27 gennaio IL GIORNO DELLA MEMORIA 2022
di Alberto Pellegrino
24 Gen 2022 - Letteratura, Varie
In occasione del Giorno della Memoria, 27 gennaio, anche quest’anno Alberto Pellegrino invita ad una riflessione sull’immane tragedia, a partire da alcuni versi dello scrittore Primo Levi, fino ad un approfondimento sulla deportazione politica in Italia.
Per celebrare il Giorno delle Memoria di quest’anno abbiamo scelto i versi del grande scrittore Primo Levi (1916-1987), che è stato con le sue opere narrative e con i suoi versi uno dei maggiori testimoni dell’Olocausto non solo in Italia ma nel mondo. Egli ha lasciato un messaggio d’impegno e di speranza affrontando anche i grandi temi della storia, la difesa della natura, il senso, i limiti e le risorse dell’agire umano. Autentici capolavori sono le sue opere narrative Se questo è un uomo, (1947), La tregua (1963), La chiave e la stella (1978), I sommersi e i salvati (1986), al pari le sue raccolte di poesie L’osteria di Brema (1975), Ad ora incerta (1984) e Altre poesie. Settembre 1984-gennaio 1987 (1988) rimangono un esempio d’impegno civile e umano.
I Compagno stanco ti vedo nel cuore, Ti leggo nel cuore compagno dolente, Hai dentro il petto freddo fame niente Hai rotto dentro l’ultimo valore. Compagno grigio fosti un uomo forte, Una donna ti camminava al fianco. Compagno vuoto che non hai più nome, Un deserto che non hai più pianto, Così povero che non hai più male, Così stanco che non hai più spavento, Uomo spento che fosti un uomo forte: Se ancora ti trovassimo davanti Lassù nel dolce mondo sotto il sole, Con quale viso ci staremmo a fronte? (1945) II Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case Voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici. Considerate se questo è un uomo Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per mezzo pane Che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, Senza capelli e senza nome Senza più forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d’inverno. Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa e andando per via, Coricandovi e alzandovi: Ripetetele ai vostri figli. (1946) III Sedete e contrattate A vostra voglia, vecchie volpi argentate Vi mureremo in un palazzo splendido Con cibo, vino, buoni letti e buon fuoco Purché trattiate e contrattiate Le vite dei nostri figli e le vostre. Che tutta la speranza del creato Converga a benedire le vostre menti E vi guidi nel labirinto. Ma fuori al freddo vi aspetteremo noi, Di Treblinka, di Dresda e di Hiroscima: E saranno con noi I lebbrosi e tracomatosi, Gli scomparsi di Buenos Aires, I morti di Cambogia e i morituri d’Etiopia, I patteggiati di Praga, Gli esangui di Calcutta, Gl’innocenti straziati a Bologna. Guai a voi se uscirete discordi: Sarete stretti dal nostro abbraccio. Siamo invincibili perché siamo i vinti. Invulnerabili perché già spenti: Noi ridiamo dei vostri missili. Sedete e contrattate Finché la lingua vi si secchi: Se dureranno il danno e la vergogna Vi annegheremo nella nostra putredine. (Canto dei morti invano)
Il negazionismo e l’allargamento del quadro storico
In occasione di questa solenne ricorrenza per prima cosa non bisogna sottovalutare il problema del negazionismo, che rappresenta una cultura nazifascista ancora legata al potente mito del “complotto ebraico mondiale” che mira a indicare gli ebrei come i nemici dell’umanità. Nel volume Se Auschwitz è nulla (Bollati Boringhieri, 2021), Donatella Di Cesare giustamente sostiene che negare l’esistenza dello sterminio degli ebrei in Europa rappresenta una nuova forma di antisemitismo: “Il negazionismo è una forma di propaganda politica che negli ultimi anni si è diffuso entro lo spazio pubblico coinvolgendo ambiti diversi e assumendo accenti sempre più subdoli e violenti”.
Nello stesso tempo appare sempre più necessario aggiungere alla memoria una maggiore conoscenza storica soprattutto a favore delle nuove generazioni, come ha recentemente sostenuto Gianfranco Maris, presidente dell’Associazione Nazionale ex-deportati, quando ha giustamente affermato che la memoria serve per determinare “le proprie scelte di condotta, solo se collegata ai processi economici, giuridici, culturali, sociali e politici che quei fatti hanno preparato e determinato”. Per queste ragioni le deportazioni e le operazioni di sterminio devono essere collocate nel quadro della cultura tedesca, nei processi formativi delle scelte politiche, giuridiche, giurisdizionali, amministrativi delle autorità naziste e fasciste, nel quadro generale della concezione e della strategia di una guerra globale di annientamento.
Dalla memoria condivisa alla conoscenza storica
A distanza di tanti anni, lo studio storico della memoria non più essere circoscritto all’immane tragedia dell’Olocausto, ma deve essere allargata al momento dell’arresto d’inermi innocenti da parte dell’oppressore nazista che mirava ad annientare identità, dignità e persino la vita alle vittime, cioè gli ebrei di tutta l’Europa perseguitati, deportati e annientati solo per il fatto di essere ebrei. Ma per avere un quadro storico completo delle persecuzioni nazifasciste, bisogna allargare la visione anche alla vicenda di tutti i deportati non ebrei arrestati per motivi politici; è opportuno andare alla ricerca del ruolo sociale svolto dai deportati e dalle deportate, i loro orientamenti politici e culturali, le loro scelte di opposizione ai regimi nazista e fascista.
Per rendere concreta la proposizione finale della legge 2000 “affinché simili eventi non possano più accadere”, è indispensabile comprendere e riflettere sui sistemi di potere nazista e fascista, sulla storia dei loro oppositori dalle prime violenze e dai primi incendi della Camere del lavoro messi in atto dai fascisti dal 1921 in poi per arrivare ai roghi dei libri fatti dai nazisti nelle piazze tedesche nel 1933; partire dalle fiamme, dal fumo e dalle ceneri dei crematori di Auschwitz per arrivare alle nuove violenze messe in atto dai neofascisti europei.
La deportazione politica in Italia
Per completare il quadro storico delle persecuzioni, è importante riaccendere i riflettori della memoria sulla deportazione politica, cioè sull’impegno di chi si è opposto e ha avuto il coraggio di dire no. Parlare della deportazione politica vuol dire ricordare una cultura dell’opposizione maturata nel socialismo, nel cattolicesimo popolare, nel comunismo e nel liberalismo italiani prima del fascismo, consolidata dalla guerra di Spagna, dalla cultura degli esuli e dagli oppositori interni al fascismo e al nazismo. Significa fare i conti con la nostra storia per ricordare gli operai delle fabbriche scesi in sciopero tra 1943 e il 1944, i militari che dopo l’8 settembre 1943 hanno fatto la difficile scelta di diventare dei disertori.
I deportati per motivi politici sono decine di migliaia in tutta l’Europa ma nel nostro Paese, agli ottomila ebrei italiani deportati tra il 1943 e il 1945, vanno affiancati i 23 mila deportati politici finora regolarmente censiti (vedi Il libro dei deportati, a cura di Brunello Mantelli e Nicola Tranfaglia, Mursia, 2009/2015). A questa cifra vanno aggiunti i deportati politici rinchiusi nei lager italiani di Bolzano, della Risiera di San Saba a Trieste e soprattutto nel campo di concentramento di Fossoli vicino Modena, centro di raccolta e di smistamento verso i campi di sterminio nazisti, un triste luogo dove è passato anche Primo Levi (“Io so cosa vuol dire non tornare. / Attraverso il filo spinato / ho visto il sole scendere e morire; / Ho sentito lacerarmi la carne”). Non vanno nemmeno dimenticati i 600 mila militari italiani che si sono rifiutati di aderire alla Repubblica Sociale di Mussolini.
Si riscopre in questo modo un universo politicamente eterogeneo di uomini e donne che comprende monarchici badogliani, liberali, comunisti, socialisti, cristiani sociali, azionisti di Giustizia e Libertà, anarchici per arrivare fino a coloro che, pur non essendo politicamente orientati, si sono schierati a fianco della Resistenza per ragioni di umana solidarietà o per una scelta di libertà e democrazia. Ci veniamo a trovare di fronte a un esemplare quadro di umanità impegnata, coerente e solidale, per cui nel Giorno della Memoria, accanto alle vittime del popolo ebraico, potranno riemergere dal passato figure di uomini e donne deportati e deportate quando erano ancora liberi di agire, di scegliere e di orientare la propria vita tra l’adesione al regime fascista e l’indifferenza, oppure decidere (come hanno fatto) di mettere in atto una cosciente e responsabile opposizione.