Il film “Marcia su Roma” di Mark Cousins alla Mostra del Cinema di Venezia
di Alberto Pellegrino
2 Set 2022 - Commenti cinema
La Mostra del cinema di Venezia, in occasione del centenario della marcia su Roma, la ricorda con il documentario Marcia su Roma del regista scozzese Mark Cousins, presentato fuori concorso il 31 agosto nella giornata inaugurale della XIX edizione delle Giornate degli Autori, sezione autonoma della Biennale. Il film sarà in sala dal 20 ottobre 2022.
Ilregista Mark Cousins ha dichiarato di aver studiato a fondo il periodo storico 1919-1922 per poi usare filmati e immagini della propaganda fascista insieme a spezzoni di film realizzati in quegli anni da Charlie Chaplin, Ernest Lubitsch, Carl Theodor Dreyer per dimostrare l’esistenza di opere che utilizzavano il mezzo cinematografico per mostrare una visione più complessa e profonda dell’umanità. Cousins ha analizzato una realtà storica rigorosamente “smontata” e rimontata con un puntuale lavoro filologico condotto su un ampio materiale messo a disposizione dell’Archivio Luce, per evidenziare sia gli aspetti validi del cinema, sia il lato oscuro che lo fa diventare uno strumento di coercizione.
Nel programma di Venezia Classics è incluso anche il film La Marcia su Roma di Dino Risi (1962) per celebrare i 60 anni di questo capolavoro della commedia all’italiana e per onorare il centenario della nascita dei due interpreti Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi. Al suo apparire il film ha suscitato molte polemiche con accuse di faziosità storica o di “qualunquismo”, ma rivisto oggi esso appare una commedia che racconta in modo satirico un’Italia impoverita e ferita dalla Grande Guerra, alla ricerca di un Capo che guidi con sicurezza una rivoluzione sociale che presto scade nella brutalità e nella violenza dello squadrismo fascista. Inoltre il film denuncia le responsabilità dei partiti politici, l’inerzia del governo, l’appoggio dei grandi latifondisti agrari, la complicità di alcuni intellettuali e le responsabilità di Vittorio Emanuele III, che porta Mussolini al potere per eliminare la minaccia dei “sovversivi”, nella convinzione di poter controllare il fascismo e mantenere lo Stato liberale.
Il film Marcia su Roma
Il film di Cousins si apre con l’immagine di Donald Tramp che cita una frase di Mussolini “Meglio un giorno da leone che cent’anni da pecora” e si chiude con le immagini di leader populisti o sovranisti come Putin, Orbàn, Marine Le Pen e Giorgia Meloni. Un particolare rilievo ha un inserto di finzione, interpretato da Alba Rohrwacher, nel quale l’autore ha voluto contrappore alla storia del capi e delle élite, la vicenda di Anna, una giovane popolana che, come tanti, rimane affascinata dalla propaganda fascista, crede ciecamente agli slogan e alle promesse di Mussolini, per poi scontare in modo drammatico la sua adesione al fascismo.
Mark Cousins si è impegnato a realizzare questo documentario, perché “la storia dell’estrema destra m’interessa da sempre. L’ascesa al potere di Mussolini è una storia memorabile, un evento che ha provocato una serie di tragedie europee e diventate mondiali. Una storia dove la mascolinità tossica e la manipolazione delle immagini ha, ancora oggi, grande risonanza”. In una intervista rilasciata al settimanale La Lettura del 14 agosto, il regista ha precisato di aver voluto mettere a confronto l’attuale momento storico dell’Italia con le vicende degli anni Venti: “Ho vissuto i conflitti in Irlanda, ho fatto un film sull’Iraq, ho visto la caduta del muro di Berlino ma non ricordo un’epoca della mia vita in cui l’influenza delle idee di estrema destra sia stata così forte. Esercitano un fascino oggettivo sull’opinione pubblica che guarda a questi leader. Non voglio dire che tutti loro siano fascisti…Ma usano un linguaggio ambiguo (e) rendono accettabili alcuni discorsi…Non serve che sia una destra militarista, non devono conquistare l’Etiopia, ma è il meccanismo di offrire un nemico all’opinione pubblica, per esempio gli immigrati, che mi spaventa…Le immagini sono sempre state ambivalenti, si sono sempre potute usare per manipolare e influenzare chi le guarda. L’aspetto nuovo è che oggi questa abilità è stata privatizzata, anche un singolo può farlo e diventare virale. L’antidoto è sempre lo stesso: educazione, cultura. Più le persone sono consapevoli e meno si lasceranno ingannare”.
Il primo film di propaganda ampiamente manipolatoria
Un altro posto di rilievo, all’interno del film di Cousins, è occupato dal documentario A noi realizzato nel 1923 dal regista Umberto Paradisi (1878–1933) con immagini girate il 24 ottobre 1922 a Napoli in occasione del Congresso nazionale del Partito fascista e con riprese effettuate durante la marcia su Roma dal 28 al 31 ottobre 1922. Paradisi, che aveva già fatto alcuni film di successo, produce il primo film ufficiale del Partito Fascista per documentare il raduno di Napoli e la “trionfale” conquista della capitale da parte delle Camicie Nere. Dalle immagini si può pensare che tutti gli italiani, degni di questo nome, si stiano precipitando verso Roma in treno, a piedi, sui camion; in ogni inquadratura si vede un formicaio di folla osannante che vuole dimostrare l’unanimità del consenso popolare. Nelle immagini girate a Napoli e a Roma compaiono, oltre Fine moduloa Mussolini, il re Vittorio Emanuele III e l’élite del fascismo composta da Cesare Maria De Vecchi, Cesare Maria De Bono, Italo Balbo, Michele Bianchi, Costanzo Ciano, Dino Grandi, Giuseppe Bottai e Achille Starace.
Il film vuole quindi essere “la rappresentazione ufficiale dei memorabili avvenimenti che per virtù della nostra gente…hanno restituito all’Italia l’anima eroica di Vittorio Veneto”. Nella prima parte si assiste all’arrivo delle schiere fasciste a Napoli il 24 ottobre 1922; si vede la guardia d’onore al Duce nell’Hotel Vesuvio; si assiste alla grande adunata al Campo dell’Arenaccia con l’arrivo del Duce e dei Comandanti, quindi alla sfilata e alla dimostrazione in Piazza del Plebiscito. Nella seconda parte viene documentata la marcia su Roma con il simulacro dello stato d’assedio; le centomila Camicie Nere che attendono alle porte di Roma; l’attesa e l’entusiasmo della folla nell’Urbe; l’ordine di avanzata e “Roma Madre” che accoglie la gioventù d’Italia; l’arrivo di Benito Mussolini ripreso mentre scende dal vagone letto ed è acclamato da una piccola folla mentre la didascalia sottolinea: “Il Duce del fascismo pone piede sul sacro suolo chiamato al Quirinale dalla fiducia del re”. Nell’ultima parte si celebra la parata delle Camicie Nere; la riunione del Duce e dei Quadrunviri in Piazza del Popolo, la sfilata lungo Corso Umberto, l’omaggio alla tomba del Milite Ignoto, la dimostrazione in Piazza del Quirinale a favore del re che appare al balcone con accanto Mussolini divenuto capo del governo.
A Noi è il primo film di propaganda che nasce prima della celebre La corazzata Potemkin (1925) di Sergej Ejzenstejn e dell’affascinante Il trionfo della volontà (1936) di Leni Riefenstahl, per cui rappresenta un prototipo cinematografico realizzato a scopi manipolatori e ritenuto un utile strumento per la conquista del potere e per esaltare il mito della marcia su Roma. Paradisi inizia a girare con una sola camera ma, per aumentare il potenziale tecnico, impiega due apparecchi da presa; quindi interviene nel montaggio per triplicare la folla presente e dare l’idea di una partecipazione di massa.
Un profilo storico della Marcia su Roma
La propaganda fascista, attraverso l’uso della stampa e degli altri media allora a disposizione, etichetta questo avvenimento come una rivoluzione popolare. Lo stesso Mussolini si affretta a consolidare il mito rivoluzionario: “Abbiamo fatto una rivoluzione unica al mondo. Portandola a termine mentre i servizi ancora funzionavano, i commerci continuavano, gli impiegati erano al loro posto, gli operai nelle officine, i contadini nei campi”.
Gli storici hanno oggi ampiamente dimostrato che si è trattato di un colpo di stato anche male organizzato, facendo affidamento su una massa informe e male armata di individui in movimento verso Roma. Siamo di fronte a un’altra espressione del volto “camaleontico” del fascismo con il futuro Duce che prudentemente aspetta l’evolversi degli avvenimenti chiuso nella sede del Popolo d’Italia, pronto a rifugiarsi in Svizzera qualora fosse arrivato un ordine di arresto, ma pronto a recarsi a Roma il 30 ottobre dopo un comodo viaggio in vagone letto e dopo che Vittorio Emanuele III gli ha conferito l’incarico di Capo del governo.
A distanza di cento anni è evidente che la “Marcia su Roma” è stata il mito fondante del fascismo, un modo per riscrivere la storia secondo l’ottica del regime, a cominciare da quella data del 28 ottobre 1922 che ha segnato l’inizio della “era fascista” con l’adozione del nuovo calendario, nel quale gli anni si dovevano conteggiare e contrassegnare con i numeri romani. Mussolini sente l’urgenza di dare una risposta all’interrogativo posto da Curzio Malaparte: “Vogliamo sapere da chi siamo nati, vogliamo conoscere il mistero della mostra nascita”. Per svelare questo mistero egli comincia a creare il mito del Capo supremo e invincibile, del primo motore di ogni evento che viene subito dopo Dio stesso.
Per fare questo, egli impiega la radio, la fotografia, i manifesti e soprattutto il cinema considerato una formidabile arma propagandistica. Istituisce nel 1924 L’Unione Cinematografica Educativa (da cui l’acronimo Luce) per propagandare e diffondere la cultura fascista attraverso cinegiornali e documentari e il nuovo istituto darà un sostegno decisivo nel celebrare i fasti del regime, la costruzione dei suoi riti, i processi d’identificazione della Nazione con la figura di Mussolini desideroso di acquisire subito una visibilità e un peso internazionali, per cui quei documentari diventano il “monumento celebrativo” delle imprese del Duce, il quale ha affinato le sue tecniche oratorie apprese durante la sua militanza socialista, ha fatto propria la gestualità futurista; si è appropriato dei riti nazionalistici creati a Fiume da Gabriele D’Annunzio, durante la Repubblica del Quarnaro, quando inventa la formula “Eja, eja, alalà”, la formula dialogata “A chi? … A noi”. Mussolini trasforma ogni manifestazione politica in un evento teatrale, sfruttando come palcoscenico piazze, campi sportivi, spazi all’aperto di ogni tipo, tanto che lo storico Michael Ledeen lo definisce “l’ultimo grande drammaturgo dell’epoca…capace di catturare il sentimento delle masse e di renderlo complice della propria marcia verso il potere”.
Due testimonianze riguardanti la marcia su Roma
Due testimoni di contrapposta fede politica si sono occupati di questo avvenimento storico che per venti anni ha cambiato in modo radicale la vita del nostro paese.
Emilio Lussu (1890-1975), fondatore del Partito d’Azione e militante socialista, racconta: “La “marcia” è decisa il 26 ottobre a Napoli. La mobilitazione fascista avviene tra il 26 e il 27 ottobre, Il 28 ottobre deve avvenire “la marcia”. E’ attorno a Roma che si devono decidere le sorti d’Italia. Mussolini prende il treno, attraversa Roma e si confina a Milano…Originale ubicazione di combattimento…Ma Milano ha il vantaggio di essere a pochi chilometri dalla frontiera svizzera. La mobilitazione fascista avviene come può. Nella gran parte delle regioni non avviene affatto…Il comando generale delle forze fascista si fissa a Perugia…Colonne fasciste…dovrebbero puntare su Roma. Ma regna il più grande disordine. Contrattempi, ritardi, equivoci spezzano le varie colonne e ritardano gli ammassamenti. La gran parte è senz’armi…Mussolini a Milano si barrica nella sede del suo giornale e fa mettere intorno una fitta rete di reticolati…La “marcia” ha così inizio con il comandante che sta fermo e si cinge di filo spinato…L’on. Facta si è presentato al re per la firma del decreto di stato d’assedio, ma il re si rifiuta di firmare…L’esercito rientra nelle caserme. Il 29, Mussolini riceve dal re l’invito telegrafico di formare il ministero. Parte da Milano, in treno, e arriva a Roma il giorno dopo. Roma è in festa. Sventolano bandiere tricolori e si formano cortei…Mussolini è ormai il capo della nuova Italia” (Marcia su Roma e dintorni, Mondadori, 1933).
Leo Longanesi (1905-1957) è stato uno dei primi intellettuali ad aderire al fascismo, a scrivere il Vademecum del perfetto fascista (1926), per poi criticare aspramente il regime per aver perso la sua carica rivoluzionaria. Nel suo saggio In piedi e seduti (1948) dice che “il fascismo è hegeliano e clericale, pragmatista, totalitario, individualista, soreliano; combatte la democrazia e non sopprime il parlamento; è repubblicano e monarchico, cinquecentesco e futurista: non è nulla di definito”. Esso riflette le contraddizioni di Mussolini che racchiude in sé “slancio e paura, fermezza e incertezza; è patetico e violento, sentimentale e scettico, ingenuo e astuto. La sua abilità è una sola: conoscere i suoi avversari a uno a uno…giovando ora della borghesia, ora della corona, ora del clero, ora del proletariato…per ottenere un più largo consenso nella borghesia filo-fascista, abbandona la tendenza repubblicana e si proclama monarchico. È l’uovo di Colombo. A distanza di quattro giorni dall’insurrezione, egli finge di tenere a Napoli un congresso per togliere ogni sospetto”. All’Hotel Vesuvio il futuro Duce Mussolini illustra il suo piano per la conquista del potere e la mobilitazione delle camicie nere e quindi marciare su Roma: “Il piano è molto infantile, concepito quasi per gioco, con una strategia di boy-scouts. Tutto è contemplato, salvo una cosa: la resistenza dell’avversario, resistenza che è ammessa soltanto come una possibilità impossibile [perché] tutti credono che le camicie nere siano davvero temibili…Nulla di più inesatto: l’armata fascista non esiste: è una massa festante, abituata alle adunate e ai congressi, completamente disarmata ma sicura di non incontrare alcuna resistenza. L’esercito, infatti, resta passivo e tutto si conclude in suono di fanfare e sventolio di bandiere”. Tra tutte le “marce italiane”, la marcia su Roma è stata combattuta da Mussolini per telefono ed “è la più gaia, la più numerosa, la più riuscita. Nessun incidente la rattrista, tutto si svolge in perfetto ordine fascista… L’aver fatto la Marcia su Roma, essere stati un pomeriggio nella Hall dell’albergo Brufani di Perugia a mangiare cioccolatini o a giocare a tresette in attesa di ordini, costituirà per vent’anni un titolo di gloria, darà diritto alla sciarpa littoria e alla precedenza nei concorsi governativi”.