HER: il futuro secondo Spike Jonze
di Elena Bartolucci
28 Mar 2014 - Commenti cinema
Già da quando era uscito il trailer in lingua originale, ero rimasta a dir poco agganciata alla storia narrata dal film Lei (titolo originale Her) del regista Spike Jonze (conosciuto per opere visionarie come Essere John Malkovich o Il ladro di orchidee), il quale, durante l’86° edizione degli Accademy Awards, si è visto assegnare l’Oscar come migliore sceneggiatura originale. L’originalità di questa pellicola è, infatti, innegabile, poiché chiunque troverà la trama geniale, in quanto fornisce una buona e verosimigliante idea su quello che potrà essere un futuro non così lontano, in cui la tecnologia continuerà a prendere sempre più piede e i rapporti umani si andranno sempre più “deteriorando”.
In una Los Angeles del prossimo futuro (anche se il film è stato girato quasi completamente a Shangai per degli esterni davvero sorprendenti) c’è Theodore (Joaquin Phoenix), un uomo rimasto da solo dopo la fine di una lunga e importante storia d’amore con Catherine (Rooney Mara), che è restato aggrappato al suo (bizzarro) lavoro come scrittore di lettere personali per conto terzi e al mondo dei video game di cui è un grande estimatore.
La solitudine che lo sta opprimendo e la sua forte difficoltà di instaurare nuovi rapporti lo portano a cercare compagnia anche in particolari chat erotiche fin quando non scoprirà una nuova forma tecnologica. Arriverà, infatti, ad acquistare un nuovissimo sistema operativo, munito di intelligenza artificiale e capace di interagire e dar voce a delle emozioni quasi umane, in quanto il suo DNA si basa sulle milioni di personalità dei programmatori che l’hanno creato. Ecco così che Theodore conosce Samantha (Scarlett Johansson, pur comparendo solo attraverso la sua suadente voce roca, all’ultimo Festival Internazionale di Roma ha visto assegnarsi il riconoscimento come miglior attrice, ma ahimè per la sua voce non è stata trovata una degna sostituta nel doppiaggio di Micaela Ramazzotti), una semplice voce di donna, capace però di mostrare attraverso il suo tono e le sue parole un’intelligenza acuta e una personalità molto sensibile e divertente. Capace di crescere attraverso le sue esperienze di vita, sentendosi coinvolta in tutto ciò che fa.
In breve tempo il loro rapporto muta e si evolve giorno dopo giorno: più tempo trascorrono insieme, più hanno bisogno l’uno dell’altra. È forse amore? Se così fosse come può comunque esistere una relazione con un sistema operativo? Nonostante alcune difficoltà tangibili, Theodore decide di lasciarsi andare in questa nuova storia, perché Samantha riesce a vedere il mondo sotto una prospettiva diversa e per questo la ama.
Cosa succederà, però, quando anche lei, attraverso sempre più sofisticati upgrade, raggiungerà dei livelli di conoscenza e sensibilità così alti da renderla consapevole che potrà sopravvivere più di un comune corpo mortale?
Joaquin Phoenix non è mai sopra le righe e in ogni film riesce sempre a stupire, regalando performance diverse e toccanti allo stesso tempo. Dopo una prova davvero difficile come il personaggio rude e problematico in The Master, è tornato sul grande schermo con un protagonista romantico ed emozionante, in compagnia di nuovo della bravissima Amy Adams, nel piccolo ruolo di una sua cara amica. A livello visivo vengono regalate delle inquadrature dall’alta densità poetica e dai particolari e delicati colori pastello che lasciano senza fiato e ogni fotogramma è davvero ben studiato come una confezionatura di lusso: fotografia, colonna sonora (tra tutti la meravigliosa canzone The Moon Song di Karen & Ezra Koenig) e scenografia sono eccellenti. Davvero particolare (ma azzeccata) anche la scelta minimale dei costumi e degli interni che spesso rimandano all’epoca degli anni ’60.
Con molta delicatezza il regista Jonze riesce a coinvolgere lo spettatore dentro alle difficoltà di un rapporto d’amore – non convenzionale davvero (visto che realtà e finzione sono un’unica faccia della stessa medaglia) – senza mai però correre il rischio di diventare ridicolo o addirittura stucchevole. Non vuol condannare questo tipo di società sempre più vuota di sentimenti reali e tantomeno la tecnologia, che non è neanche il tema centrale che si vuole affrontare; bensì vuole analizzare semplicemente la possibile evoluzione nell’approccio tra uomo e macchina. Cosa che sta maggiormente a cuore a Spike Jonze sono proprio le strane dinamiche dell’animo umano e di quanto l’uomo con tutte le sue imperfezioni riesca sempre a stupire anche in questo strano viaggio in un amore romantico ma decisamente improbabile, che lo aiuterà comunque a comprendere meglio se stesso e a vivere meglio il suo presente.
(tratto dal blog L’amica di Babette)