità, di giorno in giorno! Da MISTY (bellissima ballad, suonata davvero bene con il soprano), dove riesce ad avere un controllo straordinario, a brani più complessi come DONNA LEE, che lo fa navigare su quello che lui credo prediliga, lo swing saltellante, ricordando a tratti il monumento J. CANNONBALL ADDERLEY! Che dire: un disco arrangiato molto bene, iniziando da ROBERTO SPADONI, che è ormai un arrangiatore stellato, passando per il giovane NEBBIOSI che stupisce ogni volta. Bravi davvero tutti! VITTORIO è ormai sulla strada giusta, sempre che ne esista una. Comunque un grande sassofonista italiano di Roma – che non sono certo io – avrebbe detto: «Yeah, man! Jazz!» (MASSIMO URBANI). (Stefano Di Battista)