“I SOLITI IGNOTI”: tentativo di far rivivere il grande cinema a teatro
di Elena Bartolucci
14 Feb 2020 - Commenti teatro
L’adattamento di Vinicio Marchioni di un capolavoro del grande schermo come I soliti ignoti, visto al Teatro Lauro Rossi di Macerata non convince in pieno. Bravi tutti gli attori.
Macerata – Martedì 4 febbraio 2020 è andato in scena al Teatro Lauro Rossi di Macerata l’adattamento teatrale di uno dei più grandi capolavori cinematografici firmati dal maestro Mario Monicelli: I soliti ignoti.
Il film uscito nel 1958 è diventato con il tempo un classico della cinematografia italiana: la storia è ambientata nella periferia povera romana del secondo dopoguerra e racconta le gesta maldestre ed esilaranti di un gruppo di ladri improvvisati che tentano il colpo del secolo per poter finalmente dare una svolta alle loro tristi vite.
Quando ci si trova però di fronte a un film che ha fatto storia e le cui battute sono diventate un vero e proprio must, è difficile poter reggere il confronto a teatro; specialmente se i tempi comici, formidabili nella pellicola, sembrano languire a teatro in attesa quasi di un suggerimento da dietro le quinte.
Innegabile senz’altro la bravura di tutti gli attori in scena, che hanno saputo più o meno reggere il confronto con i grandi nomi dei personaggi che hanno interpretato: Vinicio Marchioni (segue la regia e interpreta il fotografo Tiberio, riprendendo tic e voce dello stesso Mastroianni), Giuseppe Zeno (un perfetto Peppe incarnando la fisicità e lo charme come il grande Gassman anche se non si capisce il motivo per cui ne voglia a tutti i costi imitare la voce), Antonio Grosso (lo spavaldo Mario dal cuore tenero interpretato da Renato Salvatori), Vito Facciolla (il mitico “Ferribotte ” di Tiberio Murgia) e un ottimo Salvatore Caruso (capace di vestire i panni di Pierluigi Capannelle). Gli interpreti che hanno meno brillato sul palco sono senz’altro Augusto Fornari (interpreta Cosimo senza però emergere in modo brillante come il grande Memmo Carotenuto), Marilena Anniballi (la quale veste i doppi panni di Carmelina e Nicoletta la servetta, originariamente interpretate da Claudia Cardinale e Carla Gravina) e Ivano Schiavi (una caricatura forzata del personaggio Dante Cruciani di Totò).
Come spiegato nelle note di regia, Marchioni ha dichiarato: “Come uomo mi sono divertito e commosso di fronte alle peripezie di questo gruppo di scalcinati ladri. Come attore mi sono esaltato davanti alla naturalezza con cui recitano mostri sacri come Mastroianni e Gassman. Come regista ho amato il perfetto equilibrio con cui Monicelli rende un argomento drammatico in modo leggero. Così l’idea di curare l’adattamento teatrale del film mi ha immediatamente conquistato. È una storia bella e necessaria, che ci parla del presente immergendoci nel passato. La povertà del dopoguerra è una piaga che resiste ancora oggi, sebbene in altre forme, in tante zone d’Italia. Vorrei restituire sulla scena l’urgenza sentita dai personaggi di superare la miseria che li affligge, insieme alla vitalità indistruttibile e alla magia di un’Italia passata verso la quale proviamo nostalgia e tenerezza. Spero che gli spettatori possano uscire dal teatro con gli stessi sentimenti che provo io dopo una visione del film: divertiti, commossi e perdutamente innamorati di quei personaggi indimenticabili. Adattare un classico è sempre una sfida rischiosa e difficile. Ma sono le sfide che vale la pena vivere, insieme ai miei compagni di strada.”
Ottima l’idea di rendere in forma di monologo alcune scene centrali, ma in generale il testo riadattato in diversi punti e alcune scelte di regia non molto azzeccate hanno sinceramente valorizzare poco un’opera cinematografica di notevole livello.
I buoni propositi di questo spettacolo riservano un leggero amaro in bocca nel finale che è stato purtroppo riscritto e lascia così cadere il sipario su una commedia che ricorda solo in parte la bellezza e la comicità del grande classico a cui è ispirata.
L’opera, una produzione di Gli Ipocriti – Melina Balsamo, è appunto tratta dalla sceneggiatura di Mario Monicelli, Suso Cecchi D’Amico, Age & Scarpelli, mentre l’adattamento teatrale è firmato da Antonio Grosso e Pier Paolo Piciarelli. La regia è firmata dallo stesso Vinicio Marchioni, i costumi sono di Milena Mancini e le musiche di Pino Marino. Uniche note dolenti: le scene di Luigi Ferrigno (ottima l’idea di usare una grande gabbia/contenitore che potesse trasformarsi in diversi luoghi e spazi, ma creava quasi confusione perché non era facile per lo spettatore collocare i personaggi all’interno di una giusta cornice) e le luci di Giuseppe D’Alterio (non ha saputo regalare la giusta atmosfera, utilizzando spesso giochi di ombre che poco valorizzavano i cambi di scena e registro sul palco).