Intervista a Mafalda Minnozzi all’uscita dello splendido “Sensorial – Portraits in Bossa & Jazz”


a cura di Vincenzo Pasquali

20 Mar 2021 - Commenti live!

In occasione dell’uscita dell’ultimo album “Sensorial – Portraits in Bossa & Jazz” (da noi già presentato su questo magazine), abbiamo intervistato l’eclettica cantante Jazz Mafalda Minnozzi che si trova attualmente in Brasile per i suoi nuovi progetti.

Fotografie di Murilo Alvesso

INTERVISTA

D. Nel 2017, dopo il tremendo sisma del centro Italia, ti abbiamo ascoltata a San Severino Marche in quel concerto di solidarietà che presentammo anche nel nostro magazine. Parlaci un poco della tua infanzia, del legame con la nostra regione, le Marche. Dove e quando è nata la passione per la musica e il canto, in particolare?

R. Il mio legame con San Severino Marche e la provincia di Macerata è indelebile, perché dall’età di otto anni fino al compimento dei miei studi ho vissuto la realtà di quel territorio all’interno di una famiglia tradizionale e molto severa, marchigiana da generazioni. Per descrivere meglio quel periodo, voglio ricordare che io sono nata a Pavia in una regione che in quegli anni si preparava ad una rapida evoluzione civile ed economica, tesa all’Europa. Alla scuola materna e alle elementari ho goduto di una educazione legata a questa volontà di progresso, con metodi di insegnamento dinamici e all’avanguardia, aperti verso altre culture e discipline artistiche. Quando i miei genitori decisero di tornare nei loro luoghi di origine mi ritrovai in una realtà completamente diversa, più chiusa e tradizionale e molto più rigorosa. Il mio sforzo di integrazione è stato difficilissimo e lunghissimo ed in realtà non si è mai compiuto a pieno. Scherzo spesso dicendo che “i lavori sono ancora in corso”. Gli anni vissuti in provincia di Macerata sono stati ovviamente importanti ma non si sono rivelati formativi per me, anima artistica. La scuola non era preparata ad accogliere ed interpretare caratteri e comportamenti di una personalità come la mia, sensibile, eclettica, forse eccentrica, sicuramente complessa. Ed essendo la scuola uno spaccato della società in cui si vive, presto mi sentii incompresa in quell’ambiente in cui tante persone erano sempre pronte a giudicare e poche erano disposte a capire ed accogliere. Quindi decisi di andare via. Negli anni, e ne sono passati ormai tanti, sono poi sempre ritornata alla mia prima famiglia in una terra ricca di valori, di storia e di bellezze naturali uniche. Nelle Marche ho instaurato rapporti intensi con molte persone, con l’intuito di costruire un percorso di rinascita e di scambio e posso dire che il risultato è stato e continua ad essere bellissimo. La mia anima artistica e l’inarrestabile desiderio di intraprendere nuovi cammini e nuove strade che mi accompagna da quasi quaranta anni sono nati e moriranno con me, indipendentemente dal cielo che mi ha visto ragazzina. Giacomo Leopardi, seppe trovare le parole perfette per descrivere il suo infinito, perché l’immaginazione e la voglia di andare oltre non potrà mai essere arrestata.

D. La tua voce vellutata accarezza le note e si colloca sempre, si adagia, direi, sullo spartito per poi volare liberamente tra testo e musica. Come vedi questo rapporto tra la voce e gli strumenti, rapporto certamente “speciale” nel “tuo” Jazz?

R. Sono commossa nel rispondere ad una domanda così sensibile ed intensa, perché significa che i miei sforzi e i tanti sacrifici fatti sono riusciti ad emozionarti e toccare la tua anima. Definire una voce significa studiare per una vita intera con umiltà ed immenso sforzo fisico e psicologico, significa spesso andare contro la propria natura per trovare altri approdi, godere di nuove scoperte e misurarsi continuamente con le proprie potenzialità. La mia voce è unica perché è dentro il mio corpo e risponde non solo fisicamente ma anche e soprattutto al mio complesso mondo emotivo e spirituale. Ho plasmato meticolosamente il carattere della mia voce con grande attenzione e dedizione, fino a farla diventare uno strumento perfetto di comunicazione, atto a trasmettere la mia forza, il mio coraggio, la mia dolcezza, il mio inarrestabile senso di libertà, il mio infinito amore per la gente, la mia cultura: la mia voce dà voce ai miei percorsi, ai miei panorami e ai miei orizzonti.

D. Nel nuovo disco “Sensorial – Portraits in Bossa & Jazz”, che abbiamo recensito all’uscita il mese scorso, ci sono collaborazioni internazionali eccellenti: da Paul Ricci a Art Hirahara, da Harvie “S” Swartz a Essiet Okon Essiet da Victor Jones a Rogerio Boccato e Will Calhoun. Parlaci di queste collaborazioni e parlaci del tuo “respiro musicale” internazionale.

R. Dall’inizio della mia carriera ad oggi, intendo oggi pomeriggio, quando qui a Sao Paulo mi ritroverò in uno studio di registrazione con musicisti come Paul Ricci, Sidiel Vieira, Ricardo Mosca e Tiago Costa, ho sempre voluto scrivere una storia musicale in cui ricercare la bellezza, per poi chiudere gli occhi e farmi trasportare in mondi paradisiaci. La musica riesce a fare questo. I musicisti in generale utilizzano i propri sensi per connettersi a mondi diversi, muovendosi con intensa emotività. Una spiccata sensibilità diventa strumento fondamentale di congiunzione con gli altri ed i legami diventano fortissimi. Si dice che cercando si trova, ed io ho sempre avuto la curiosità di cercare la luce del talento negli artisti che ho conosciuto in tutte le parti del mondo che ho frequentato. Quando la trovo, la seguo fino in fondo, perché capisco immediatamente che mi viene offerta una grande possibilità che è quella di costruire qualcosa di unico, di magico, di infinito. Così è stato quando in pieno inizio di pandemia, nel febbraio dello scorso anno, ci siamo incontrati insieme a Brooklyn, in un minuscolo studio di registrazione, con questi incredibili esseri musicali come Harvie, Paul, Art, Victor, Rogerio, Essiet e Will e con il favoloso Michael Brorby come ingegnere del suono (che è quel musicista in più, non dimentichiamocelo). Abbiamo registrato senza parlare molto, entrando in connessione e suonando con devozione per la musica e con la musica, in sintonia con gli autori, con i testi, tutti attorno alla mia voce. Le pareti di plexiglass non sono riuscite ad interrompere questo collegamento spirituale tra noi, questo feeling che invito te e i tuoi lettori a conoscere visitando il mio canale YouTube. Ci troverete i video realizzati in quello studio durante la registrazione di ogni canzone di Sensorial e potrete condividere con noi l’esperienza che abbiamo vissuto.

D. La tua carriera conta oltre mille concerti in tre continenti: un’esperienza straordinaria. Raccontaci di qualche “tappa” particolarmente significativa, soprattutto riguardo il rapporto col pubblico.

R. Si è vero, hai ragione. Ormai credo di aver perso il conto dei concerti che ho realizzato in tutti questi anni girando per il mondo, ma ti garantisco che conservo tutta la forza che il pubblico mi ha dato da allora ad oggi. Ho avuto la grande fortuna di avere un pubblico speciale, straordinariamente fedele, che è la più grande fortuna che un’artista può sperare. Queste persone che sono venute ad applaudirmi hanno alimentato la mia forza e dato spinta al mio coraggio e sono perciò devota a tutti loro, che hanno reso ogni mio passo un evento assoluto d’amore e di comunione. Se osservi il mio dito medio, all’altezza della falange, potrai notare un grande callo osseo che si è formato durante tutti questi anni con la pressione della penna per le centinaia, migliaia di autografi che ho fatto alla fine di ogni mio concerto, come in una liturgia, incontrando tutti coloro che volevano scambiare una parola con me o passare la loro mano sui miei capelli corti. Ecco, è questo il ricordo più bello che ho ed è quello che più mi manca da un anno a questa parte. Comunque il callo resiste.

D. Le tendenze musicali attuali, molto legate alle produzioni indipendenti e a volte addirittura “casalinghe” dovute alla facilitazione con cui reperire a costi relativamente bassi le attrezzature digitali, tendono a semplificazioni autoriali, a procedimenti creativi qualitativamente per lo meno discutibili. Senza voler demonizzare niente e nessuno, come vedi il futuro musicale soprattutto giovanile?

R. La sperimentazione ha sempre un grande valore, soprattutto quando si parla di arte e di musica. La libertà creativa risponde a delle esigenze del tutto personali. Trovare il tempo di dare voce alla propria esigenza di libertà attraverso la creazione, è sempre lodevole. I mezzi che oggi abbiamo a disposizione ci aiutano tantissimo a guardare oltre e sviluppare la nostra immaginazione e la nostra ispirazione artistica naturale. Persino giocherellando con una app come “Tik Tok” o creando una storia su Instagram, abbiamo l’opportunità di stimolare la nostra capacità di inventare. Chi ama la musica ed ha software e hardware adeguati per la produzione audio, è giusto che si senta libero di provare a conoscere le possibilità digitali offerte da programmi come “Logic” o “Pro Tools”. Ciò porta a una grande produzione di musica e a molti tentativi di pubblicarla alla ricerca di un eventuale pubblico, ma nella maggior parte dei casi questi prodotti non arrivano ad essere considerati né trovano una collocazione per il loro basso valore artistico, finendo inevitabilmente eliminati dal tempo. Se, per una strana coincidenza, qualcuna di queste “meteore” entra nei mercati musicali ed arriva ad invadere i nostri spazi auditivi e visivi, dobbiamo essere noi a non considerarla e sviare la nostra attenzione. Nessuno è obbligato ad ascoltare, a leggere, a vedere, comprare, consumare niente se non sente di farlo in piena libertà. Oggi, sia nel mondo digitale che in quello analogico, abbiamo sempre la possibilità di pigiare il tasto ON o il tasto OFF, in ogni momento della giornata: a noi la scelta.

D. Abbiamo avuto e abbiamo in Italia una stagione di grandi musicisti Jazz. Quali apprezzi di più? Non per una classifica, che sarebbe ingenerosa, ma soprattutto per capire meglio la tua visione musicale.  

R. Apprezzo tantissimo Roberto Gatto, per la sua creatività, il suo immenso talento, la sua conduzione ritmica naturale e la sua maturità artistica; Paolo Fresu per il suo timbro inconfondibile e la sua sensibilità musicale; mi piace molto Stefano Di Battista per la sua intonazione, il suo timbro, l’immaginazione, l’eleganza e il buon gusto; il mio pianista preferito è Giovanni Guidi, musicista di grandissimo talento che ho conosciuto ancora giovanissimo in un concerto accompagnando Enrico Rava. In quella occasione riuscì a rubare la scena con il suo stile minimalista ed introspettivo di suonare e stare sul palcoscenico, senza svelarsi se non attraverso la musica, quasi mistico. La mia cantante preferita? È Ornella Vanoni, assolutamente jazz per interpretazione ed arrangiamenti studiati ad hoc che hanno fatto la storia grazie a dischi ormai classificati “cult”. Mi riferisco specialmente a quel capolavoro intitolato “La Voglia, La Pazzia, L’Incoscienza e l’Allegria” che incise agli inizi degli anni 70 con Toquinho ed è un patrimonio della musica, non solo italiana.

D. Riguardo al tuo ultimo disco hai dichiarato: «Le canzoni scelte rispecchiano perfettamente il flusso di sensazioni che crea in me la musica brasiliana: qualcosa di fisico e spirituale che va oltre il canto. È come una danza vocale che coinvolge realmente tutti i sensi e, forse, i cinque sensi conosciuti non sono sufficienti a esprimere l’energia. Sono certa che nei panorami, negli animali e nei frutti, nei colori e negli odori del Brasile, ci sia un’essenza comune che ritrovo in me e in queste immense canzoni. Affrontare senza preconcetti gli autori che le hanno composte, e farlo con l’aiuto di grandi musicisti, è stato un atto di autentica libertà. Quando in studio ho chiuso gli occhi per cantare, ho rivisto l’intera storia della mia vita, tesa a incontrare e a integrare culture». Bellissima dichiarazione che ci fa percepire il tuo desiderio di incontro con culture, generi e forme plurime. Quali sono i tuoi progetti futuri?

R. Si, infatti, la tua percezione è giusta. Io non potrei fare ciò che faccio se rimanessi sempre nello stesso posto, se respirassi sempre la stessa aria, se frequentassi sempre le stesse persone, gli stessi luoghi, gli stessi orizzonti, se mi muovessi sempre dentro gli stessi confini senza creare nuove opportunità di scambio di conoscenze ed esperienze con altre persone, soprattutto altri artisti che seguono coordinate ed ispirazioni assolutamente diverse dalle mie. Mi piace avvicinarmi ad altri popoli del mondo e conoscerli e poi immergermi nelle loro culture. Tutto ciò è inebriante. Ci si arricchisce tantissimo entrando in altri stili di vita, in altri linguaggi che definitivamente fanno bene al corpo e allo spirito. Per questo motivo la mia vita è una continua esplorazione ed i miei progetti futuri sono la risposta a queste esperienze. Ne ho in cantiere tre per questo anno 2021 e altri due già progettati per il 2022. Non ti anticipo niente, ma posso dire che sono il frutto di questi incontri incredibili, di questa ricchezza che vengo acquistando di giorno in giorno, di anno in anno e rafforzano una mia certezza: più alimentiamo la nostra volontà di condivisione, più la conoscenza ci viene incontro per rasserenare le nostre paure e rendere molto più felice la nostra vita.

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