Incanta l’Odissea di Perrotta
di Silvana Scaramucci
11 Ago 2013 - Commenti teatro
Pedaso (AP) – Al teatro Valdaso di Pedaso (AP) Mario Perrotta ha incantato il numeroso pubblico con una pièce scritta, diretta e recitata da lui stesso, con musica live dei musicisti Mario Arcari, oboe e percussioni, e di Maurizio Pellizzari alla chitarra. Odissea: è questo il titolo dello spettacolo, un tema non nuovo se vogliamo e anche abusato ma atto ad offrire sempre una chiave di lettura interessante proprio per l’intrinseca poliedricità che racchiude l’infinita sostanza umana che lo sottende e l’artista leccese ne ha tratto un testo intrigante, brillante e suggestivo.
La recitazione si è snodata lungo un flusso narrativo in cui la parola non per niente si inserisce nella rassegna omonima, Teatro della Parola appunto, realizzata dai teatri di Grottammare, Ripatransone, Pedaso dall’Amat e dall’Assessorato alla cultura della Provincia di Ascoli Piceno. Ha sperimentato, giocando, acrostici e trasposizioni, innescando un susseguirsi di significati con inusuali aperture all’attualità dell’ulissismo. Ne citiamo una per tutte: mitile/limite/milite: il primo è la cozza/pasto, il secondo è il confine invalicabile fra il mare/mistero, il terzo è l’eterna attrattiva della prevaricazione umana. Al flusso della parola il Perrotta ha congiunto un’incessante espressione corporea di eccellente livello plastico e la fusione di entrambi i linguaggi è stata esaltata e resa coesa dal supporto musicale su partiture delle tradizioni meridionali.
La storia propone un genitore/Ulisse che padre non è per assenza dal ruolo e che per questo si carica di suggestione fino ad assumere caratteri epici; una madre/Penelope dal fatidico nome Speranza, forte e invisibile perchè chiusasi volontariamente alla vita sociale; Antonio, un uomo che trascorre la vita n coppa o’ mare aprendo cozze. Il Telemaco/figlio viene a conoscere i luoghi e i fatti che riguardano il padre, non conosciuto ma desiderato, dai colloqui con Antonio, l’uomo delle cozze che aspetta sempre qualcosa che arriva dal mare . Dal colloquio/soliloquio prende vita l’epopea di Ulisse, con autentici innesti omerici adombranti similarità di situazioni attuali, ieri come oggi uomini-lupi, si staglia meglio sullo sfondo il paese arroccato attorno al bar con le dicerie e maldicenze di rimbalzo, il Salento come Itaca o come altro, ma soprattutto viene fuori un tema attuale molto importante e che riguarda il rapporto genitori-figli: l’espressione affettiva, sia pure in chiave negativa come un ceffone o più ancora una carezza, non può negarsi, pena vivere con rancore e nostalgia.
(Silvana Scaramucci)