Il fumetto e il cinema. Diabolik ed Eva Kant un mito sempreverde
di Alberto Pellegrino
20 Mag 2022 - Commenti cinema, Fumetti
In occasione dell’uscita di Diabolik Pellegrino ci propone la lettura del film alla luce del mito dei due personaggi principali approfonditi qualche tempo fa in “Musiculturaonline” (https://www.musiculturaonline.it/diabolk-ed-eva-kant-il-rilancio-di-un-mito-del-secondo-novecento/).
Il cinema, soprattutto negli Stati Uniti, ha con successo tratto ispirazione da storie e personaggi particolarmente popolari nel mondo del comic, basti pensare a Tarzan, Dick Tracy, Superman, Batman e L’Uomo Ragno. In Italia il cinema si è raramente ispirato al fumetto (Tex Wiler, Dylan Dog) e con scarsi risultati di pubblico per il limitato impegno finanziario della case di produzione e per il basso livello delle regie, per la sostanziale crisi del prodotto fumettistico, fatta eccezione per la letteratura disegnata (graphic novel) ormai presente solo nelle librerie. Forse l’unico esempio di mito mediatico che non mostra segni d’invecchiamento è quello di Diabolik e della sua compagna Eva Kant, che da circa sessant’anni costituiscono la coppia più popolare del fumetto italiano. La serie nata nel 1962 da un’intuizione di Angela e Luciana Giussani, dopo un inizio stentato, conquista un’improvvisa ma ancora solida popolarità, tanto che il fumetto viene pubblicato in diversi Paesi europei, in America Latina e negli Stati Uniti ed è arrivato a vendere 150 milioni di copie. Le autrici si sono ispirate al romanzo d’appendice francese (feuilleton) che nel secondo Ottocento ha reso popolare la figura del “ladro gentiluomo”, romantico, simpatico e galante (Rocambole e Arsenio Lupin), che rifiuta le leggi per seguire una personale idea di libertà e che si batte contro una società ingiusta, preferendo alla violenza l’uso dell’intelligenza e dell’astuzia. Nel primo Novecento un modello più vicino a Diabolik è Fantomas, un criminale malvagio e spietato che non ha motivazioni morali e che si serve del delitto per accumulare ricchezza.
Diabolik segna la nascita del fumetto nero, un prodotto “consumistico” che assume una posizione ideologica di tipo conformista e che rappresenta in modo acritico una società tecnologica senza tensioni socio-politiche, dominata dalla legge della competitività e del benessere, dove la violenza è usata come strumento per raggiungere determinati scopi. Questo “genio del male” gode di un’extra-libertà priva di regole che gli permette di agire senza essere giudicato, un eroe criminale, bello, intelligente e implacabile che persegue i propri interessi senza ribellarsi mai al sistema politico-economico, pronto a sacrificare vite umane per interesse o per vendetta. La donna nei fumetti neri ha una posizione subalterna e il suo ruolo è esaltato dall’uso del sesso e della violenza, mentre Eva Kant nel fumetto delle Sorelle Giussani è una co-protagonista indipendente, esperta di arti marziali, maestra di travestimenti. Bionda, bellissima, elegante, Eva è un’icona di femminilità: “È feroce, è stupenda. Fredda, suadente, irresistibile. Quelle donne che fanno impazzire gli uomini nel desiderio di espugnarle perché non sono di nessuno, non sai mai cosa pensano, non ti lasciano entrare nei (loro) sogni” (Concita De Gregorio).
Il film Diabolik dei Manetti Bros
Nel 1968 un Diabolik era stato realizzato da un “maestro del brivido” italiano, il regista Mario Bava, che aveva confezionato un prodotto apprezzato dalla critica francese per il suo impianto pop, l’uso di un’ironia nera, l’impiego di luci psichedeliche, le citazioni della optical- art, la gamma di colori smaglianti. Al contrario, la critica italiana non si era lasciata sedurre da questo apparato estetico e aveva giudicato negativamente il film, mettendo in rilievo i limiti della sceneggiatura, lo scarso spessore dei personaggi, il basso livello della recitazione, nonostante la presenza di attori qualificati come John Philip Law, Michel Piccoli, Adolfo Celi, Renzo Palmer, Caterina Boratto, Carlo Croccolo e una diva del momento come Marisa Mell. Nemmeno le belle musiche di Ennio Morricone erano riuscite a elevate il tono del film considerato un fotoromanzo mal riuscito, tanto che lo stesso produttore Dino De Laurentis aveva sentenziato: “Non abbiamo fatto il Diabolik delle Giussani, ma uno 007 cattivo”.
Il nuovo Diabolik è un’opera dei Manetti Bros, due registi che da tempo occupano un ruolo rilevante nel cinema italiano per aver frequentato con successo diversi generi: l’horror (Zora la vampira, Paura 3D), il thriller (Piano 17), la fantascienza (L’arrivo di Wang), due musical (Song’e Napule, Ammore e malavita). I due autori sono partiti dall’idea di rendere omaggio al fumetto con un’opera filologicamente corretta e rigorosa attraverso la rievocazione di atmosfere, colorazioni, sceneggiature e costumi degli anni Sessanta, una costante contaminazione dei linguaggi, l’inserimento di inquadrature “fumettistiche”, l’uso di colori, luci e suoni che si richiamano al cinema italiano di quegli anni. Decisamente “italiana” è anche l’ambientazione, poiché tutte le riprese sono state girate a Courmayeur, Bologna, Milano e Trieste dove è stata ricreata la città portuale di Ghenf con la stazione marittima usata per gli esterni della Banca Centrale di Clerville. Per l’insieme delle sue qualità il film ha avuto undici candidature ai David Donatello 2022, malgrado abbia ricevuto solo il premio per la migliore canzone originale, La profondità degli abissi scritta e interpretata da Manuel Agnelli.
Le caratteristiche del film
I Manetti Bros hanno voluto fare un’opera diversa dalla maggior parte di quelle in circolazione: un film ambizioso, a tratti lento e verboso, ma sicuramente colto e gradevole, fumettistico e iperrealistico, volutamente anacronistico nella rappresentazione dell’immaginario italiano, ma perfetto nel fondere collocazione storica e fantasia. Con la sua gelida eleganza questo lavoro risulta diverso anche dai cinecomic statunitensi, perché rifiuta la loro tensione esasperata, la presenza di supereroi con poteri ultraterreni o di super-cattivi mostruosi. Lo spettatore è trasportato nella stagione degli anni Sessanta attraverso i costumi, le atmosfere, le vecchie Lancia e Alfa Romeo della polizia, la Jaguar di Diabolik, una fantastica Milano per la prima volta rappresentata in modo “fumettistico”, le citazioni dei fotoromanzi e delle riviste alla moda (Grand Hotel e Bolero Film), film di Hitchcock come Caccia al ladro, La donna che visse due volte, Intrigo internazionale.
Il Diabolik dei Manetti Bros appare né troppo melodrammatico, né eccessivamente crudele: “Abbiamo voluto raccontare l’incontro tra Diabolik ed Eva, due anarchici in un mondo di assoggettati depressi. Il nostro sarà un film di azione sì, ma anche oscuramente romantico. Il nostro Diabolik non è un personaggio semplice, possiede tutte le sfumature del fumetto, e soprattutto è Diabolik e basta, non è edulcorato, né trasformato in un Robin Hood buonista o al contrario un giustiziere della notte. È semplicemente quel che è e che tutti i fan del fumetto conoscono e apprezzano come tale. Un assassino che fa cose atroci, uno che pur di salvarsi lui fa morire un altro al suo posto”.
I protagonisti sono tutti attori di qualità a cominciare da Luca Marinelli (Diabolik), costretto a esprimersi soprattutto con lo sguardo avendo spesso il viso dalla maschera; un Valerio Mastrandrea (l’ispettore Ginko) perfettamente calato nella parte, diviso tra malinconia e un disincantato attivismo; una Serena Rossi nel ruolo della fidanzata ufficiale e un Alessandro Roja che interpreta lo spregevole viceministro Giorgio Caron. La protagonista assoluta è però Miriam Leone, perché Marco Manetti ha detto che “per raccontare davvero Diabolik è impossibile non raccontare Eva Kant”. Infatti Lady Eva è il personaggio più hitchcockiano di tutti; è il centro e il motore di tutta la trama: una splendida donna, un pezzo di “ghiaccio bollente” che conquista al primo sguardo un algido Diabolik; certamente non un “mogliettina” dedita a custodire il focolare domestico, ma una persona che sa quando deve entrare in azione per aiutare il suo uomo.
La trama del film
La trama è un libero adattamento del fumetto L’arresto di Diabolik del 1° ottobre 1963, quando avviene il primo incontro tra Diabolik ed Eva Kant. La storia è ambientata nell’immaginaria Clerville, una città terrorizzata da un criminale spietato e inafferrabile, il quale si nasconde dietro il nome di Walter Dorian, un rispettabile borghese che abita in un’elegante villa con l’ignara fidanzata Elisabeth Gay. L’arrivo della bella e ricca Eva Kant attira l’attenzione di Diabolik, perché possiede il prezioso “Diamante Rosa”. L’uomo decide di fare il colpo nell’albergo dove alloggia Lady Kant: uccide e sostituisce un cameriere per introdursi nella suite, ma viene colto sul fatto da Eva mentre apre la cassaforte. La donna, nonostante abbia un coltello puntato alla gola, informa con freddezza Diabolik che il diamante è falso e che l’originale è stato venduto da tempo per pagare chi la ricattava per il suo passato; quindi sfida il criminale a far esaminare il gioiello. Incredulo e irritato Diabolik l’avverte che, se l’avesse ingannato, sarebbe tornato per ucciderla. Dopo averlo esaminato nel suo covo, egli scopre che il diamante è falso e ritorna da Lady Kant sotto le sembianze del cameriere per restituirle la pietra, ma lei intuisce la vera identità dell’uomo e gli dice di essere disposta a incontrarlo in una situazione diversa. Diabolik, meravigliato per il coraggio della donna, si toglie la maschera e in quel momento scocca il “colpo di fulmine”. Quando il direttore dell’albergo irrompe nella camera alla ricerca del suo cameriere, Eva salva Diabolik con uno strattagemma. Nel frattempo Elizabeth, insospettita per l’assenza del fidanzato, trova nel giardino l’accesso al rifugio segreto e chiama la polizia. L’ispettore Ginko prepara una trappola e arresta il celebre criminale, che viene processato e condannato a morte. È ancora Eva a predisporre un piano di fuga: usa il suo ascendente sul viceministro Giorgio Caron (che la ricatta e le impone di sposarlo) per ottenere un colloquio la sera prima dell’esecuzione. Durante l’incontro Caron viene drogato e sostituito con il volto coperto da una maschera di Diabolik, il quale esce dal carcere indossando la maschera con il viso del viceministro. L’ispettore Ginko intuisce la verità ma non riesce a fermare il boia, per cui è Caron a essere ghigliottinato. Eva e Diabolik sono pronti a iniziare una vita insieme e decidono di andare nella città di Ghenf, dove c’è la banca in cui Giorgio Caron ha depositato i proventi dei suoi ricatti. Diabolik organizza il colpo, ma non vuole che Eva vi prenda parte. Supera tutte le trappole con grande freddezza e s’impadronisce del bottino, ma l’ispettore Ginko riesce ancora a catturarlo. Solo l’intervento di Eva Kant lo porterà in salvo. Qualche giorno dopo i due amanti si trovano su uno yacht e Diabolik dona a Eva il vero “Diamante Rosa”, che ha trovato nella cassetta di sicurezza della banca, ma lei getta in mare quel gioiello che le ricorda un passato spiacevole e ripudiato, perché ha deciso di legarsi a Diabolik con un patto suggellato dall’immancabile bacio.